martedì 11 febbraio 2020

APOLOGIA DI MORGAN (OVVERO LA NECESSITA' DEL CATTIVO) : DE BUGO NIHIL NISI BENE - TESTO DI GIACOMO DE ROSA



APOLOGIA DI MORGAN
La necessità del cattivo. Testo di Giacomo De Rosa

1. Abbassa la testa, lavora duro
De Bugo nihil nisi bene: lo ascolto sin dagli albori della sua carriera, a cavallo del cambio di millennio. Custodisco come una reliquia una copia del suo disco d’esordio, dal titolo ben poco commerciale de “La prima gratta” (l’inizio è già indiziario, canterebbe Battisti). Negli anni Bugo ha raccolto molto meno di quanto avrebbe meritato, pagando la sua quintessenziale anomalia rispetto al nostro panorama musicale così conformista, tradizionalista e persin ottuso. In Italia, forse per la nostra vocazione al melodramma, non si considera vera arte quella che non è ostentatamente sentimentale o tragica. Conoscete Mino Maccari o Ettore Borzacchini? Se non ne avete mai sentito parlare, avete già provato il mio punto. In questo scenario uno come Bugo, che da sempre ammanta i suoi testi di una ironia malinconica e visionaria che solo chi nasce in provincia può coltivare, non ha alcuna chance di imporsi. Tutto ciò è un peccato, visto che parliamo di un cantautore in grado di concepire frasi come “Vorrei avere un Dio / per scrivere sui giornali che finalmente ce l’ho anch’io” o “Il cellulare è scarico / per la strada è il panico / gente nuda guarda su / se il cielo è sempre in alto”. Un personaggio di questo tipo lo potranno al massimo conoscere e apprezzare i patiti dell’underground o gli addetti ai lavori, perlomeno quelli non impegnati a ridergli alle spalle mentre, vantandosi delle loro furberie, continuano a sguazzare nella propria miseria umana e intellettuale. Ma il pubblico, il grande pubblico? No, non in Italia.


2. Le buone intenzioni, l’educazione
C’è pure, a mio avviso, un secondo problema: Bugo mi è sempre parso un buono, una brava persona, una bella persona, proprio quel tipo di persona che, in un habitat musicale popolato al 90% da squali, finisce inevitabilmente divorata. Parliamo del resto di uno che, quando gli facevi uno scherzo telefonico (da giovane aveva fatto l’errore di pubblicare il suo numero su Internet), si affannava a richiamare per chiarire il malinteso. E così la sua carriera prosegue con qualche occasionale guizzo, ma senza mai raggiungere la vera consacrazione: è visto come un corpo estraneo, un tipo curioso che ogni tanto canta qualcosa di buffo. Un dramma, per un artista che è conscio di avere dentro di sé qualcosa di profondo, di prezioso, di diverso. Capita così che Sanremo diventi il sogno, la meta irraggiungibile e infatti mai raggiunta, perché a Sanremo ci va chi nuota sulla scia degli squali, chi sa tutelare i propri interessi senza stare troppo a pensare a quelli altrui, non certo Bugo, non certo un buono che va lì “per divertirsi”. A meno che il buono non trovi il suo cattivo. Un figlio di puttana da chiamare fratello, parafrasando un verso, quanto mai profetico, dello stesso Bugo.
Enter Morgan.


