martedì 17 giugno 2025

CòLGATE - MERITA FARE "UNA VACANZA INTERA DENTRO L'ORRIDO" - RECENSIONE E INTERVISTA A CURA DI LUCA STRA PER #DIAMANTINASCOSTI


Esordio col botto per i veneti Còlgate, band in attività dal 2018, giunti ora al primo album per l’etichetta La Tempesta Dischi, realtà tra le più solide in Italia, fondata dai pordenonesi Tre Allegri Ragazzi Morti. I quattro membri della band Marta Granzotto, chitarra e voce, Andrea Zottino, chitarra e voce, Giulio Dalle Vedove, basso e Matteo Costantin, batteria, dopo aver affrontato un lungo e saggio rodaggio hanno rifinito l’album nell’arco di tre anni per arrivare a dare ad ognuno dei nove pezzi che lo compongono il suono desiderato e testi ricchi di suggestioni che ricordano i migliori Afterhours. 
Il titolo del lavoro, “Orrido”, richiama alla mente atmosfere oscure e claustrofobiche, essendo l’orrido una gola profonda e stretta tra due pareti di roccia scavata dall’azione erosiva dei corsi d’acqua. I testi procedono per immagini come sequenze quasi filmiche, mentre il suono complessivo dell’album è un indie rock venato di pop, in bilico tra i Verdena, i Marlene Kuntz dei primi lavori e il grunge anni 90. I Còlgate sanno alternare ballate dolci e tragiche come il primo singolo “Asteria”, in cui Marta Granzotto, il cui timbro richiama quello di Eva Poles dei Prozac + e anche un po’ Sara Mazo degli Scisma, canta “io guardo il mondo dal retro della mia mente, ma lo vedo spento” su una musica che per contrasto dà un senso di allegra positività. E proprio “Asteria” è forse la punta di diamante del lavoro. In tutto l’album i Còlgate passano da atmosfere acustiche come nel brano “Se la luce continuasse a filtrare attraverso questa finestra” ad un muro di chitarre possente quanto coinvolgente. In un’epoca di musica usa e getta in cui, a causa dell’eccesso di offerta soprattutto sulle piattaforme streaming, siamo diventati incapaci di innamorarci di una band saltando schizofrenicamente da un gruppo ai mille successivi, un album come “Orrido” merita di essere riascoltato e assaporato per riuscire a coglierne le molte sfumature.
Siamo riusciti ad intervistare la band per approfondire “Orrido” e la loro storia.



