venerdì 21 dicembre 2018

"PARADISO E INFERNO ALL'IMPROVVISO" // "SPORTIVAMENTE INDIE" - I RACCONTI DI SPORT A CURA DI GIULIANO FAGGIONI

Tifosi del Les Herbiers. La piccola squadra della provincia francese della Vandea ha ispirato questo numero di "Sportivamente Indie". Buona lettura. (Foto: Alain Mounic - Presse Sports)


Durante la passata stagione calcistica ricordo di aver più volte visto in televisione, negli intervalli dei match delle principali competizioni europee per club (Champions League ed Europa League), uno spot realizzato dall'Unione delle federazioni calcistiche d'Europa (UEFA) dal titolo, con tanto di hashtag, "#EqualGame", nel quale alcune superstars del football internazionale maschile e anche femminile scendevano in campo assieme ad alcuni colleghi amatori, dilettanti e disabili per diffondere l'idea secondo cui alla fine, al di là delle differenze sociali, economiche e culturali, "sul campo da gioco si è tutti uguali". Ad onor del vero la UEFA lanciò quella campagna soprattutto per sensibilizzare l'opinione pubblica nei confronti del calcio giocato da persone affette da disabilità, e sotto questo punto di vista l'iniziativa mi parve senz'altro lodevole. Ma non posso nascondere di aver pensato come fosse oggettivamente difficile non ritenere piuttosto utopistico il messaggio d'uguaglianza lanciato dal massimo organismo calcistico d'Europa in riferimento al fattore economico, quello oggi e già da lungo tempo preponderante nel calcio professionistico. Perché è vero che sul rettangolo verde vince quasi sempre chi ha più talento, ma è altrettanto vero che nella logica del professionismo chi ha tanti soldi il talento può metterlo al proprio servizio più facilmente degli altri, comprandoselo. Dunque, in modo pressoché inevitabile, sono quasi sempre i cosiddetti top clubs a portarsi a casa glorie e trofei. Proprio perché economicamente, e di conseguenza sul campo, sono "più uguali di altri".



Basta dare un'occhiata agli albi d'oro dei massimi campionati nazionali di calcio d'Europa o delle stesse coppe europee. Mantenendo il focus sulle principali leghe nazionali europee, fatte salve alcune splendide eccezioni - vedi il Leicester City di Claudio Ranieri campione d'Inghilterra 2015-16 -, i nomi iscritti sono quasi sempre gli stessi: in Italia la Juventus ha vinto di seguito gli ultimi 7 campionati e non sembra intenzionata a interrompere il ciclo. In Germania il Bayern Monaco vanta più o meno gli stessi numeri dei bianconeri, anche se nella stagione attuale al momento è in ritardo rispetto al capolista Borussia Dortmund (comunque non certo una società di provincia). In Francia il Paris Saint Germain ogni tanto lascia qualche campionato per strada, ma non capita così spesso. In Inghilterra si varia un po' di più, ma è comunque difficile che alla fine il titolo si sposti da città come Londra e Manchester (alle quali al momento non si può aggiungere Liverpool: già da tempo non riescono a vincere la Premier League né i Reds del Liverpool Football Club né tantomeno i rivali Blues dell'Everton). In Spagna Barcellona e Real Madrid sono le dominatrici indiscusse, nonostante il campionato vinto dall'Atlético Madrid nel 2014 e l'incertezza di quello in corso. Stiamo assistendo dunque a un trend quasi monotematico, ancor più di anni fa quando - ad esempio - in Italia lo Scudetto di tanto in tanto finiva cucito sulle maglie di "squadre minori" (così qualcuno le definisce poco elegantemente) come Cagliari (1969-70), Sampdoria (1990-91) o Hellas Verona (1984-85).