3. Sono sincero, me l’hai chiesto tu…
Il cattivo ha le fattezze di un cantautore forse poco prolifico ma di certo vulcanico e dalle indiscutibili doti musicali, con una lunga esperienza in fatto di litigi e polemiche, uno abituato a navigare in acque agitate. A suo dire, quando Bugo e il suo staff gli propongono un featuring per portare a Sanremo la canzone Sincero, lui accetta per amicizia. Ritiene sia un modo per ricambiare il supporto ricevuto dal cantautore di Novara durante le avversità legate al recente sfratto. D’altro canto il tema del brano è proprio il rapporto di amicizia che li lega. Amadeus dirà poi che Sincero era stata scelta per il suo valore intrinseco e non per la presenza di Morgan. Mi si consenta di dissentire rispettosamente: sbaglierò, ma ho la sensazione che da solo Bugo non ce l’avrebbe fatta. Ciò detto, Sincero rimane un grande pezzo con un eccellente lavoro di produzione. I problemi cominciano da subito. Il rapporto tra Morgan e lo staff di Bugo si fa di giorno in giorno più teso. Il principale terreno di scontro è la predisposizione delle partiture per l’orchestra nella serata delle cover, quando la coppia di cantautori dovrà interpretare nientepopodimeno che Canzone per te di Sergio Endrigo. Morgan ha chiesto ed ottenuto di scrivere l’ arrangiamento, dirigere l’orchestra, suonare il piano e cantare. Vi chiederete: ma perché si è voluto complicare così la vita? Perché non fare qualcosa di più semplice? Perché questo protagonismo, questo narcisismo esasperato? La risposta è: perché è un artista, un artista vero, e gli artisti veri sono noti per complicarsi la vita, per detestare le cose scontate e anche per essere Narcisi e narcisisti. Gli altri, quelli che la fanno facile, sono in genere i mediocri. La storia della musica leggera offre numerose testimonianze al riguardo. Sorvolo, anche per ragioni di spazio, sul seguito, sullo stillicidio di accuse incrociate, ritardi, tensioni, avvocati, presunti sabotaggi e sicuri insulti. Basti sapere che, dopo la prima esibizione, i due si ritrovano in fondo alla classifica parziale.


4. …ma non ti piace più?
Arriva quindi la serata delle cover. A sorpresa, Bugo non esegue la versione pur a fatica concordata, ma canta per intero (non benissimo) un brano peraltro molto difficile. Morgan viene preso in contropiede, i due finiscono per cantare e deambulare in modo scoordinato, tra sguardi in cagnesco e ripetuti tentativi di rubarsi a vicenda la scena. Passa in secondo piano la parte musicale, travagliata finché vogliamo ma almeno in apparenza molto interessante. L’esibizione è un disastro e la classifica conferma l’ultimo posto. Insomma, il buono, secondo alcuni mal consigliato, secondo altri disorientato dalle giravolte del compagno di avventura, ha pestato i piedi al cattivo. Altri avrebbero fatto finta di niente, avrebbero concesso il perdono o comunque evitato di inasprire ulteriormente una situazione già arrivata al limite; altri ancora avrebbero abbandonato la gara o magari avrebbero cercato di chiuderla nel modo più indolore possibile. Non Morgan. Morgan in questa storia è il cattivo e i cattivi non perdonano, non mollano e di certo detestano le cose indolori. La sera seguente, appena prima di entrare in scena, il nostro riscrive di nascosto la prima strofa di Sincero e la trasforma in un attacco diretto al compagno. La canzone dell’amicizia viene tramutata nella canzone dell’ostilità: è la Nemesi, il crimine perfetto. Seguono raffiche di insulti nel backstage. Bugo non vorrebbe neppure uscire, devono quasi spingerlo sul palco. Il resto è storia, storia nota: il cattivo mette in scena la sua vendetta. Il buono, inizialmente colto di sorpresa, appena realizza cosa sta succedendo fa la cosa più sensata: con classe, con dignità, lascia il palco.
Exit Bugo.
È il caos. L’orchestra si ferma. Amadeus torna in scena esterrefatto. Nessuno si è ancora reso conto del cambio di testo, nessuno capisce perché Bugo se ne sia andato. Arriva anche Fiorello a dare una mano. Morgan il cattivo, all’apice della sua perfidia, fa finta di nulla, si affanna a richiamare dentro il fuoriuscito, spergiura di non conoscere la causa di un abbandono tanto improvviso e inusitato. I social esplodono. È la prima volta in settant’anni di Festival che un artista si ritira durante un’esibizione. Come se non bastasse ci sono le modifiche al testo, proibite da regolamento. Non c’è alternativa alla squalifica. Stando ad alcune testimonianze, Bugo fa perdere le sue tracce e il povero Amadeus riesce a ritrovarlo solo dopo qualche ora, chiuso nell’attrezzeria dell’Ariston, mortificato. La tragedia sembra compiuta: il cattivo ha affondato il suo pugnale, ha affossato l’ultima speranza del buono di far conoscere la propria musica al grande pubblico. Restano il disonore e il fallimento, il biasimo e l’ignominia, lo scandalo e la vergogna, il tutto in diretta tv, sulle prime pagine dei giornali, sugli schermi dei computer e dei cellulari di tutta Italia.
O no?