- Partiamo dalla parola “buio”, che è molto ricorrente in tutto l’album. Che legame avete con l’oscurità, con il buio dell’orrido?
- ANDREA L’orrido per come lo intendo io è una voragine, uno spazio vuoto che non è riempibile, non è sormontabile il nessun modo per cui anche il buio dell’orrido è un buio statico, una sorta di interruzione delle comunicazioni, interruzione dei contatti. Immaginandoci la corrente alternata ci sono momenti in cui l’energia salta, fa il saltino e passa dall’altra parte. E’ un buio di non esistenza in un certo senso come è anche rappresentato nella serie “Twin Peaks 3”. Ci siamo immaginati questo, io in particolare, in alcuni momenti di passaggio della vita. Ci sono momenti senza continuità che semplicemente dobbiamo accettare così come sono senza avere una loro trama che ci possa dire come si è passati da “A” a “B” in maniera lineare. 
MARTA Mi trovo abbastanza in linea con quanto detto da Andre. E’ questo buio che deve arrivare e che non si conosce. Volevamo rappresentare anche quello che si immagina che debba arrivare. Volevamo rappresentare le esperienze future come delle stanze in cui entriamo senza accendere la luce. Questo rapporto luce-buio come il rapporto tra il nascosto e il conosciuto. 
- Un altro legame che ho trovato tra le vostre canzoni è la dimensione del tempo. In pezzi diversi cantate " sono uscita di martedì sera” e anche “contando i lunedì senti che il tempo passa”. 
- MARTA Essendo il tempo centrale non solo nei testi, ma anche nella storia di tutto il disco perché è stato un lavoro che si è evoluto nel corso di almeno tre anni. Essendo delle persone con molte cose da fare, con una vita molto piena soffriamo molto questa cosa di non avere abbastanza tempo per la musica e quindi lo scopo era descrivere esattamente quando succedono le cose per dare familiarità. Lunedì, martedì, questi elementi servono un po’ per contestualizzare la realtà di quello che sentiamo. Penso che questa cosa sia un po’ una dimensione in cui la gente possa immedesimarsi. Avere un po’ un senso familiare delle cose che raccontiamo, anche. 
- Nel brano “Crisma” dite “le pareti di una stanza disegnano per noi il profilo di una gabbia”. Cos’è il particolare che vi fa sentire ingabbiati?
- ANDREA Crisma è una canzone che parla delle rivoluzioni non portate a termine o lasciate a metà. Ci sono alcuni passaggi obbligati nella vita e passaggi che si dice siano obbligati. Io, che ho scritto il testo di “Crisma” stavo pensando al matrimonio come uno di quei passaggi che si pensano obbligati, ma non lo sono e passaggi come il dover scegliere il futuro impiego lavorativo dopo aver concluso il percorso di istruzione classico, ma è una cosa in più che uno può scegliere. Quindi si perde la reale possibilità di scegliere per cui le pareti di una stanza possono essere tali ma per molti diventano il profilo di una gabbia. Questo dover rispondere di alcuni obblighi che in realtà si dice che lo siano senza esserlo realmente.
- Dal punto di vista musicale “Orrido”, la title track è in bilico tra pop e grunge, grunge soprattutto nella ripetizione quasi senza fine della strofa “dentro all’orrido”. Voi come la definireste?
- MARTA Sicuramente ci sono delle influenze grunge perché ascoltiamo tutti un po’ questo tipo di musica, a parte Giulio che ha dei gusti un po’ più raffinati. Io e Andre abbiamo sicuramente, soprattutto Andre, abbiamo questa cosa degli Smashing Pumpkins, soprattutto la ripetizione di questi non dico slogan ma comunque versi ripetuti. La dimensione pop è sicuramente presente in quasi tutte le canzoni perché ci rendiamo conto che sono molto “catchy”, orecchiabili, a volte sembrano quasi un jingle, delle melodie molto “happy”, quasi sciocche ma con dei testi profondi, soprattutto “Asteria”, che sembra una canzone leggerina, ma in realtà ha nel testo tutte parole forti. Quindi non mi offendo a sentirmi dire che è pop perché mi rendo conto che un po’ rientra anche in quello stile. Magari possiamo chiamarlo dreampop.
- Tra l’altro visto che c’è anche Marta ne approfitto per dirti che la tua voce mi ricorda quella di Eva Poles e di Sara Mazo degli Scisma.
- Cavolo grazie per il paragone. Per quanto riguarda gli Scisma mi piacerebbe anche tanto esplorare quel tipo di musica lì, mi piace pensare che i testi siano colti uguali.
- ANDREA Diciamo che gli elementi pop sono messi lì nell’album quasi come una farsa, nel loro valore stucchevole, anche un po’ retorico. Ci sono tante cose che vengono dette della vita di tutti i giorni dentro “Orrido” che sono messe proprio lì di fronte all’orrido. Vogliamo far contrastare questi due aspetti, un po’ come nella copertina dell’album con la grandezza di quella costruzione in cemento che è una diga con di fronte a qualcosa di più spensierato come quei due ragazzini che corrono.
GIULIO Poi secondo me questa cosa ci sta perché essendo “Orrido” la title track dell’album anche per la sua ritmica grunge è quasi una discesa dentro l’orrido, però, come abbiamo lavorato noi, ci sono questi contrasti, quindi un immaginario un po’ più giocoso in contrasto con quello che può essere la profondità e l’oscurità di un orrido. Perché non immaginarsi questa discesa dentro l’orrido con timore, anche un po’ con paura dell’ignoto, però perché allo stesso tempo non scendere dentro l’orrido anche con un po’ di pop. Non essere sempre tutti a pensare “ah mio Dio cosa ci sarà”, ma pensare la discesa come una scampagnata tra amici che è stata un po’ quella che è la copertina dell’album. L’ho scattata io ed era una giornata del 2017 in cui eravamo io, Andrea e una nostra amica e siamo andati a farci un giro alla diga del Vaiont che è un luogo che ha una storia molto triste, molto seria. C’è tutto questo tipo di contrasti tra l’orrido, la diga, la felicità, il tempo. Tutto un filo conduttore che si stringe e non si slega mai.



