Nel secolo scorso le città portuali sono state in più occasioni, in quanto crocevia di culture, vibranti centri di innovazione musicale. Nei primi anni 60 Liverpool, importante porto sul Mare l’Irlanda, fu la culla del Mersey Beat, dal nome del fiume Mersey che attraversa la città. Il genere, nato dalla fusione di rock n’ roll, rhythm & blues, doo-wop e rockabilly trovò espressione in brani dalle strutture semplici, melodiche e dirette ed ebbe i suoi massimi esponenti nei Beatles divenendo, con l’esplosione della loro fama a livello internazionale, semplicemente beat. La musica beat è gioiosa per eccellenza, invita irresistibilmente al ballo e sa colpire dritto al cuore degli ascoltatori con i suoi testi delicati e ingenui sul tema dell’amore. Nelle acque del porto di Ancona, uno dei più importanti d’Italia, deve essersi riversata una goccia dell’acqua che negli anni 60 bagnava Liverpool. Della città marchigiana sono infatti originari i Lisa Beat and The Liars, che si riallacciano proprio a quello stile che ha caratterizzato la prima fase della carriera musicale dei Beatles e lo ripropongono ricalcando in modo appassionatamente fedele non solo la musica, ma anche l’iconografia. Di recente è uscito il loro nuovo EP “Gimme another try” contenente tre pezzi carichi di adrenalina e decisamente accattivanti. In copertina il disegno di una ragazza con vestito corto alla Mary Quant e classica capigliatura sixties che imbraccia la chitarra elettrica chiarisce subito le coordinate del progetto. Nati come coverband, in questo nuovo lavoro i Lisa Beat and The Liars si sono misurati anche con la scrittura di brani originali, il pezzo che dà il titolo al lavoro e “Sometimes”. A chiudere l’EP la personalissima reinterpretazione di “Face to Face, Heart to Heart” caposaldo synthpop anni 80 dei tedeschi Twins. Sin dal primo minuto la title track colpisce per il riff di chitarra sbarazzino e la perfetta armonizzazione delle voci. I fiati contribuiscono a rendere ancora più dinamico il brano. Più riflessiva pur senza perdere smalto “Sometimes”, pezzo freakbeat incentrato sull’importanza dell’amicizia e di un semplice sorriso per salire sul “treno dell’arcobaleno” e sentirsi bene. “Face to Face, Heart to Heart”, che chiude l’EP – il cui titolo è rovesciato per un malinteso in “Heart to Heart, Face to Face” - stupisce per la capacità di riscrivere completamente l’originale dei Twins in pieno stile Lisa Beat pur mantenendone inalterata l’essenza. Il pezzo è la dimostrazione che, pur affondando solidamente le proprie radici nel beat, la band ha punti di riferimento musicali assai più ampi.
Abbiamo rivolto alcune domande ai Lisa Beat and The Liars per approfondire questo loro approccio alla musica così vintage da risultare quasi futuristico.
D - Ascoltare la title track che apre il vostro EP “Gimme another try” fa venire inevitabilmente in mente, oltre al beat anni 60, anche le canzoni di “The Blues Brothers”, quindi il rhythm and blues, in particolare per l’uso dei fiati. Che ruolo ha il cinema nella vostra musica?
R - Il cinema ha giocato un ruolo fondamentale. I film sono come una macchina del tempo in grado di farti rivivere atmosfere che non ci sono più. Anche i nostri primi due dischi portano il titolo di film che ci hanno ispirato, “Dal tramonto all’alba” e “La decima vittima” e pressoché in ogni brano e video che abbiamo pubblicato c’è un riferimento cinematografico. Per quanto riguarda “Gimme another try” siamo andati a pescare nelle sonorità della Liverpool dei primi anni sessanta, quando i giovani musicisti inglesi rimasero folgorati dall’R’n’B americano. Alcuni sui social ci hanno accusato di aver scimmiottato “I Wanna Be Your Man” dei Beatles o brani dei primi Stones. Per noi queste critiche sono medaglie! Vuol dire che abbiamo colto nel segno. In fondo se vuoi suonare un genere che “è stato” devi giocoforza rientrare entro certi canoni che lo stile impone.
D - Oltre al beat i vostri pezzi hanno echi surf e rockabilly. Come spostare Liverpool in California. Com’è nata questa commistione di stili?