5. E la gratitudine, le circostanze
È in queste ore che va in scena quella che potremmo chiamare morte e resurrezione di Bugo. Mano a mano che i dettagli dell’accaduto si chiariscono, mano a mano che il cattivo moltiplica gli insulti ai danni del buono e di tutti i suoi amici e alleati, mano a mano che il buono stesso comincia a farsi vivo e a replicare con garbo e pacatezza, prende  lentamente corpo il miracolo. Se ancora, nelle concitate ore notturne, sui social si inneggia all’affondo di Morgan ai danni del perfetto sconosciuto (“Ma chi cazzo è ‘sto Bugo?” è il commento che si incrocia più di frequente), dalla mattina il vento cambia, i ruoli si invertono fino a cristallizzarsi. Il buono viene travolto da fiume di empatia e solidarietà, i media lo assediano, i salotti televisivi lo invitano, i social sono quasi interamente dalla sua parte, tutti si interessano a lui pur non avendo ancora capito bene chi sia e cos’abbia fatto per essere lì. Ma non ha importanza, tutti ora lo difendono a spada tratta. La popolarità di Bugo non è mai stata così vasta, e poco importa che sia uscito dalla gara, che abbia eseguito una cover dimenticabile o che non possa più cantare nell’ultima serata: il pubblico è dalla sua parte, il Bene ha trionfato. Poi, a voler essere un po’ meschini, un po’ smaliziati, coloro che prendono le sue parti, dall’establishment mediatico e culturale al grande pubblico, sono gli stessi che non lo avevano mai considerato e che lo avevano fatto finire ultimo nella classifica della prima serata. Ma questa, del resto, è la storia del mondo. È, meglio ancora, la storia delle storie, ma non esiste grande storia senza un grande cattivo. Senza un cattivo, il buono non può affermarsi davvero, non può assurgere al ruolo di eroe. Ad ogni protagonista deve corrispondere un antagonista. Bene e male sono due facce della stessa medaglia, come gli orientali hanno da tempo intuito: a Robin Hood serve lo Sceriffo di Nottingham, a Biancaneve la Strega Cattiva. Per fare esempi più vicini a noi, più pop se vogliamo, Batman ha bisogno di Joker e Ironman può incarnare l’archetipo del supereroe solo di fronte all’invincibile Thanos. Così Bugo ha bisogno di Morgan, del genio del male, perché la sua bontà e la sua purezza possano finalmente risplendere come l’armatura di un cavaliere, un cavaliere triste e malinconico che, dopo tanta fatica inutile, riesce finalmente a conquistare la sua bella, l’Italia, solo quando, schiacciato dalle circostanze, rinuncia alla sua ultima e migliore occasione, lascia scorrere via dalle mani il lembo finale del sogno per compiere l’estrema, costosissima scelta: sacrificarsi, uscire dal palco, far morire la carriera per salvare la dignità, mentre il cattivo si gode, gongolante, il trionfo. Ma la fenice risorge dalle ceneri, i ruoli si ribaltano, dall’inferno nasce il paradiso. Il buono è finalmente diventato qualcosa di più: l’eroe. Il nostro eroe deve ora capitalizzare questa opportunità inattesa e cavalcare l’onda della popolarità. Staremo a vedere. Intanto, a sentir parlare di lui dappertutto, a vederlo protagonista dei salotti televisivi, quelli che, come me, vent’anni fa assistevano ai suoi concerti in locali semivuoti, non possono oggi che ondeggiare tra un’allegra incredulità e una sincera commozione. Non so voi, ma io mi Bugo.


