domenica 16 novembre 2025

COMPAGNI DI MERENDE A LUCCA COMICS! INTERVISTA AL CREATORE DI "MERENDOPOLI" ANDREA MATTEONI A CURA DI SAMUEL FAVA



Quest’anno non voglio parlarvi delle solite polemiche che tornano puntualmente a ogni edizione del Lucca Comics. Ormai lo sappiamo tutti: i parcheggi sono costosi, gli alberghi hanno prezzi proibitivi e per entrare nei padiglioni, a volte, servono ore di fila (in media cinque solo per quello dedicato a Stranger Things).Voglio invece raccontarvi di un gioco che ha attirato la mia curiosità e, di conseguenza, la mia attenzione. Passeggiando per le vie del centro mi sono imbattuto nella sagoma a grandezza naturale di Pietro Pacciani, “testimonial” del punto vendita dedicato al gioco da tavolo MERENDOPOLI. È stato lì che ho incontrato Andrea Matteoni, l’autore del gioco, chiaramente ispirato alle tristi vicende del Mostro di Firenze, e più precisamente ai processi dei cosiddetti “Compagni di merende”: Pietro Pacciani, Mario Vanni e Giancarlo Lotti, insieme ai numerosi personaggi che ruotavano intorno a quel mondo dal sapore quasi surreale.


Il caso del Mostro di Firenze continua a riscuotere sempre molto interesse, è probabilmente il più grande mistero giudiziario italiano, non a caso il 22 ottobre scorso Netflix ha pubblicato i primi quattro episodi della serie “Il Mostro” (che mi sento di consigliare a tutti gli appassionati di questa vicenda e anche a chi si avvicina per la prima volta) e quindi c'è da aspettarsi che si risvegli ulteriormente l'interesse intorno a questo cold case che dopo 40 anni di indagini non ha ancora trovato una soluzione, anche se per la cronaca va detto che esiste una “verità processuale” ovvero che il colpevole di tre duplici delitti sia il reo confesso Giancarlo Lotti con la complicità di Vanni e Pacciani, ma diciamolo francamente, questa versione lascia molte perplessità.

"Comprate Merendopoli, brutti serpenti velenosi!"

Ma torniamo a noi, incontriamo Andrea Matteoni, ideatore di Merendopoli, un gioco da tavolo che rielabora in chiave satirica e con una buona dose di dark humor il classico schema del Monopoli, sostituendo le compravendite immobiliari con elementi e riferimenti tratti dai processi a Pacciani e ai cosiddetti Compagni di merende.

Un progetto che ha inevitabilmente fatto discutere: da una parte per la sua audacia nel trattare una vicenda tragica attraverso le regole del gioco, dall’altra per la riflessione più ampia che propone sul rapporto tra cultura pop, cronaca nera e memoria collettiva.

Con Andrea parleremo delle origini di Merendopoli, delle reazioni del pubblico e delle polemiche nate intorno al gioco, ma anche delle intenzioni artistiche e sociali che ne hanno guidato la creazione.



Com’è nata l’idea di trasformare un’icona del gioco da tavolo come il Monopoli in una versione ispirata ai processi del Mostro di Firenze?
C’è stato un momento o un’esperienza particolare che ha fatto scattare la scintilla?

Diciamo che, quando tornavo da scuola, avevo dodici anni e già allora guardavo il processo su un canale locale, Canale 10, che trasmetteva appunto il processo Pacciani. Quindi, fin da quando ero ragazzino, mi informavo su questa storia. Negli ultimi anni poi ho scoperto un sito, www.radioradicale.it, dove in alto a destra c’è una sezione “Cerca” che permette di trovare tutti gli audio dei processi. Da lì mi sono messo ad ascoltare prima il processo Pacciani, poi quello ai “Compagni di Merende”, e così via, in ordine. In totale credo di aver ascoltato circa cinque anni di registrazioni, ovviamente con delle pause: non tutti i giorni, ma comunque spesso.

Per quanto riguarda invece come mi sia venuta l’idea di applicare tutto questo al Monopoli, è stato semplice. Stavo giocando con alcuni amici al classico Monopoli, un gioco che mette d’accordo un po’ tutti grazie alla semplicità delle regole. Durante la partita tenevamo in sottofondo alcuni spezzoni del processo Pacciani su YouTube e, a un certo punto, mi venne in mente di cambiare i nomi delle località inserendo proprio i luoghi in cui il “Mostro” aveva colpito. Da lì è partita l’idea, inizialmente con dei post-it, e soprattutto quella di modificare il contenuto delle carte, perché in tutte le versioni del Monopoli le carte sono sempre le stesse e non riservano grandi sorprese.

