sabato 31 maggio 2025

NINA DUSCHEK - STORIA DI UNA ROCKER IMPENITENTE - RECENSIONE E INTERVISTA A CURA DI LUCA STRA PER #DIAMANTINASCOSTI


Diventare musicisti veri richiede impegno, dedizione e molta caparbietà. E sono queste le doti che sta dimostrando di avere Nina Duschek, cantautrice altoatesina di Merano che ha appena pubblicato il suo nuovo singolo “Unapologetic”. Questo pezzo, insieme al precedente “My rules”, uscito a febbraio, rappresentano una netta svolta nel tipo di suono rispetto all’album d’esordio “Bandana revolution” del 2024. Si passa, infatti, da uno stile minimalista e cantautorale con al centro chitarra e voce a un sound più corposo che mescola l’elettronica con il rock. La voce si fa ribelle, contaminata con il rap, confermando la capacità dell’artista di giocare su registri molto diversi senza perdere la propria identità. “Unapologetic” e “My rules” portano l’ascoltatore nel cuore di una ragazza che ha deciso di prendere in mano la propria vita abbandonando la nicchia in cui si nascondeva nel timore di essere invadente per affermare, invece, il proprio diritto, la propria libertà di essere sé stessa. Nina si lascia andare, non trattiene più la propria gioia di vivere e si mostra al mondo spavalda e senza filtri. In entrambi i brani spiccano in primo piano un basso potente e distorto e le percussioni che danno un’impronta stilistica nuova rendendo l’insieme ballabile e accessibile ad un pubblico più vasto, senza per questo snaturare l’anima artistica di Nina. Importante nella definizione musicale del progetto è stato l’apporto del produttore tedesco Fabian Pichler.
Abbiamo avuto l’occasione di parlarle per approfondire la sua personalità e il suo approccio come musicista.