Di contro, nelle coppe nazionali di questi paesi nel corso degli anni - e ancora oggi nonostante il divario economico fra top clubs e non si faccia sempre più ampio - alcune squadre militanti in categorie inferiori, talvolta vere e proprie "provinciali", sono state capaci di far parlare di sé per aver raggiunto risultati assolutamente al di sopra delle loro possibilità, suscitando la curiosità e le simpatie di molti appassionati. Quale sia il motivo di questa "maggiore uguaglianza" fra team presente nelle varie FA Cup inglese, Copa del Rey spagnola, Coupe de France, Coppa Italia e Coppa di Germania (DFB-Pokal) è stato ed è tema molto dibattuto dagli addetti ai lavori e dai tifosi. Molti hanno sostenuto e sostengono che le coppe nazionali siano il più delle volte "snobbate" dalle cosiddette big, che preferirebbero concentrare le loro energie sui più economicamente appetitosi campionati e coppe europee. Il che in parte è vero ma non può spiegare del tutto il fenomeno, perché alla fine sono quasi sempre le stesse "grandi" a primeggiare anche lì. Personalmente ritengo più logico ricercare la motivazione nell'imprevedibilità della formula dell'eliminazione diretta, adottata ormai in tutte le coppe nazionali. Soprattutto nelle gare secche senza andata e ritorno talvolta il pallone è "un po' più rotondo del solito" ed è più facile assistere a risultati "sulla carta" inaspettati e inaspettabili.



La secolare storia della Coppa d'Inghilterra (FA Cup) è stata spesso contraddistinta da clamorose eliminazioni degli "squadroni" nei primi turni della competizione ad opera di squadre di categorie anche di gran lunga inferiori. Questo fatto assume connotati quasi romantici se si considera che il trofeo all'inizio era riservato solo ai non professionisti. E non sono poche le formazioni di seconda divisione (denominata inizialmente Second Division, poi First Division e attualmente Championship) ad aver alzato il trofeo. L'ultima in ordine di tempo fu il West Ham United che nel 1980 sconfisse in finale per 1-0 l'Arsenal davanti ai 100.000 spettatori del vecchio Wembley, con una rete di Sir Trevor Brooking. Prima degli Hammers a vincere la coppa pur militando nella serie B inglese riuscirono il Southampton e il Sunderland negli anni '70 e molti anni prima il West Bromwich Albion (1931), il Barnsley (1912), il Wolverhampton (1908) e il Notts County (1894), mentre nel 1901 il Tottenham Hotspur divenne la prima e finora ultima formazione di terza divisione (all'epoca gli Spurs militavano in Southern League, due divisioni sotto quella massima) ad aggiudicarsi il più antico trofeo ufficiale del mondo per club calcistici. Successivamente arrivarono vicine all'impresa, giungendo fino alle semifinali, solo altre quattro squadre di terza divisione: Norwich City, York City, Chesterfield e, ultimo in ordine di tempo, il Wycombe Wanderers, che nella stagione 2000-01 vide fermare la propria corsa dai futuri campioni del Liverpool, vittoriosi per 2-1 nella storica semifinale giocata al Villa Park di Birmingham. Per i Reds andarono a segno nei minuti finali due grandi firme del calcio d'oltremanica, Emile Heskey e Robbie Fowler, mentre ai Blues della cittadina di High Wycombe non bastò la rete realizzata dall'allora capitano Keith Ryan, che nel breve video qui di seguito racconta a distanza di qualche tempo quell'indimenticabile esperienza:





In quella stessa stagione i risultati ottenuti dal Wycombe in campionato non furono certo esaltanti. Gli Wanderers chiusero al tredicesimo posto molto distanti dall'alta classfica e per un certo periodo rischiarono pure di rimanere coinvolti nella lotta per non retrocedere, forse distratti dai riflettori del grande calcio che si erano accesi all'improvviso su di loro. E questo è un leitmotiv di cui si tornerà a breve a parlare fra le righe di questo articolo.




Spostando la nostra attenzione su Germania e Spagna, occorre dire che in questi paesi gli almanacchi di DFB-Pokal e Copa del Rey registrano poche storie di questo tipo. Ma non si può comunque omettere di citare i nomi delle uniche due squadre di seconda divisione ad aver vinto la coppa tedesca: l'Offenbach Kickers (1970) e l'Hannover (1992). Energie Cottbus, Union Berlino e persino la squadra riserve dell'Hertha Berlino sono invece le tre squadre di terza divisione ad aver raggiunto le semifinali. In Spagna nessun club non di serie A ha mai vinto la Copa: le più vicine a riuscirci sono state Real Betis nel 1931, Sabadell nel 1935 e Real Madrid Castilla, squadra B del celeberrimo Real Madrid Club de Futbòl che sconfisse proprio la "sorellina minore" nella finale del 1980.