Ecco, io penso che quello che mancava — e che forse è diventato anche il punto di forza della mia versione — siano proprio le carte, che riprendono gli aspetti più salienti e peculiari del processo.

Merendopoli tocca un tema estremamente delicato: qual era la tua intenzione artistica o sociale nel riportare quei fatti in forma ludica?

Diciamo che la mia intenzione iniziale era semplicemente creare un gioco da tavolo personalizzato. Non immaginavo affatto che potesse avere tutto questo successo: l’avevo pensato per me e, al massimo, per una cerchia di amici a cui regalarlo. Poi è nato un interesse inaspettato, dovuto non tanto al gioco in sé, quanto alle critiche che ha suscitato. Proprio quelle critiche hanno creato un effetto “boom” che ha fatto sì che il gioco prendesse piede.
Il gioco è stato poi modellato in modo da risultare il più leggero possibile, senza andare a rivangare i temi importanti o macabri della vicenda. Anzi, questi aspetti non vengono assolutamente trattati.

Prima di sviluppare il gioco, hai fatto ricerche dirette o consultato materiali giudiziari e giornalistici sui processi di Pacciani e dei cosiddetti “Compagni di merende”?

Beh sì, come dicevo prima, fin dalla tenera età mi sono sempre appassionato al processo Pacciani e al processo ai Compagni di Merende, anche perché erano vicende molto assurde, sia per i modi sia per i personaggi coinvolti. Poi, ovviamente, ci sono state letture di libri e la partecipazione a vari blog: confrontarsi con tante opinioni diverse aiuta a mettere meglio a fuoco quale potrebbe essere una verità, anche se, alla fine, ognuno cerca la propria e nessuno troverà mai una verità che vada bene per tutti.

Alcuni critici parlano di Merendopoli come di una provocazione, altri come di un’operazione culturale. Tu come lo definiresti?

Beh, sì: è una provocazione, diciamo, per chi ne parla in maniera “ignorante” nel senso letterale del termine, cioè senza conoscere realmente come si sviluppa il gioco e qual è il suo scopo.
Che sia diventato qualcosa di culturale… forse sì, ma in modo inconsapevole. Di certo non era la mia intenzione iniziale. Tuttavia, secondo me, è un gioco che può fare da apripista ad altri giochi basati su fatti reali.
Perché, alla fine, anche se il gioco ruota attorno a eventi macabri, non li valorizza né li esalta. Mette in evidenza solo il percorso giudiziario legato alla vicenda, senza mai fare riferimento diretto a omicidi o morti.

C’è chi sostiene che Merendopoli sfrutti l’interesse morboso verso il “true crime” . Qual è stato il confine più difficile da gestire tra satira, memoria storica e rispetto per le vittime e le famiglie coinvolte?

Beh, il gioco non sfrutta proprio nulla. L’interesse morboso delle persone esiste a prescindere, che ci sia il “Merendopoli” o no. Il successo che negli anni ha avuto Un giorno in pretura lo dimostra. Il fatto che le persone vogliano approfondire una vicenda, soprattutto una così sconvolgente per l’Italia e diventata iconica per personaggi, modi e tempi, è qualcosa che esiste già.
Alla fine è la stessa dinamica che segue Netflix quando produce una serie, o chi scrive libri sull’argomento: si intercetta un interesse già presente. Non è l’oggetto a creare l’interesse; l’interesse c’è comunque.

Quando il gioco è stato reso pubblico, quali reazioni hai ricevuto dal pubblico e dai media? Ci sono state contestazioni o anche apprezzamenti inattesi?

Appena il gioco è stato reso pubblico, ha ricevuto molte — davvero molte — note positive e una quantità di complimenti inaspettati, soprattutto per me che ne sono l’ideatore. Ovviamente, insieme agli apprezzamenti, sono arrivate anche diverse critiche, ed è stato proprio questo a catturare l’attenzione dei media e delle radio, come Radio 24, e di testate come La Nazione, la Repubblica, Il Tirreno, oltre a trasmissioni televisive come il TGCom di Mediaset.

Hai ricevuto pressioni, diffide o critiche ufficiali da parte di enti, associazioni o persone legate ai fatti reali rappresentati nel gioco? Guardando oggi al clamore e alle polemiche, rifaresti lo stesso gioco con lo stesso approccio, o cambieresti qualcosa nella comunicazione e nella sensibilità con cui lo hai presentato al pubblico?