R - Sono tutte nuances di un unico immaginario: quello dei 60s. Ridurci a frequentare un solo stile ci sembrava riduttivo, soprattutto in studio dove la possibilità di passare da una sonorità all’altra è molto più facile tecnicamente e ci si può divertire inserendo altri strumenti come quelli a fiato, l’organo o il theremin.
D - Qual è la “molla” che è scattata in voi che vi ha fatto decidere di incidere anche inediti?
R - Dopo un po’ che fai cover viene spontaneo provare a comporre qualche brano “originale”, un po’ per curiosità, un po’ per gioco e poi per il gusto di sfidare sé stessi.
D - Vi definireste una band da ballo di fine anno?
R - Ci definiamo una band buona per tutte le occasioni in cui si fa festa. Non c’è niente di più bello che suonare e vedere la gente che si diverte.
D- Se aveste la macchina del tempo e poteste andare una sera al Cavern Club a sentire i Beatles senza conoscerli e quindi senza sapere di avere di fronte una band che ha fatto la storia della musica, credete che vi innamorereste comunque di quella loro versione ancora acerba?
R - Assolutamente sì! Forse è la fase che amiamo di più! Tant’è che molti dei brani della nostra scaletta vengono proprio da quel periodo, arrangiamenti schietti e tanto R’n’B. Il periodo “Mersey Beat” è tutt’ora un punto di riferimento per noi.
D - Il brano “Sometimes” è, dal punto di vista del testo, un inno allo star bene. Quanto è importante in un mondo come quello di oggi trovare un angolo di vita in cui stare bene?
R- In realtà in “Sometimes” non parliamo tanto di star bene in questa dimensione. Il testo racconta di un sogno in cui incontriamo gli amici che sono andati via troppo presto. Come sempre la musica ci viene in soccorso e ci offre un luogo ideale dove rifugiarsi quando le cose non vanno come vorremmo.
D - Il brano che chiude il vostro lavoro “Heart to heart, Face to Face” è una reinterpretazione del classico synth pop dei tedeschi The Twins che, pur mantenendo la riconoscibilità dell’originale, viene completamente trasformato dal punto di vista delle sonorità. L’esperienza come coverband quanto ha contribuito alla riuscita di questa nuova versione?
R - Il caso ha voluto che nello stesso giorno Steve (ndr chitarrista ritmico e corista) abbia sentito alla radio “Face to Face, Heart to Heart”, che ha oggettivamente un ritornello irresistibile e visto il film “Il mio corpo per un poker (The Belle Starr Story)” con Elsa Martinelli. Così è nata l’idea di provare a immaginare il pezzo come parte di una colonna sonora di uno Spaghetti Western, con chitarre surf e organo Farfisa. E’ stato molto divertente. L’obiettivo è stato raggiunto?
D - Curiosità, come mai avete deciso di rovesciare il titolo da “Face to face, heart to heart” a “Heart to heart, face to face”?
R - Si tratta di un errore di trascrizione! Un qui-pro-quo fra noi, l’etichetta e l’azienda che ha stampato il vinile. Sulle varie piattaforme streaming il pezzo è presente con entrambi i titoli.
D - Il video che accompagna “Gimme another try” ha una coreografia, costumi e ambientazioni accurate e di grande impatto. E’ tutto “umano” o avete utilizzato, in tutto o in parte, l’intelligenza artificiale?
R - Il video in questione, come quasi tutti quelli che abbiamo realizzato, è un montaggio realizzato da Steve “rubando” scene di un film 60s. In questo caso si tratta di “Sweet Charity - Una ragazza che voleva essere amata” del 1969. E’ un film pazzesco, coreografie originalissime, la scenografia è basata su una storia scritta dall’indimenticabile Federico Fellini.
D - Cosa cambia nella fruizione della musica tra l’ascolto “immateriale” sulle piattaforme di streaming e avere in mano un album, magari in vinile?
R - I due supporti sono complementari e non in concorrenza. Lo streaming è imprescindibile ma il piacere di “toccare” la musica, di godere della grafica di un disco non farà mai morire questo supporto. Un disco in vinile è diventato un prodotto di artigianato da assaporare lentamente, gustato mentre ci si rilassa sul divano e si sgombera la mente da preoccupazioni e pensieri negativi.
Quella di Lisa Beat and The Liars per gli anni 60 è autentica devozione e dal 2016, anno in cui la band si è formata, li ha portati ad espandere i propri confini dalle cover agli inediti. Li aspettiamo in futuro con un album tutto di inediti, dato che sembrano averci preso gusto e ne hanno le capacità.


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