Venendo al calcio di casa nostra, solo il Napoli nella stagione 1961-62 e addirittura i liguri del Vado Football Club nella prima, strana, edizione della Coppa Italia disputatasi nel 1922 hanno vinto la coppa nazionale pur non facendo parte della massima divisione del campionato. Mi piace però sottolineare come talvolta questa competizione abbia dato lustro ad alcune "provinciali di lusso", società prestigiose del nostro calcio il cui unico trofeo ufficiale conquistato è stato e per ora resta proprio la Coppa Italia. Molti ricorderanno il Vicenza allenato da Francesco Guidolin vincitore nella stagione 1996-97. L'Atalanta nel 1963 trionfò con una squadra composta in larga parte di giocatori lombardi. Una menzione la merita anche il glorioso Venezia degli anni '40, vincitore della Coppa Italia 1940-41. Nessuna squadra di terza divisione ha mai invece raggiunto il traguardo della finale. Ciò nonostante negli ultimi anni, anche grazie all'introduzione della gara secca, alcune società provenienti dalla Serie C sono riuscite a "imbucarsi" fra le migliori sedici del torneo. Mentre sto scrivendo sono passati pochi giorni da che la Virtus Entella di Chiavari ha battuto ai calci di rigore il Genoa nel derby ligure ottenendo la qualificazione agli ottavi, dove affronterà la Roma. E agli ottavi prossimamente sarà pure il Novara che però ha raggiunto l'obiettivo eliminando una pari-categoria, il Pisa. E vi ricordate del Pordenone Calcio? I "Ramarri" nella passata stagione non solo giunsero fino agli ottavi, ma pure tennero testa all'Inter prima di uscire ai calci di rigore fra gli applausi del pubblico del "Giuseppe Meazza". Curiosità: la bella notte milanese dei friulani portò alla ribalta delle cronache anche i social media manager del Pordenone, autori in quel periodo sugli account ufficiali della società neroverde di una serie di post davvero molto originali, ironici e divertenti.


"Berrettoni vs Icardi". Una delle tante genialate apparse nei profili social del Pordenone nei giorni a cavallo della sfida con l'Inter dello scorso anno. E le genialate stanno continuando tuttora. Vi consiglio di darci un'occhiata.

Ma fu nella stagione 2015-16 che si registrò una delle più clamorose sorprese della storia della Coppa Italia. L'Alessandria, squadra dell'allora Lega Pro (attuale Serie C), dopo aver superato ben 6 turni quasi sempre a spese di squadre militanti in categorie superiori, giunse fino alle semifinali. I piemontesi trovarono sulla loro strada il Milan in una sfida dal sapore antico che riportò alla memoria i tardi anni '50, quando l'Alessandria fece esordire fra i grandi della Serie A l'allora quindicenne Gianni Rivera, futuro capitano dei rossoneri milanesi e Pallone d'Oro. Dopo aver tenuto testa egregiamente ai più blasonati rivali nella gara d'andata giocata a Torino e persa di misura per una rete su rigore di Balotelli, al ritorno i "Grigi" videro svanire il sogno di disputare la finalissima a Roma contro la Juventus perdendo nettamente a Milano per 5-0, nonostante la massiccia presenza di tifosi giunti per l'occasione forse irripetibile dal Piemonte.

I tifosi alessandrini a San Siro. (Foto Ansa)

Quell'exploit però non portò e continua a non portare molto bene all'U.S. Alessandria. In quella stagione i ragazzi di mister Gregucci non ebbero in campionato le medesime soddisfazioni avute in coppa. Dopo la regular season conclusa al quarto posto, l'Alessandria fu eliminata subito dai playoff per mano del Foggia. Una delusione minima se confrontata con quella patita l'anno successivo, in cui ai piemontesi non bastò dominare il girone A di Lega Pro per almeno tre quarti di stagione per ottenere l'agognata promozione in Serie B. Raggiunti e scavalcati in extremis in classifica dalla Cremonese e costretti quindi ad affrontare il lunghissimo percorso previsto dall'attuale formula dei playoff di Serie C, furono infine battuti per 2-0 dal Parma nella finalissima per la promozione. Maggiori fortune non arrivarono neppure nella stagione successiva, nonostante la parziale consolazione della vittoria della Coppa Italia di Lega Pro. Nel campionato in corso l'Alessandria sta invece addirittura occupando le posizioni più basse della graduatoria.



Uno strano destino che assomiglia in parte a quello capitato alla squadra che ha ispirato questo articolo e di cui si giunge ora a parlare: il Vendée Les Herbiers, rappresentativa del piccolo centro di Les Herbiers (letteralmente "Gli erbari") situato nella provincia della Vandea nei Paesi della Loira.


