Nel calendario della ripresa delle attività di questo paese in emergenza coronavirus il grande assente è, al momento, il comparto dello spettacolo. Musicisti, fonici, facchini, attori, promoter, bagarini e un intero un mondo di mezzo è completamente in attesa di avere una data o anche solo una prospettiva di riapertura e ripresa dell'attività compatibile con l'emergenza in corso. Mentre le iper produzioni internazionali, quelle che fanno grandi numeri con band affermate o oceanici dj set con mega luci spesso a fare da contorno a un ragazzo che spippola con un mac su un tavolino dell'Ikea, stanno valutando la possibilità di mettere un palco in un parcheggio e far esibire i propri artisti di fronte a orde di automobilisti pronti ad accompagnare l'esibizione accendendo e spegnendo a ritmo gli anabbaglianti e suonando all'impazzata il loro poderoso clacson (molto lontano da quello romantico del "Sorpasso" di Dino Risi), tutto più o meno tace per quanto riguarda i club e gli spazi medio piccoli. Credo che se una ripartenza per la musica dal vivo ci sarà debba iniziare proprio dai piccoli locali: capienze da 10 a 500 posti circa, piccoli luoghi che, prima dell'avvento della rete e dei suoi eroi, spesso presunti tali, erano le palestre dove generazioni di musicisti sono andati incontro ai primi successi e alle prime bocciature. Spazi che ormai da tempo, soprattutto in provincia, sono costretti a convivere con improbabili dj set "trash anni 80" dove tra il godimento di una platea più avezza al vino e ai suoi derivati che alla musica si mescolano i Ricchi e Poveri con i Ramones per portare a casa la pagnotta turandosi il naso (o meglio, le orecchie).
Ovviamente non potendo "ufficialmente" far ballare nessuno sono costretti (per molti è un vero e proprio calvario) a "giustificare" la serata con un evento live che di solito richiama una platea di persone che nella migliore delle ipotesi è pari a una tavolata tra parenti in una festa comandata (la metà dei quali attende con ansia che finisca il set seminando pillole di "saggezza" on line). Proprio perchè far ballare la gente in uno spazio chiuso e ristretto sarà molto complicato (con evidenti ripercussioni sui diritti d'autore dei Ricchi e Poveri e dei Ramones) il concerto potrebbe, finalmente, tornare ad essere l'evento della serata. Stiamo parlando di spazi piccoli, e di concerti in cui solitamente anche senza covid uno potrebbe tranquillamente stare comodo di fronte a un artista come un villeggiante sulla spiaggia del Twiga a Forte dei Marmi. Ecco pensare a club da 500 posti con 150 ingressi a pagamento, magari con la possibilità per chi compra un biglietto di avere uno sconto su consumazioni e merch, potrebbe essere un'idea per ripartire con la musica. Ovvio che la "ruota" deve girare dal basso, con artisti meno noti, con piccole produzioni che però possono riattivare un circuito di appassionati umiliati per anni dai fan dei mix dei Ricchi e Poveri e dei Ramones. Stesso discoso per il teatro e il cinema: un appassionato puo' fare a meno di vedere Brignano e Zalone ma il piccolo cinema puo' tornare a proporre quei film che spesso vanno ai festival e che non trovano spazio su netflix e amazon prime e proporli a un numero ristretto di paganti. Ovviamente il tutto deve essere sostenuto da una forte campagna di aiuto dall'alto, con azzeramento del pagamento della siae (con buona pace di Gino Paoli e compagnia bella) e una forte riduzione delle tasse per un settore che avrà bisogno di anni per rimettersi in moto. L'alternativa è che nel giro di poco tempo molti club siano costretti alla chiusura definitiva e agli appassionati di musica rimangano solo le grandi produzioni, sempre più costose e a prezzi inaccessibili, e un esercito di disoccupati dello spettacolo in fila per chiedere il reddito di cittadinanza (sempre che rimangano i soldi per pagarlo).
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