giovedì 16 giugno 2016

ULTIMO TOUR SULLA LUNA // CAPITOLO 20: FERMARSI UN MOMENTO E RECUPERARE UN PO' DI TRANQUILLITÀ - UN ROMANZO DI LJUBO UNGHERELLI


Ecco "Fermarsi un momento e recuperare un po' di tranquillità", ventesimo e conclusivo capitolo di "Ultimo tour sulla Luna", il romanzo di Ljubo Ungherelli pubblicato in esclusiva sul blog di Riserva Indie ogni Giovedì dal 4 Febbraio. Guy e Vicni sono giunti al termine della loro settimana di tour finanziato da una campagna di crowdfunding e attendono la fine dell'esibizione di Teseo il Minotauro dopo essere saliti sul palco per, forse, l'ultima volta... Vi ricordo che tutti i capitoli pubblicati potete trovarli nell'apposita tab sulla home page di questo blog.



Capitolo 20
Fermarsi un momento e recuperare un po’ di tranquillità

Fuori, un gran rimbombo segnalava l’inizio del concerto. Era una decina di minuti almeno. Non se ne preoccupò e rimase dov’era, le mani incrociate in grembo, la testa reclinata all’indietro e gli occhi chiusi.
L’acustica sul palco non era niente male, a dispetto delle scenate di Teseo il Minotauro in sede di soundcheck. Da lì, invece, era un pastone indefinibile ad arrivare alle sue orecchie.
Il loro ultimo concerto era stato dirompente. Oltre che efficace nelle geometrie musicali, ma era il meno. Contavano l’intensità, la passione, il modo in cui riuscivano a colorare canzoni spesso leggerine e a tratti plastificate, rendendole piccole schegge pronte a esplodere. Eppure, non se li era filati nessuno. Il Boom Boom, un catino strapieno dove non entrava più uno spillo, li aveva accolti con indifferenza. Le prime file erano assediate dai fan e soprattutto dalle fan di Teseo il Minotauro, e l’ultima cosa che desideravano era scompigliarsi in inutile anticipo sulla comparsa del sommo poeta. L’occasione di aprire per un grosso calibro dell’indie pareva non aver portato frutti. Salvo che i seguaci del Minotauro non avessero voglia di fare acquisti targati 2 Dualità. Guy a tale scopo era schizzato fuori per allestire il banchino. Il tempo di togliersi la camicia madida e rimpiazzarla con una maglietta asciutta, era uscito dal camerino, armato del trolley contenente il merchandise. Ma c’era da scommettere che almeno per l’intera durata del concerto, nessuno avrebbe distolto la propria attenzione dallo scostante cantautore di natali pugliesi.


Vicni, come sua abitudine, se l’era presa comoda nel backstage prima di rientrare in sala. S’era scolata una delle bottiglie di birra che c’erano sul tavolo in camerino e che ancora non erano state depredate dal suo socio. D’improvviso rabbrividì. Stava per accendersi una sigaretta, ma si fermò. Ebbe un flash: vide entrare dalla porta un gruppo di algidi darkettoni che prima le facevano bere liquori dai colori improbabili e poi la costringevano a concedersi loro. Era una visione che la tormentava di frequente, specie quando si trovava da sola.
Non erano certo le scorie dello stupro di gruppo subito anni prima a farla titubare sul futuro di 2 Dualità. Quella, casomai, era stata una circostanza che in qualche modo l’aveva avvicinata a Guy. Però sentiva una grande stanchezza. E non si trattava della lunga settimana trascorsa in tour. Era una stanchezza più profonda, maturata da tanti fattori diversi.
Sapeva bene ciò che le avrebbe detto Guy, quando avrebbero riaffrontato l’argomento. Avrebbe cercato di rassicurarla, proponendole qualche settimana di stacco per poi, con calma e raziocinio, riprendere il filo del discorso. Avrebbe al contempo fatto pressione su di lei, provando a instillarle dei sensi di colpa perché a suo modo di vedere stavano gettando alle ortiche un progetto che gli avrebbe permesso di togliersi parecchie soddisfazioni. Forse l’avrebbe persino implorata di non lasciarlo.
Rabbrividì nuovamente. Si aspettava di veder aprire la porta e comparire quei bastardi per il secondo round di ciò che loro avevano preteso di spacciare per un’orgia tra persone adulte e consenzienti.
Nonostante stesse per dividersi da lui, ebbe la stringente necessità di averlo accanto. Il più presto possibile.
“Dove sei?”, gli scrisse semplicemente. Disperava che in quel casino, Guy avesse modo di controllare il telefono in tempi brevi, ma ci provò lo stesso. L’ipotesi più probabile era che si trovasse al banchetto merchandise. Fu lì che si diresse. Non fu un’impresa agevole.