Una veduta di Les Herbiers.


Nella scorsa stagione 2017-18 i rossoneri della Vandea militanti nello Championnat de France National 1 (terza serie francese) raggiunsero addirittura la finale della Coupe de France, regalando a sé stessi e ai loro sostenitori una non attesa ma gradevole "gita fuoriporta" nella capitale Parigi e in particolare allo Stade de France di Saint-Denis, dove avrebbero affrontato il Paris Saint-Germain.




La Coupe de France è, forse, fra le competizioni di cui si è parlato quella in assoluto più imprevedibile. Per quanto possa sembrare strano, la finale raggiunta dal Les Herbiers non è un unicum e non rappresenta un record. L'US Quevilly, altra formazione di terza serie, arrivò fino in fondo nell'edizione del 2012 quando fu sconfitta per 1-0 dal Lione in finale. Quanto accaduto nell'anno 2000 fu addirittura più eclatante: il Calais Racing Union Football Club, squadra di quarta serie, dilettantistica nel vero senso della parola poiché composta da operai, impiegati e professionisti con l'hobby del pallone, dopo aver eliminato persino gli allora campioni di Francia del Bordeaux affrontò nella finale parigina il Nantes, perdendo solo allo scadere e dopo essere passato addirittura in vantaggio (video).



Tornando all'"epopea" del Les Herbiers, il cammino di questa squadra verso la finale della Coupe de France della scorsa stagione fu leggermente più "morbido" rispetto a quello affrontato dal Calais diciotto anni prima. Mentre le "grandi" di Francia si eliminavano a vicenda turno dopo turno, il tabellone sorrideva invece ai rossoneri che ebbero la fortuna di non incrociare nessuna squadra di massima divisione prima della finale. Ciò non toglie nulla a quanto di straordinario fatto dalla società dell'imprenditore locale Michel Landreau. Negli ottavi di finale il Les Herbiers eliminò un club prestigioso del calcio francese come l'Auxerre (attualmente in Ligue 2) vincendo in trasferta per 3-0 nello storico Stade Abbé-Deschamps, e nel turno successivo prevalse ai calci di rigore su un'altra squadra di maggior blasone e di categoria superiore, il Lens. In semifinale invece il Les Herbiers affrontò lo Chambly, altra squadra di terza divisione. Punteggio finale 2-0 con un goal per tempo, il primo dell'attaccante di Guadalupa Florian David e il secondo dell'ivoriano Ambroise Gboho, e tutti a Parigi.

Il "trenino" del Les Herbiers diretto verso lo Stade de France subito dopo la semifinale di Nantes vinta con lo Chambly.


"Tutti" nel vero senso della parola. Perché l'8 maggio 2018, giorno della finale, a Saint-Denis era presente davvero quasi tutta la popolazione di Les Herbiers. Circa un'intera città (quindicimila tifosi in trasferta su sedicimila abitanti) si era trasferita sulle tribune dell'impianto parigino per accompagnare giocatori, tecnici e dirigenti nella sfida quasi impossibile al Paris Saint-Germain, dominatore quasi indiscusso del calcio francese degli ultimi anni ma non altrettanto di quello europeo, dove i risultati sono stati per ora ben al di sotto delle ambizioni della ricchissima e spendacciona proprietà qatariota. Prima del match l'allenatore del Les Herbiers Stéphane Masala (di madre marchigiana e, come suggerisce anche il nome, di padre sardo) dichiarò con crudo realismo che la sua squadra aveva zero possibilità di battere il PSG. Penso proprio che quelle parole le disse da saggio conoscitore di calcio, senza alcun fine scaramantico. Probabilmente gli sarà bastato fare un rapido confronto fra la rosa a sua disposizione, composta da bravi e volenterosi calciatori di Serie C francese, e quella al servizio del collega Unai Emery, comprendente "signori del pallone" come Kylian Mbappé, Edinson Cavani, Thiago Silva, Ángel Di Marìa e compagnia bella, per giungere a quella amara considerazione. E neppure la notizia dell'assenza per infortunio di Neymar fra i parigini lo autorizzò a lasciarsi andare a un qualche volo pindarico.




