C'erano una volta le fabbriche, "quelle fabbriche", il beat, la Pfm, Fabrizio de Andrè, le ceneri di Woodstock e gli autoriduttori che volevano la musica gratis. C'erano i sogni che cercavi di realizzare perchè non potevi condividerli sui social, il referendum sul divorzio, i grandi festival all'aperto: sesso, "pollo" e prog. C'era Parco Lambro, la voglia di riscatto e di cambiare le cose, il Disco per l'Estate da Saint Vincent e l'eroina più o meno di stato. Ma c'erano anche le Brigate Rosse, le molotov, gli espropri proletari, i cattivi maestri che facevano propaganda nascosti dietro una macchina da scrivere e i pessimi alunni che ci mettevano la faccia e si prendevano vent'anni per seguirli. C'era soprattutto la voglia di stare insieme e la consapevolezza che si poteva scendere a compromessi col nemico ma "era importante stabilire quanto". "La Fabbrica Onirica del Suono" non è soltanto la storia di Patrizio e Nunzio e del loro progetto musicale ma è lo specchio di una generazione, quella a cavallo tra gli anni 70 e i primi 80, in cui molti, troppi, ancora devono fare i conti coi fantasmi del passato. Il libro di Sergio Algozzino è molto più di una graphic novel disegnata magistralmente, è il romanzo di una generazione destinata a lasciare i propri sogni nel cassetto per mettere l'abito buono la Domenica. Ma è bello l'autore ci ricordi di quel periodo in cui davvero si pensava che un altro mondo fosse possibile e si cercava di costruirlo per le strade o su un palco piuttosto che nelle inutili bacheche dei social.
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