Nessuno le badò, neppure coloro che spintonava per farsi largo. Evitò di voltarsi in direzione di Teseo il Minotauro. Poteva intuire ugualmente, dalle acclamazioni che udiva, quanta idolatria vi fosse nei suoi riguardi. Era molto oltre il suo limite di sopportazione, pensò Vicni, proseguendo a districarsi nel magma umano.
Raggiunto infine l’angolo merchandise, lo trovò incustodito. Del resto era una delle rare zone in cui non c’era assembramento. L’ansia di ricongiungersi a Guy la assalì ulteriormente dopo quel primo tentativo andato a vuoto. Teneva sottocontrollo il telefono, sperando in una sua risposta, ma senza esiti. Cercò di fermarsi un momento e recuperare un po’ di tranquillità. Si disse che non vi era alcun pericolo incombente. Sollevò lo sguardo sul palco.
Teseo il Minotauro sembrava più alto di quanto non fosse. Leggermente ingobbito con la chitarra a tracolla e l’aspetto da universitario fuorisede cannato, trasmetteva una notevole desolazione, solitario e spaesato sul palco.
Allo stesso modo, le sue composizioni, rivisitazioni nemmeno più di tanto aggiornate del cantautorato italiano anni Settanta, erano lineari e senza picchi d’intensità, scritte bene e interpretate con convinzione, ma lontane dalla rivoluzionaria genialità che gli veniva attribuita da critica e pubblico. Inoltre, il ricorso a basi elettroniche piuttosto monocordi, già dopo meno di due canzoni (il tempo che Vicni riuscì a concedergli) appiattiva tutto e non erano sufficienti campionamenti e suoni particolari a rendere più variegato il repertorio.
Tornò ad agitarsi e a sondare il suo campo visivo allo scopo di identificare Guy. Un nuovo timore s’impadronì di lei. Col suo fascino e savoir-faire, poteva essere riuscito a imbroccare un tipo anche in un territorio ostile come il concerto di Teseo il Minotauro. Vicni si augurò che non fosse successo proprio quella sera. Aveva bisogno di lui. Fissò ancora una volta lo schermo del telefono. Nessun messaggio di risposta.
Quantunque in camerino vi fosse da bere a volontà, non le andava di rifare la strada all’incontrario e ritrovarvisi da sola. Spese dunque una consumazione al bar. Un cocktail molto forte. Ne bevve due sorsate e, bicchiere in mano, avanzò con l’intento di scovare Guy, a costo di passare a zigzag dall’ultima alla prima fila del locale. Con le buone o con le cattive. Con queste ultime, in particolare, scostò due giovani fidanzati che, nel lasciarla passare a malincuore, le urlarono all’orecchio qualcosa che non afferrò. La voce di lei, in particolare, era tutto fuorché amichevole.
Fattasi largo in mezzo a quattro ragazzini dall’aria dormiente, probabilmente venuti al concerto anche col velleitario proposito di raccattare un po’ di fica, che abbondava quand’era di scena Teseo il Minotauro, riuscì a scorgere la sua testa. Era defilato sulla destra, tre file più avanti. La parte conclusiva dell’inseguimento si rivelò la più semplice. Vicni sgomitò per qualche altra manciata di secondi, beccandosi improperi e occhiatacce che le piovevano addosso già da un pezzo. Non appena lo ebbe a meno di due metri, verificò che fosse solo. Quindi fece l’ultimo sforzo per raggiungerlo, riuscendo a crearsi misteriosamente un varco per metterglisi di fianco.


Tutto il tramestio che aveva creato, fece sì che Guy si voltasse verso di lei proprio mentre gli stava andando incontro. Si guardarono negli occhi. Apparivano entrambi malinconici, lei stravolta per quella caccia all’uomo che le era parsa interminabile, lui con un pizzico di rassegnazione dipinta in viso.
Vicni abbozzò un sorriso, provando ad apparire vagamente rilassata. Guy sorrise a sua volta, quindi ammiccò alla folla in delirio, come a significare: “Hai visto? Abbiamo sbagliato tutto, noi due.”
Scossa e disarmata dalla remissività del compagno, sentì che stavano per iniziare a scenderle le lacrime. Gli si strinse contro, mettendogli un braccio intorno alla vita. Guy la cinse a propria volta al di sopra delle spalle. Rimasero lì, immobili e in silenzio, mentre si compieva uno tra i riti più in voga nel disastrato mondo dell’indie italiano.
Se mai qualcuno in quella folla amorfa ci avesse fatto caso, avrebbe creduto di vedere due innamorati, avvinti in un tenero abbraccio e immersi nell’atmosfera magica del concerto di Teseo il Minotauro. Forse per una volta, Guy e Vicni sarebbero davvero apparsi agli occhi altrui come la coppia che negli ultimi quattro anni e fino a quel momento avevano fatto finta di essere.


Testo di Ljubo Ungherelli

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