Ci sono state alcune lamentele, ma limitate ai commenti su Instagram o Facebook. Per quanto riguarda invece reclami formali o contestazioni dirette alla Lucca Toys, la ditta che distribuisce il gioco, non ce ne sono state
Credo inoltre che il gioco non urti la sensibilità di nessuno, se non di chi ne parla senza sapere realmente di cosa si tratti.


Guardando al futuro, credi che Merendopoli possa evolversi in nuovi progetti — magari ampliando il discorso sul rapporto tra gioco, media e memoria collettiva?

Il Merendopoli è stato per me una grande soddisfazione personale, ma, in quanto ideatore e unico detentore del marchio, ho deciso che questo gioco rappresenta un inizio e una fine. Non esisteranno altri prodotti come il Merendopoli che oggi le persone hanno ancora la possibilità di acquistare. Se un giorno realizzerò altri giochi o altre versioni, saranno comunque diverse da ciò che il pubblico conosce finora.
Qualsiasi progetto futuro, però, avrà inevitabilmente una vena capace di far nascere polemiche. Non perché sia il mio intento, ma perché, purtroppo, è il modus operandi del grande organismo che è la collettività sociale in Italia, in questo momento.

Andrea Matteoni, il creatore di Merendopoli

Dopo l’uscita della serie Netflix “Il Mostro” hai notato un aumento di interesse o un cambiamento nel modo in cui il pubblico si avvicina al tuo gioco?

È una domanda interessante. Non direi che ci sia stato un vero e proprio aumento, quanto piuttosto un andamento costante. Forse la crescita recente delle richieste dipende dal fatto che ci stiamo avvicinando al periodo natalizio.
Quello che invece è cambiato è l’approccio del pubblico. Se i primi clienti acquistavano il gioco in modo più goliardico, quelli successivi lo vedono davvero come un’alternativa di gioco, non come una semplice curiosità. E, in molti casi, lo acquistano anche per approfondire e capire meglio i fatti della vicenda.

Andrea, per concludere vorrei un tuo parere, dopo aver studiato a fondo la vicenda per creare Merendopoli, ti sei fatto un’idea personale su ciò che è realmente accaduto?
Secondo te, riusciremo mai a conoscere la verità definitiva sul “Mostro di Firenze”, o resterà per sempre uno dei grandi enigmi irrisolti della nostra storia?

Beh, sì, un’idea me la sono fatta. Nella mia testa ho anche un possibile colpevole — che, ovviamente, non dirò mai — ma credo che i cosiddetti “Compagni di Merende”, cioè Lotti, Vanni, Pacciani e Pucci, fossero più che altro un gruppo di guardoni. Penso che avessero visto qualcosa e che siano stati convinti a tacere e a negare tutto. Secondo me sapevano, sicuramente avevano visto, ma non erano parte attiva degli omicidi.
Queste, naturalmente, sono solo mie considerazioni personali.

E sì, resterà sempre una delle vicende più discusse, anche perché — sempre secondo il mio punto di vista — qualcuno che aveva la possibilità di intervenire dall’interno ci ha messo mano. Io credo che il nome “Mostro di Firenze” sia molto azzeccato non solo perché colpiva nella provincia fiorentina, che è vasta, ma perché, metaforicamente, potrebbe essere stato qualcuno che camminava nei corridoi della questura di Firenze. Anche questa, ovviamente, è solo una mia opinione.

Ma io penso che la tua opinione -seppur "scomoda"- faccia riflettere, non si spiega altrimenti come facesse "il mostro" ad essere sempre un passo avanti agli indagatori! 
Sono proprio curioso di vedere se anche la serie Netflix, dopo aver analizzato la cosiddetta "Pista sarda" si avventurerà in scenari così delicati! 
Chissà se prima o poi riusciremo a scoprire la verità, dopo così tanti anni dubito.
Andrea, grazie per aver condiviso con noi il tuo percorso e le tue riflessioni. È stato interessante vedere come un progetto personale ludico si sia trasformato in un fenomeno mediatico, mantenendo sempre uno sguardo ironico ma rispettoso su vicende così delicate. La tua esperienza ci offre un punto di vista originale sia sul gioco sia sul modo in cui il pubblico reagisce a temi così complessi e controversi. 
Quando vuoi ti aspettiamo in studio per continuare la chiaccherata!





Nessun commento:

Posta un commento