mercoledì 16 marzo 2016

SAKEE SED A RISERVA INDIE // INTERVISTA DI MAURIZIO A MARCO GHEZZI E GIANLUCA PERUCCHINI DURANTE IL TOUR DI "HARDCORE DA SALOON"


Tra una data e l'altra del loro tour abbiamo intervistato Marco Ghezzi e Gianluca Perucchini, in arte Sakee Sed, per una chiacchierata sul loro ultimo (splendido) "Hardcore da Saloon" e le tante problematiche legate alla situazione musicale italiana. L'intervista è di Maurizio Castagna e le foto dell'articolo sono di Monelle Chiti.
Per conoscere tutti i prossimi live dei Sakee Sed cliccate qui.

Di solito si chiede a una band una definizione della propria musica. Ma sarebbe troppo banale per artisti come voi. 
Piuttosto, come vorreste non essere musicalmente definiti?
Ci piace quando la parola Pop non spunta... anche cantautore non ci piace, mainstream men che meno...

Parliamo di "Hardcore da Saloon", il vostro terzo album...
Ascoltiamolo più che altro, c'è poco da dire su "Hardcore da Saloon", bisogna ascoltarlo in belle cuffie o se volete in auto a canna, escluderei l'ascolto dai pc o smartphone, come cazzo fate ad ascoltare la musica da li!!!

Pianoforte elettrico, batteria e voce... Purtroppo ho potuto vedervi dal vivo solo su YouTube, ma subito salta all'occhio (e all'orecchio) la qualità e la preparazione musicale che avete. Nonostante il cantato in italiano vedo la vostra musica molto da esportazione. Avete mai suonato all'estero e come siete stati accolti?
Male, dovresti venirci ad un nostro live, perbacco! 
All'estero non siamo mai andati, ma devo dirti che per gli ascoltatori non italiani, soprattutto tedeschi, inglesi, australiani, spagnoli, siamo un gruppo parecchio stimato. Spesso nei live in Italia dove ci sono turisti o ragazzi in Erasmus, questi sono i primi ad essere sotto al palco a ballare e finito il live arrivano subito ad abbracciarci e a complimentarsi con noi dicendo che non avevano mai sentito nulla di così nuovo, fico, musica nuova per le loro orecchie insomma. Mentre loro ti riempiono di complimenti, ti acquistano due dischi, ti offrono da bere e starebbero con te tutta sera a parlare di musica e a ballare, i nostri connazionali hanno uno smartphone in mano con l'app acchiappatopa e del tuo concerto gli fotte una sega, tanto meno di pigliarti il disco. Aspettano quel maledetto dj con gli stessi brani da 15 anni, forse anche 20-30, e lì inizia la festa. Per loro, ovviamente.

Ho letto che vi definite una band completamente indipendente. Cosa vuol dire essere indipendenti oggi?
Vuol dire che dalla prima nota all'ultimo banner di Facebook, l'etichetta, passando per iTunes, Spotify, la stampa dei dischi, il booking, il web ecc... suoniamo, organizziamo e gestiamo tutto noi due. Senza nessun altro terzo della musica italiana.

Dove registrate e come nascono i vostri brani? So che avete scelto uno studio completamente in legno.
Nascono in saletta suonando tra di noi. Registriamo, capiamo, scegliamo e stampiamo.
Abbiamo costruito uno studio tutto di legno che potesse contenere e rappresentare le nostre idee, i nostri suoni, i nostri volumi.


Cosa pensate della scena musicale italiana? C'è ancora troppa attenzione alle parole e troppo poca all'aspetto musicale?
C'è solo attenzione a quello, alle parole dico. Se dovessi guardare l'aspetto musicale è come negli anni '70: stiamo copiando, male ovviamente, paro paro la musica americana e inglese di 10-15-20 anni fa con l'aggiunta di testi che invocano all'attenzione dei nostri stili di vita, contrastano il modello italiano o ti dicono come bisogna comportarsi in questa società, insomma tutti ce l'hanno con qualche cosa, e tutti si sentono predicatori di un modello da seguire. In realtà gli stessi artisti italiani sono coloro che vivono nella merda di cui cantano ed è per quello che la sanno cantare così bene, perché vivono come tutti gli altri, degli stessi pregiudizi, con lo stesso stile e con la stessa moda. In fondo su un palco fa figo fare quello che canta l'opposto, giocare a fare i profeti, giusto? E poi dopo due dischi ecco che arriva sempre il disco pop che parla d'amore alla Maria De Filippi, lo share della band così sale, e tutti i buoni propositi nati nei precedenti dischi vanno a farsi fottere.
In ogni caso abbiamo trovato in Italia ottime idee e progetti validi che meritano di suonare, specialmente a Bergamo dove la musica la si assapora di più e il testo rimane lì nelle mani di chi ti riprende con un telefono. :)