6. Però di te m’importa veramente
Ma torniamo al cattivo, a colui che adesso, come nelle favole, subisce il meritato castigo da parte di stampa, opinionisti, addetti ai lavori e pubblico. Veniamo all’inaffidabile, l’ingestibile, l’irascibile Morgan. Proviamo a immaginare cosa sarebbe successo senza il parto della sua vulcanica malizia. Non è difficile: due esibizioni destinate a rimanere anonime, l’ultimo o il penultimo posto, un probabile oblio per il povero Bugo e per la sua bella canzone. Invece il duello fra il buono e il cattivo ha creato un caso e richiamato l’attenzione di più di mezza Italia, oscurando la stessa finale del Festival. Su quel palco è nata una storia con una molteplicità di chiavi di lettura, una storia epica, comica e tragica allo stesso tempo. Il disordine è una forma d’arte, sono le parole rivelatrici che proprio Morgan canta in faccia a Bugo. Tutto studiato? Tutto calcolato a tavolino? No, certo che no, sarebbe una spiegazione troppo incoerente con i personaggi. Ma, di nuovo, proviamo a lasciare spazio all’immaginazione: e se il cattivo, sotto sotto, non fosse poi così cattivo? Se si trattasse di una di quelle trasformazioni camaleontiche che, del resto, gli sono sempre riuscite bene? Gli insulti al compagno d’avventura, ripetuti e ribaditi, persino rivendicati, la malcelata allegria di fronte al putiferio da lui generato, lo show teatrale in sala stampa, il continuo rimestare nel torbido… tutto questo non fa tanto il gioco di Morgan, quanto quello di Bugo. Proviamo a immaginare che, un po’ per vezzo e un po’ per scelta, Morgan si sia coscientemente calato nei panni del cattivo e abbia così finalmente consentito all’amico buono, troppo buono, di diventare l’eroe, di sublimare la sua bontà d’animo, di ascendere e trascendere ad artista puro (anche per gli standard italiani). Proviamo a immaginare che, a un certo punto della vicenda, il nostro abbia effettivamente deciso di accollarsi il disprezzo e la condanna collettiva, che si sia lanciato nell’abisso, come contrappeso, per proiettare l’altro in cielo. Non sarebbe, questo sacrificio, un gesto da amico? Non sarebbe, per di più, un’opera d’arte? Lo so, probabilmente è solo fantasia, ma a volte la fantasia è più bella della realtà. E chissà che un giorno, lontano dal palco ma magari vicino a un piano e ad una chitarra, i due non tornino a riannodare i fili della loro amicizia. E chissà, allo stesso tempo, che tutto ciò non possa dare una scossa all’ambiente ingessato e paludato della canzone italiana, e spingere i nostri autori e interpreti ad osare un po’ di più, a spingersi al di là delle colonne di Albano e Romina, pardon, d’Ercole. Del resto Bugo e Morgan hanno scritto la storia, hanno trasformato la kermesse farsesca e nazionalpopolare per antonomasia in un dramma shakespeariano, hanno dato alla musica italiana uno dei suoi veri momenti di grandezza rock. Finalmente, grazie a loro, non dobbiamo più guardare all’America. Ogni storia, tanto più se ambientata in un mondo di finti buoni, ha bisogno di un cattivo. In questa storia, si tratta di Morgan. Lasciatemi quindi il mio cattivo, forse vero, forse finto, di sicuro geniale.
Lasciatemi Morgan.


P.S. ci tengo a precisare che non ho mai realizzato scherzi telefonici ai danni di Bugo, ma conosco gente che lo ha fatto. Sono disponibile a vili delazioni a fronte di una cospicua corresponsione.

Testo di Giacomo De Rosa


3 commenti:

  1. Ciao. Forse invece dove ci sono di mezzo le fauci dell'ambizione, e a maggior ragione quelle che si giocano una qualche ultima possibilità, la "bontà" è virtù più estranea che mai.

    Sospenderei quindi assegnazioni di "ruoli" in questa storia. Articolo però piacevole da leggere.

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  2. Articolo magnifico!W Bugo e Morgan ma soprattutto W Giacomo!

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