In effetti sul prato dello Stade de France la differenza di valori tecnici e di esperienza fra le due squadre fu più che evidente. Capitan Sébastien Flochon e compagni non riuscirono quasi mai neppure ad avvicinarsi al portiere tedesco del PSG Kevin Trapp. Dall'altra parte invece il suo collega Matthieu Pichot fece - come si dice in questi casi - gli straordinari per respingere i continui tentativi dei fuoriclasse del PSG, in più di una occasione anche con l'aiuto della fortuna e dei pali della propria porta. Tuttavia, grazie all'encomiabile impegno messo in campo, alla fine dei 90 minuti più recupero il Les Herbiers riuscì a limitare quasi al minimo il passivo, perdendo "solo" 2-0 (marcatori Lo Celso al 26° e Cavani su rigore al 74°) contro una squadra che in quella stagione non aveva risparmiato vere e proprie umiliazioni ad avversari ben più quotati dei vandeani.



Insomma, al di là della più che prevedibile sconfitta, per il Vendée Les Herbiers Football quella fu una notte da leoni, da vere stars. Il grande pubblico del football vide all'opera e applaudì, nello stadio in cui nel 1998 la nazionale francese vinse il suo primo Mondiale, quella piccola e fin lì pressoché sconosciuta squadra, i cui giocatori ebbero l'onore di poter cantare "La Marseillaise" suonata dalla Garde Républicaine assieme ai loro tantissimi tifosi giunti da Les Herbiers nonché di ricevere i complimenti dal Presidente della Repubblica Macron e a fine partita quelli forse ancor più graditi da parte dei fortissimi rivali. Un'immagine in particolare rimase nella memoria di chi assistette a quella serata: la Coppa di Francia sollevata al cielo dal capitano del PSG Thiago Silva assieme al collega avversario Flochon, che accettò l'invito sul palco dei vincitori nonostante la delusione per la sconfitta che gli traspariva dal volto. Un gesto sportivo, cavalleresco, persino doveroso perché in effetti, simbolicamente, quella coppa il Les Herbiers l'aveva già vinta.



Sopra: I campioni applaudono gli onorevoli avversari. Sotto: "Trova l'intruso". Il capitano del Les Herbiers Flochon con la Coppa di Francia circondato da Thiago Silva e compagni. (Entrambe le foto di Franck Fife, AFP)


Qui di seguito il video integrale della partita, per i più curiosi:


Alcuni organi di stampa definirono quell'esperienza come "il Paradiso" per il Les Herbiers e per la Vandea tutta. Vero, verissimo. Ma ancor più corretto sarebbe stato definirla "il Paradiso all'improvviso", considerando che questa squadra nella sua storia ha quasi sempre preso parte solo a campionati di livello regionale.

Appena tre giorni dopo la finale, senza neppure il tempo per realizzare di essere tornati sulla Terra, i rossoneri scesero in campo sul terreno del Beziers per l'ultima giornata del Championnat National. Un impegno non facile, perché gli occitani padroni di casa con una vittoria e con un contemporaneo risultato negativo del Grenoble avrebbero potuto festeggiare la promozione in Ligue 2 senza passare dai playoff, mentre il Les Herbiers subito dopo la "sbronza" di Parigi si trovava a dover rifare i conti con la lotta per non retrocedere in cui si trovavano coinvolte un gran numero di squadre distanti pochissimi punti fra loro. Credo abbiate già capito come andò a finire: con un tremendo "risveglio post-sbronza" per il Les Herbiers, molto più di un semplice mal di testa. Mentre a Grenoble il Sannois, diretta concorrente del Les Herbiers, otteneva una clamorosa vittoria per 3-2, il galvanizzato Beziers ne rifilava 4 ai vandeani, condannandoli a una mesta discesa nella categoria inferiore.

Quel "Paradiso all'improvviso" diventò così "Paradiso e Inferno all'improvviso". Difficilmente il piccolo borgo di Les Herbiers, almeno dal punto di vista calcistico, rivivrà in futuro una simile altalena di entusiasmo e delusione, euforia e depressione, ottimismo e rassegnazione. Ma tutto sommato quella retrocessione è niente se confrontata alla grandeur di quella notte parigina, e così devono aver pensato in Vandea.

Ora il Les Herbiers è impegnato nel gruppo B del Championnat National 2, dove al momento occupa la decima posizione, lontano dal primo posto che è l'unico a valere il passaggio di categoria. In Coppa di Francia invece esordirà a gennaio nei trentaduesimi di finale contro il Tours. E se dovesse succedere di nuovo? No, non succede. Ma se succede? "Paradiso, inferno e di nuovo paradiso all'improvviso"? Sarebbe esagerato. Però, permettetemi, anche davvero figo.

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