Perché il Pollege, si sa, è un tipo che non chiede mai
niente. Arriva, ti fa saltare ballare e sudare, ti fa conoscere la musica, te
la inietta in vena per tre giorni e poi se ne va. Fa così ogni anno, e tutti
stanno lì ad aspettare che torni. Qualcuno ha definito il Pollege uno “stato
musicale”, una sorta di condizione mentale alterata in cui le menti delle
persone sono invase dalla musica. E non sentono altro. Al Pollege puoi bere,
puoi ballare, puoi conoscere gente, puoi fare il bagno mentre ascolti i
concerti, puoi comprare magliette fiche oppure farti i cazzi tuoi, ma una cosa
è certa: è la musica che comanda. E se ami la musica, non puoi non amare il
Pollege. Qualsiasi genere di musica. Quanti di voi conoscevano già LNRipley
prima del Rocknrolla? Sicuramente molti, ma non tutti. Ho visto facce di gente
estasiata ballare dubstep e dnb senza neanche sapere cosa fosse. Altro che
Skrillex. E quanti di voi sono dei veri dancehall addicted? Ho visto gente
muoverei i culi con Villa Ada e Raphael come forse non avevano mai fatto in
vita loro. Ho visto gente che è venuta per sostenere gli amici di Carrara, i Seeside,
Asino, e sapeva tutte le loro canzoni a memoria. Ho visto gente che è venuta
solo per ballare “Sono così indie” de Lo Stato Sociale e ho visto altri a piedi
nudi scatenarsi con i Rock'n'roll Kamikazes. Ho visto artisti mescolarsi con
chi era venuto a sentirli, ballare con loro, regalare loro canzoni. Si dice che
qualche musicista abbia anche fatto un bagno sotto le stelle e sia rimasto in
spiaggia fino all'alba. Ho visto gente chiacchierare di musica e di cultura,
confrontarsi sullo stato delle cose, sulle opportunità e sull'immobilismo delle
istituzioni, ho visto gente incazzata e gente soddisfatta perché “comunque qualcosa si fa”. Alla fine
ho visto gli organizzatori, tre ragazzi ubriachi di felicità (e non solo), mega
sorriso e un po' di commozione perché erano riusciti nel loro intento: nutrirci
di musica, farci incontrare, farci
toccare, farci sperimentare. Tenerci vivi.
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