Ho visto che avete fatto una campagna di preorder di "Hardcore da Saloon" su Musicraiser. Com'è andata? Cosa ne pensate della rete e della smaterializzazione della musica su Spotify e derivati?
Musicraiser e tutti questi derivati dalla digitalizzazione del mercato musicale sono una merda infinita, sono la cassa del business musicale, avvoltoi che con 40€ per ogni band che riescono a intortare fanno parecchi soldi. E la band come al solito non fa nulla, perché i soldi li fanno sempre i soliti, ovvero chi sgancia prima parecchi soldi in pubblicità e cerca di recuperarne poi in profitti. Nulla a che vedere con la qualità o l'originalità. Una band, oggi, può guadagnare di più suonando in strada che nei club. Spotify, Musicraiser ecc... sono solo una pubblicità della band.

I vostri dischi sono disponibili anche in vinile?
Solamente "Ceci n'est Pas un EP".

Parliamo dei live. Spesso in Italia molti locali hanno problemi a fare una proposta di qualità perché il pubblico diserta i live per i sempre più patetici dj set aftershow. C'è anche un problema di musicisti, e parlo soprattutto di band di giovanissimi, che non fanno circuito ai live?
Te lo dico sinceramente: la gestione dei live è davvero patetica e mi fa incazzare, spesso, quasi sempre. Una band arriva alle 17:30 per fare il soundcheck, si scontra con i limiti acustici del locale, spesso bisogna sistemare l'impianto, i cavi, istruire i fonici; quindi, dal punto di vista professionale, un disastro. Dopo il sound check alle 19:30 - 20:00 iniziano i soliti discorsi sul volume da tenere nel locale e del fatto che si può suonare solo fino alle 00:15 - 00:30, poi ovviamente c'è DJ Apple. Fino a qui va quasi tutto bene, qualche punto di domanda ma vabbè. La gente in tutta Italia abbiamo constatato che esce per le 23:00 se va bene, 23:30 è l'orario in cui tutti hanno digerito, e alle 00:00 ecco l'orda di corpi nel club. Alla band rimangono due brani per chiudere il live ma sono appena arrivati tutti nel locale, sembra che la serata stia per iniziare seriamente ma stop, tocca al dj. Ma vaffankulo cazzo! E vaffankulo ancor di più perché il suo volume nell'impianto è più alto del tuo, i sub lavorano abbomba e tutta la struttura del locale trema. La gente ha avuto la possibilità di ballare e ascoltare la band solo per due brani, e con dei suoni a porco. Poi tocca agli Oasis, ai Nirvana ecc...  il Dj è arrivato anche lui alle 00:10, si è scolato tre Coca e Whisky alla goccia e in 5 minuti ha collegato due rca all'impianto che solitamente sistema il tecnico della band e per lo più a fine serata ha pure sputtanato un cono all'impianto audio.
Non faccio i conti in tasca perché se no è finita.
Questo per dire che: non ce l'ho con i dj ma con chi non sa valorizzare i live e non capisce che un live ha bisogno di una serie di accorgimenti professionali per far sì che vada a buon fine e che venga apprezzato dal pubblico. Io personalmente conto sulle dita delle mani i live italiani con un audio buono o che ti fanno dire: "Cazzo che bomba!". Mentre invece godo ad ascoltare i live di gruppi stranieri in cui i tecnici, lo staff e la produzione sono impeccabili sotto qualsiasi punto di vista; c'è da dire che in questo caso la componente psicologica del non-capisco-cosa-cazzo-stia-cantando-il-cantante, perché in inglese, sia fondamentale, per cui la gente non necessita del bisogno italiano del capire ogni tua fottuta parola trascurando cassa, rullo, chitarre, basso, quel magma sonoro che ti fa viaggiare e ballare. Se canti in inglese in Italia puoi permetterti di stonare e dire cazzate tanto nessuno ti capisce. La musica italiana sembra fatta per cercare frasi fatte da scrivere sulle proprie bacheche il giorno dopo del concerto, magari accompagnate da selfie improbabili. In fin dei conti hanno tutti ballato con il DJ.

L'ultima domanda sulla vostra etichetta: Appropolipo Records. Avete qualche uscita in programma?
Parecchie! Tenete d'occhio la pagina Facebook https://www.facebook.com/Appropolipo-Records e lo scoprirete presto!

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