- Nel vostro album ricorrono diversi miti. C’è Asteria, che per sfuggire alle avances di Zeus, che si era trasformato in un'aquila per raggiungerla, Asteria si trasformò in una quaglia e si gettò nel mar Egeo dove si trasformò in un'isola che prese il nome di Ortigia, ovvero "isola delle quaglie” e c’è anche Venere che ricorre in due brani. Da dove deriva questo legame con la mitologia?
- MARTA  Io ho fatto il classico e quando ho scritto “Asteria” mi stavo diplomando. In realtà non è tanto il fatto di usare i miti, quanto più di raccontare me stessa e come ero in quel momento attraverso queste simbologie e la classicità. Era più quindi perché stavo studiando in quel momento e quindi avevo la testa piena di queste cose, della letteratura greca. Mi piace molto cercare cose su internet, è un mio grande hobby, guardare tanto Wikipedia, i video di YouTube e mi piaceva molto il nome, semplicemente. La scelta di citare Venere invece deriva dal fatto che è il primo pianeta che si vede quando tramonta il sole e l’ultimo a sparire la mattina. Era una metafora di quando fai talmente tardi la notte che poi diventa presto.
ANDREA Su “St ria” ricompare Venere perché la figura di Venere che cerca di sfuggire a Zeus è quanto mai attuale, simboleggia il fatto che la donna è costretta a fare quattromila manovre per portarsi a casa la salvezza, l’incolumità. E quindi Venere più come simbolo della femminilità, della bellezza che  è una bellezza stanca, che sta crollando, affaticata, affannata perché c’è questa figura che non la lascia stare. Così è nata un po’ “St ria” che vorrebbe essere la sorella di “Asteria”. Abbiamo quindi Asteria che è intoccata e invece “St ria” che è affaticata, quindi una sorta di evoluzione. Però questa storia è arrivata dopo, quella di “Asteria” è come l’ha detta Marta. 
- In “Crisma” si sentono echi dei Marlene Kuntz, così come in “Donnie”. Sono tra i vostri ascolti, un gruppo che apprezzate?
- MARTA Sì io tra l’altro i Marlene Kuntz li ho visti live al Festival Suoni di Marca con gli Afterhours e hanno dei suoni pazzeschi. Li ascolto molto perché mi piace quel genere di musica italiana.
ANDREA Sì io i Marlene Kuntz li ho visti a Padova l’anno scorso, non li avevo mai ascoltati con attenzione ma ho pensato "caspita ma questo suono qui è molto simile a “Crisma”. Che invece è nata da un giro un po’ distorto di Dave Matthews che usa tanto questi arpeggini di due corde, è stato un po’ stonato ed è uscita “Crisma”. Però sì ci assomiglia.
GIULIO I Marlene Kuntz non sono tanto nei miei ascolti, anzi quasi per niente però li ho visti nel 2017 in apertura a Thruston Moore all’AMA Music Festival e sono forti. Però la mia ispirazione in “Crisma” sono stati un po’ i New Order, i Joy Division, quel basso pulsante che torna da “Crisma” fino alla fine dell’album. 
- La vostra scrittura sembra quasi essere per immagini, fotogrammi che sembrano apparentemente slegati tra loro e, avete citato gli Afterhours, bene in questo ricordano i primi Afterhours. 
- MARTA Quando abbiamo scritto i brani c’è stato questo momento in cui li abbiamo adattati all’italiano perché erano in inglese, però anche in inglese in realtà erano fatti per immagini. Ci piace molto usare le metafore, specialmente a me e Andrea, anche comunicando tra di noi. Ricordo che all’inizio addirittura ci parlavamo tipo come se fossimo quasi dei profeti, dei filosofi, perché piacendo ad entrambi leggere e piacendoci molto il cinema il fatto di usare tante metafore, tante similitudini lo usiamo anche nel quotidiano. Per cui per noi scrivere i testi in questa modalità non è tanto una ricercatezza quanto come noi comunichiamo.
- Un’ultima curiosità, preparando questa intervista ho saputo che siete in parti diverse del mondo. Dove esattamente?
- GIULIO Io sono in Portogallo. 
- ANDREA Io e Marta siamo entrambi in Veneto, però non siamo vicini. Io mi trovo a Padova e Marta, penso, a San Donà di Piave.
MARTA Sì sono a San Donà di Piave. Comunque ho vissuto a Venezia per due anni quindi eravamo in posti molto difficili per raggiungerci. 
ANDREA Il bello di quest’album è che alcune canzoni sono state scritte mentre eravamo molto vicini, proprio nella stessa zona e poi altre canzoni sono state scritte a distanza di tempo e anche di luogo e questo nell’album si sente. E’ bello poter dire che siamo diventati grandi scrivendo l’album. 
Avete in programma di fare un tour con quest’album?
- GIULIO Al momento fino a settembre sono 19 date, ne abbiamo già fatte un bel po’. Poi ne verranno altre con l’autunno e l’inverno. Ci stiamo dando da fare io con gli aerei, Marta e Andrea con la macchina. Per fortuna c’è stata molta attenzione nei nostri confronti e c’è stata tanta richiesta e io ringrazio tutte le persone che ci hanno contattato per suonare e anche per le interviste. E’ molto bello sapere di essere arrivati con la nostra musica al cuore e alla mente di molte persone ed è una bella soddisfazione. 
Ciò che fa di “Orrido” un album vincente è la riuscita commistione di generi musicali che gli conferisce uno stile tutto suo. E questa riconoscibilità è il primo passo per arrivare ad avere una solida fanbase nonchè ad un’ottima reputazione nell’ambito del mondo indie.


Recensione e intervista a cura di Luca Stra




 

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