BANGERS MUSIC ACADEMY
Premessa: spesso e volentieri, i giornalisti musicali recensiscono dischi che non hanno ascoltato e concerti che non hanno visto. Io, che non sono un giornalista musicale, ascolto dischi che non esistono e vedo concerti che non hanno mai avuto luogo.
Artisti bresciani uniti contro il varicocele
Già impegnato in passato per nobili cause (tra cui lo sdoganamento della compagna Ambra Angiolini), mister ugola d’oro Francesco Renga torna a radunare attorno a sé una pletora di artisti bresciani per un concerto benefit in favore delle vittime del varicocele. Al suo fianco, gli ex sodali dei Timoria, Paletti, i redivivi thrasher In.Si.Dia, Guano Padano, ed altri concittadini già coinvolti in precedenti eventi da lui patrocinati, tra cui L’Aura, la versatile Luisa Corna e l’intramontabile gigante della letteratura e uomo di spettacolo a tutto tondo Fabio Volo. L’affascinante tenore prestato prima al rock e poi al pop sanremese si è esposto in prima persona per sensibilizzare l’opinione pubblica su questo dramma che affligge maschi di ogni età e ceto sociale.
“Solo chi c’è passato può capire quale traumatica esperienza sia per un uomo contrarre il varicocele”, ha dichiarato Renga nella conferenza stampa di presentazione della kermesse, mentre alle sue spalle, mezzi sciancati, facevano non troppo bella mostra di sé alcuni sventurati, freschi d’intervento chirurgico per rimuovere il male. A margine dell’iniziativa, le solite, pretestuose polemiche. Nella fattispecie, una sedicente giornalista/scrittrice femminista ha lanciato i suoi sbilenchi strali contro l’iniziativa del Renga. “È ora che noi donne si liberano dalla schiavitù sessista di questi maschi bianchi eterosessuali di mezza età che usano il suo uccello come un arma di repressione verso la figura più superiore della donna. C’è tanta gente che non sopportano più questa discriminazione e che pensano che non è una cosa importante di cui occuparsene, però non ci vengono a discutere contro queste scimmie. Gli viene il varicocele? E si tagliassero i coglioni una buona volta!”, ha tuonato la derelitta dal suo risibile blog, diramando al contempo una lista di proscrizione coi nomi di coloro che hanno appoggiato la manifestazione e invitando i quattro gatti che le vanno dietro al boicottaggio dei personaggi in questione. Sorvolando sulle sgrammaticate farneticazioni della mentecatta, passo a raccontarvi la giornata per come l’ho vissuta, muovendo in terra longobarda con tutte le precauzioni del caso sulle quali preferisco non soffermarmi. L’appuntamento è allo Stadio Rigamonti, precisamente sotto la Curva Nord, cantata in un disco solista dall’amico–nemico di Renga, Omar Pedrini, che, è bene ricordarlo, licenziò il cantante non tanto per chissà quali divergenze artistico/musicali, ma perché gli aveva trombato la donna, e il chitarrista nonché deus ex machina dei Timoria non l’aveva presa molto bene. Fatto sta che, riappacificatisi ormai da parecchi anni, i due artefici di una delle migliori rock band italiane dell’ultimo trentennio si ritrovano, stavolta sotto il vessillo degli Artisti bresciani uniti contro il varicocele.
La risposta di pubblico è calorosa già dall’apertura dei cancelli, intorno alle 18. Il vostro cronista, pigramente seduto sulle gradinate, assiste alle prime fasi della serata in un misto di devozione e narcolessia. Intervengono al microfono alcune vittime del varicocele, raccontando la loro odissea di sofferenza, aizzati dal mattatore Renga, che imperversa in ogni siparietto, introducendo i vari ospiti che animeranno lo show, tra cui un rapper abbastanza scabroso e un cabarettista dal quale, in quanto bresciano, non è lecito aspettarsi un gran sollazzo, che in effetti non ci sarà. All’imbrunire è già diventato un tormentone il classico gesto scaramantico che, essendoci in ballo un argomento delicato come il varicocele, assume stasera un valore ancor più rilevante. Chiunque transiti sul palco, donne incluse, non lesina infatti di ravanarsi le parti basse per ricordare a tutti il motivo per cui ci troviamo qui. Semplicemente geniale! Tra collettive tastate di zebedei, ci avviciniamo al momento che, varicocele o non varicocele, tutti gli astanti anelano con trepidazione. Per un senso di umana solidarietà vi esimo perciò tutto il polpettone che mi sono dovuto cibare tra nani e ballerine, frizzi e lazzi e vengo al dunque. È tardissimo, almeno credo, mi pare trascorsa un’intera era geologica dacché mi sono “accomodato” sugli spalti del Rigamonti. Mi alzo per sgranchirmi un po’ e per scongiurare le piaghe di decubito e finalmente viene annunciato il clou della serata. Il We are the world in salsa bresciana tocca il suo apice con un’estemporanea rimpatriata dei Timoria. L’animalesco batterista Diego e il Maestro Ghedi si riuniscono così a Renga e Pedrini, accolti dalla prevedibile ma giustificata ovazione dei presenti. Si rivede pure lo sfortunato bassista Illorca, purtroppo sempre costretto sulla sedia a rotelle dopo essere miracolosamente sopravvissuto a un terribile sinistro stradale nel 2005. E mettetevi voi nei panni di questo poveraccio, che oltre alla crudele sorte che gli è toccata, deve assistere allo scempio di vedersi rimpiazzato niente meno che da Fabio Volo. Ebbene sì, il tuttologo ex panettiere fa il suo trionfale ingresso sul palco imbracciando il basso, cooptato a tutti gli effetti nei Timoria. Dovrei fare obiezione di coscienza e levare gli ormeggi, ma rimango per dovere di cronaca. Ora, non crediate che il mio astio nei confronti del personaggio in questione sia originato dal fatto che questo tizio senza un briciolo di talento sia lo scrittore più celebrato all’interno dei patri confini, mentre i miei innumerevoli capolavori marciscono nell’oblio di qualche file .pdf che fluttua in rete. Nulla di ciò, fidatevi, lo giuro sulla vita dei miei cinque figli. “Senza vento”, “Sangue impazzito”, “Mi manca l’aria”… Il breve set dei Timoria è indubbiamente un tuffo al cuore. Chi li ha visti live nei Novanta ricorderà bene la forza dirompente che spazzava via talune incertezze delle loro produzioni discografiche. Qui l’atmosfera è senz’altro più distesa, com’è naturale nelle corde di musicisti quasi cinquantenni ma pur sempre capaci di regalare emozioni con nemmeno troppo sforzo. Lo scrittore–attore–regista–conduttore radiotelevisivo e quant’altro, dal canto suo, non inficia più di tanto il risultato finale, a parte due coretti a casaccio che decide di piazzare in vece dei canonici contrappunti vocali del Pedrini. Smetto di applaudire e mi unisco alla conclusiva toccata di palle. Mi avvio verso casa con rinnovato entusiasmo. Forse la mia carriera di scrittore non poteva andare altrimenti, e probabilmente nessuna storica rock band mi chiederà mai di fargli da bassista. Però abbiamo segnato un importante punto a nostro favore nell’ardua battaglia dell’uomo contro il varicocele!
Testo di Ljubo Ungherelli
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