venerdì 6 giugno 2014

Intervista a Stefano Giaccone su Rockerilla

Ecco un estratto (da me spudoratamente copia-incollato) dalla lunga intervista a Stefano Giaccone fatta da Elio Bussolino e pubblicata su ROCKERILLA, vi invito a leggervi la versione completa e cartacea! 
In fondo pagina invece potrete ascoltare l'intervista (e mini- Live) a Stefano, registrata da noi a Riserva Indie circa un anno fa!


 "Da diversi anni ormai la sua vita continua a rimbalzare tra l’Italia e il Galles, cosi che per parlare del suo ultimo lavoro, Aria di festa, album interamente registrato sul finire
dell’estate dello scorso anno nella città in cui Stefano Giaccone è cresciuto e dove si è guadagnato il rispetto che si deve ad un autentico e sincero protagonista della cultura alternativa sabauda e nazionale, ci siamo messi in attesa di una sua chiamata serale da oltremanica, dove da qualche mese é tornato a risiedere, dividendo la sua settimana lavorativa tra un negozio di dischi e una libreria.
Stavolta ho tatto un trasloco in piena regola — confessa - e, se non proprio in via definitiva,conto di rimanere piuttosto a lungo lontano dall'Italia. Perché?
Per ragioni di lavoro e per stare vicino ai miei figli, che erano rimasti a vivere qui dopo la separazione da mia moglie.
Oggi non ci sono concrete opportunità di lavoro in Italia. Anche se negli ultimi cinque anni che vi ho trascorso - due in Sardegna per curare il progetto Nostos, altrettanti a Cuneo per seguire e produrre con gli Airportman lo spettacolo Modern, e infine a Torino — ero occupato quasi ogni sera della settimana. II problema e che non riuscivo a tirar su un quattrino. Ormai, a parte i grandi eventi finanziati per lo più da contributi pubblici, il circuito intermedio di concerti e spettacoli e naufragato quasi del tutto e si fatica letteralmente a mettere insieme un pranzo ed una cena. E tanto meno se, come nel mio caso, dovevo spesso mettermi in viaggio per rivedere i miei figli... Partire e stata una
decisione sofferta, ma in tutta franchezza non ho rimpianti. Se non giusto per le tante persone che hanno continuato a starmi vicine negli anni e con le quali ho condiviso alcuni dei momenti più belli della mia vita. E poi, dopo il mio ultimo giro di concerti, avevo già maturato l‘idea di ritirarmi dalla scena pubblica: in questo disco ci sono entrambi i miei figli e questo ha chiuso un po’ il cerchio, e ora di pensare anche ad altro.
Il mio nuovo album mostra in ogni caso un’impronta torinese molto marcata, non fosse che per le persone di cui ti sei circondato per realizzarlo. (..)
In effetti non posso e nemmeno voglio recidere i miei Legami con la città: io vengo da li e ne sono orgoglioso. Torino è la città che sotto il profilo della cultura, della politica, dell‘intelligenza, della solidarietà, dell’arte, ha prodotto risultati straordinari. Salvo poi sciuparli o sminuirli per sostanziale incapacità di promuoverli e valorizzarti. 
Torino ce l’ho nel sangue: tutta la mia famiglia ha lavorato alla Fiat, io sono nato a 
Los Angeles per "colpa" della Fiat, è la città del Toro, quella dei Franti.

Aria di festa ha una componente familiare molto intima: dal coinvolgimento nelle registrazioni dei tuoi due figli al testo di Quante belle canzoni, brano dedicato a tuo padre. Questa è la prima volta che la tua - diciamo così - consanguineità assume un tale rilievo in un tuo album.
E vero: fotografa la fase attuale della mia esistenza. (...) Ho pensato di rimetterla in circolazione anche in memoria di mio padre scomparso cinque anni fa. Tra l’altro a ribadire il momento di passaggio tra generazioni in questa raccolta ne La stanza vecchia c'è anche la presenza alla chitarra di Jacopo, il figlio di Gianluca Della Torca, che ha giusto un anno più del mio. Non nascondo come tutto questo sia stato motivo di commozione e divertimento per noi papà, il segno più tangibile del tempo che passa e della necessità di cominciare a vedere la vita con altri occhi.(...)


Non trovi che, dati gli argomenti e gli umori di questo disco, il titolo sia quanto meno fuorviante? Che cosa te I’ha suggerito?
Potrà anche suonare strano o ridicolo, ma secondo me questo e il disco più upbeat che abbia mai registrato. Ogni tanto ci sono persino degli accordi maggiori, non tanti, ma
certamente molti di più della mia solita media. Il titolo è tratto dall’omonimo brano registrato con il gruppo di Mario Congiu e pubblicato su una compilazione tributo al giudice Peppino
Impastato curata dal Manifesto. Ne abbiamo conservato solo il titolo per contrasto con la foto di copertina un’istantanea scattata a mio figlio Dante corrucciato perché gli era appena stato negato un gelato.

   
Negli ultimi tre—quattro anni sei stato più impegnato in progetti teatrali e letterari che non musicali. Avevi forse perso interesse per questa forma di espressione?
Direi di si. Credo che il punk abbia rappresentato l’ultimo momento in cui la musica ha avuto un ruolo centrale almeno per una porzione significativa della gioventu occidentale.
Io stesso posso affermare che a dare una svolta decisiva alla mia vita sono stati tre dischi che ho comprato dopo un’infinita full immersion nel jazz piu radicale: The Scream
di Siouxsie And The Banshees, Entertainment dei Gang Of Four e The Modern Dance dei Pere Ubu. E giusto quel che vogliamo mettere in rilievo insieme al collettivo Canibastardi
in un libro che contiamo di pubblicare intorno alla primavera del prossimo anno. Di fatto, anche i movimenti anti-global da Seattle in poi non hanno prodotto ne un genera ne una
canzone nella quale si identifichi una generazione, qualcosa che si avvicini pur approssimativamente a ciò che Blowin’ In The Wind ha significato per i giovani che protestavano contro la guerra in Vietnam.

Hai dedicato questo disco alla Saint John Coltrane Church di San Francisco: come questo si concilia con il tuo spirito laico e libertario?
Grazia a Dio. ..resto un ateo convinto, ma fin da ragazzo credo nei santi. Non in quelli della Chiesa, ma sono sempre stato dell’avviso che su questo pianeta abbia vissuto un
numero molto limitato di persone che non si sono limitate ad occuparsi sempre e soltanto dei cazzi loro. Ebbene, John Coltrane è stata una di quelle persone e a lui, cosi come alla
Chiesa che ne porta il nome, vanno tutta la mia stima e il mio sostegno. "


 

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