- Ciao Nina, ascoltando la tua musica e guardando i tuoi video mi è venuto in mente che somigli un po' alla regina degli scacchi che può muoversi e mangiare in tutte le direzioni. Ti riconosci in questa metafora?
- Grazie, lo prendo come un complimento. Sì mi fa piacere che i miei video e la mia musica diano queste sensazioni perché è anche quello che voglio trasmettere. E’ un sentimento di libertà che voglio che anche gli altri percepiscano.
- In “Bandana Revolution” hai messo a fuoco le tue doti cantautorali, mentre i due nuovi singoli che sono usciti “My rules” e “Unapologetic” hanno un suono molto più d’assalto, elettronico. Come ha preso forma questa tua seconda rivoluzione?
- Penso che in realtà anche “My rules” e “Unapologetic” valgano nel mondo del cantautorato. Io mi ritengo comunque una cantautrice perché tutto quello che scrivo viene da dentro di me e non potrei fare in un altro modo. Adesso con questo nuovo EP “My rules” volevo intraprendere un’altra strada, staccarmi da questa immagine che mi sono creata fino ad adesso di quella ragazza con la chitarra acustica, un po’ rock. Rimanere sempre nel mondo rock però sviare, entrare in un mondo un po’ più commerciale, una produzione più commerciale pur sempre mantenendo la mia identità. Infatti adesso con questo produttore con cui ho fatto l’EP abbiamo creato questo sound che ha una certa unicità, non è scontato, ci sono tutti quei filtri low fi, quel suono un po’ vintage però con tutti quegli elementi moderni. Insomma l’obiettivo era creare qualcosa di nuovo.
- “Unapologetic” è il manifesto di una persona che ha smesso di chiedere scusa, di avere paura di manifestarsi com’è, di cercare ad ogni costo l’accettazione sociale. Senti di aver trovato un po’ di più te stessa?
- Sì diciamo che l’idea mi è venuta un anno e mezzo fa quando ho scritto questa canzone, adesso è passato ancora altro tempo. Certamente più vado avanti su questa strada su cui mi trovo più noto che voglio farmi vedere per come sono perché richiudermi per me è come andare in autostrada con il freno a mano. Se tu senti che hai tutto questo amore da dare e in molti abbiamo u po’ questo problema, che vogliamo essere tanto, vogliamo essere tutto quello che siamo, però a volte abbiamo paura di farlo vedere perché la gente ci giudicherà. E’ questa la sensazione che ho e, secondo me, è una questione di tempo per ognuno di noi perché è difficile andare in autostrada con il freno a mano e a un certo punto ci rendiamo conto che non vogliamo più farlo, vogliamo dire basta e non vogliamo più trattenerci. 
- La tua caratteristica bandana richiama un po’ lo stile piratesco. Secondo te, per come è diventata la nostra vita è il momento di assaltare la nave e prendere il comando delle nostre vite?
- La bandana, sì mi piace questa metafora che hai appena detto, però mi è venuta in mente questa cosa della bandana quando ho cominciato a fare musica di strada perché volevo trovare qualcosa per cui la gente mi riconoscesse. Perché già il mio cognome è un po’ complicato, però magari poi le persone dicono “ah la ragazza con la bandana”. Per cui ogni volta che salgo sul palco ho la bandana addosso. Ed è per quello che il primo album si chiama “Bandana Revolution”, perché volevo trovare un filo rosso.
- Ci racconti un po’ di questa tua esperienza come busker? Come è nata, che cosa ti ha lasciato, quali sono le difficoltà di suonare in strada, di condividere magari la piazza con altri spettacoli?
- Diciamo che è nata un po’ da una sensazione di noia, alle superiori quando avevo 16 anni e stavo pian piano imparando la chitarra acustica da sola. A un certo punto mi sono detta “scendiamo sulla passeggiata che ho davanti a casa con i turisti tedeschi che passano e vediamo cosa succede se vado a cantare”. E quel primo giorno ho guadagnato 7 euro, è una cosa che non dimentico ed ero felicissima e a partire da quell’esperienza mi sono appassionata a questa cosa. Già il fatto di potermi guadagnare qualcosa in più a 16 anni era già tanto, poi questa cosa si è evoluta e ho iniziato a suonare nella città stessa, non solo fuori sulle passeggiate ed ho notato che la gente dopo un po' ti conosce e per me suonare in strada sarà sempre qualcosa che porterò con me e non è paragonabile a suonare sul palco. Anche quello è bellissimo ma quando suoni in strada proprio vivi la musica diversamente, non sei lì per soddisfare un pubblico ma suoni perché dà piacere a te e quelli che ti ascoltano ti vogliono ascoltare davvero. Può capitare che tu ti senta la responsabilità di intrattenere un pubblico con il tuo essere artista, però è sempre un modo di sentirsi liberi.
- Ho letto che nel 2023 sei arrivata prima in un contest chiamato Livetunes Italia, hai partecipato e parteciperai a molti altri contest del genere. Incontrare e confrontarti con altri artisti in questi contesti è una cosa stimolante, che può influire sulla tua produzione artistica?
- Di sicuro si può sempre imparare però non voglio mai mettermi troppo a paragone con gli altri, perché ognuno fa la propria strada, magari ha avuto o avrà le sue crisi e la cosa più bella secondo me è divertisti insieme. Ho conosciuto tanta bellissima gente che poi rivedo spesso ai contest e vivere questa esperienza insieme è di sicuro bellissimo. 
- Quali sono le tue fonti di ispirazione, i tuoi modelli musicali?
- E’ difficile perché ne ho tante e sono molto diverse tra loro. Adesso ultimamente per esempio ho ascoltato tanto Brunori Sas, quindi molte ballad, quel mondo tranquillo, un po’ acustico, però poi mi gasa anche tantissimo la musica da discoteca, quella potente. Ci sono questi due mondi che convivono in me. A volte emerge uno a volte l’altro a volte anche insieme e devo capire io come gestirli.
- Fare musica ti aiuta ad amplificare la tua personalità, fa da megafono interiore possiamo dire?
- Certo è un modo di esprimere quello che ho dentro, quello che voglio far uscire e quello che mi viene più naturale.
Le riflessioni di Nina Duschek ne danno l’immagine di un’artista in continuo divenire, aperta a ogni tipo di evoluzione pur mantenendo la sua integrità artistica così come la capacità di coinvolgere il pubblico. Aspettiamo con curiosità di vedere dove ci porterà il suo spirito libero.


Testo e intervista a cura di Luca Stra




 

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