sabato 17 novembre 2018

"LA MALEDIZIONE? CHE RIPOSI IN PACE!" - "SPORTIVAMENTE INDIE" - I RACCONTI DI SPORT A CURA DI GIULIANO FAGGIONI

Non è raro nelle cronache sportive leggere di presunte "maledizioni", termine con il quale ci si riferisce a ripetute serie di risultati negativi che accompagnano per periodi di tempo più o meno lunghi atleti e squadre di diverse discipline. Per fare un paio di esempi riguardanti il gioco più amato dagli italiani, il calcio, si è parlato di maledizione riguardo l'incapacità del Brasile, la nazionale più titolata del globo, pentacampeão do mundo e otto volte vincitrice della Copa América, di portare a casa l'unico titolo mancante, l'oro olimpico, che i verdeoro sono riusciti finalmente a conseguire durante i Giochi casalinghi di Rio del 2016, oppure riguardo la curiosa statistica che vede, a partire dai Campionati del Mondo del 2002, le nazionali campioni in carica ottenere pessimi risultati nelle successive edizioni del torneo, uscendo sempre dai giochi già nel girone d'apertura (statistica a cui non sfuggì l'Italia nel mondiale sudafricano del 2010, con gli azzurri fuori al primo turno quattro anni dopo il trionfo di Berlino del 2006).

Ma la "maledizione" più famosa del mondo sportivo, specie per gli appassionati d'oltreoceano, è stata e probabilmente rimane quella che per ben 86 anni, fra il 1918 ed il 2004, avrebbe impedito a una delle più celebri e titolate franchigie della Major League Baseball, i Boston Red Sox, di vincere le World Series, ossia l'atto conclusivo del più prestigioso campionato professionistico di baseball al mondo.
Questa "iattura" prese il nome di "Maledizione del Bambino", dal soprannome (dovuto, pare, o alla precocità del suo talento o a certi suoi atteggiamenti infantili) di uno dei maggiori fuoriclasse della storia di questo sport, George Herman "Babe" Ruth.


Il "Bambino" Babe Ruth con le divise dei Boston Red Sox (sopra) e dei New York Yankees (sotto)


Ruth, originario di Baltimora, dopo aver militato nei locali Orioles venne ingaggiato dai Red Sox con cui fra il 1914 ed il 1919 vinse per ben tre volte le World Series, ricoprendo principalmente il ruolo di di pitcher (lanciatore, ma nella sua carriera Ruth divenne eccellente anche e soprattutto alla battuta, stabilendo record su record). All'epoca la franchigia bostoniana era la più titolata del baseball a stelle e strisce, potendo già vantare nel proprio palmarès cinque World Series (le prime, nel 1903, vinte col nome di Boston Americans), comprese le tre conquistate con Babe Ruth nel roster.
Tuttavia, i trionfi conquistati agli albori della loro storia dalle "Calze Rosse" si interruppero all'improvviso quando il 3 gennaio del 1920 l'allora proprietario della franchigia, l'impresario teatrale Harry Frazee, a causa di alcune difficoltà economiche cedette diversi fra i suoi migliori giocatori, e in particolare proprio Babe Ruth, a quelli che sarebbero poi diventati gli acerrimi rivali dei Red Sox, i New York Yankees, che a partire da quel momento cominciarono la loro ascesa a squadra più titolata della Major League, conquistando le loro prime World Series nel 1923 e continuando a inanellare titoli su titoli fino a raggiungere l'attuale quota 27 (ultimo successo nel 2009), ben 16 in più rispetto ai loro diretti inseguitori nell'albo d'oro, i Saint Louis Cardinals.


Il "baseball cap" dei New York Yankees, probabilmente uno dei gadget sportivi più venduti al mondo

Durante il periodo di militanza di Babe Ruth con gli Yankees i newyorchesi vinsero per quattro volte le World Series, mentre i Red Sox non riuscirono mai neppure a qualificarsi per le stesse. All'epoca però nessuno parlò di maledizioni. I motivi dei diversi destini delle due franchigie potevano essere spiegati molto più semplicemente così: Boston aveva perso il suo miglior giocatore, che era andato lecitamente a mettere il suo eccezionale talento al servizio di una squadra rivale. La rabbia di vederlo divenire il simbolo di un'altra franchigia, che stava diventando la più prestigiosa e vincente della Lega a spese degli stessi Red Sox, senza riuscire a rimpiazzarlo a dovere (impresa difficile, considerato il valore tecnico e di immagine di Ruth) impedirono probabilmente al team del Massachusetts di risollevarsi al più presto.
Ma anche a seguito della fine dell'esperienza da Yankee del "Bambino" nel 1934 e del suo ritiro l'anno successivo, dopo una stagione trascorsa nuovamente a Boston, ma con la divisa dei Braves, i Red Sox non tornarono ai fasti di qualche anno prima e il loro nome ricomparve alle World Series solamente nel 1946, quando furono sconfitti dai Saint Louis Cardinals in una serie terminata col punteggio di 4-3.

Nel 1948 Babe Ruth si spense appena cinquantatreenne per un cancro alla gola a New York, città dove è sepolto. Forse è proprio a seguito di questo tragico evento che qualcuno particolarmente superstizioso iniziò a pensare che il "Bambino" avesse come scatenato l'ira degli "dei del baseball" contro la squadra che lo aveva in un certo senso "rinnegato". La suggestione che ci fosse un qualcosa di ultraterreno e ultrasportivo dietro le continue delusioni dei gloriosi Red Sox si fece ancor più strada dopo che gli stessi persero l'ennesima serie finale nel 1986 (4-3 contro gli altri newyorchesi, i Mets), dopo aver perso anche quelle del 1967 e del 1975 (contro Saint Louis e Cincinnati).

Con ogni probabilità il povero Ruth, che ormai era andato via da questo mondo da molti anni, non c'entrava nulla in tutto ciò. Al massimo, lui che era diventato in Terra l'uomo simbolo degli Yankees, da qualsiasi luogo celeste si trovasse avrà al massimo sogghignato di fronte agli insuccessi della sua vecchia squadra. O forse neppure se ne è mai interessato, chissà. Se invece si vuol credere alla diceria della "Maledizione del Bambino", evidentemente Babe si sarà stancato di concentrarsi sulle vicende dei Red Sox, per concedersi finalmente il meritato riposo, il 27 ottobre del 2004. Quel giorno, infatti, dopo 86 lunghi anni di attesa i bostoniani tornarono sul tetto del mondo, battendo i soliti Cardinals al Busch Stadium di Saint Louis per 3-0 e vincendo finalmente le World Series.




Il tanto sospirato momento che ormai a Boston non sperava più nessuno di vivere era arrivato. I Red Sox di Manny Ramirez, Bronson Arroyo e David Ortiz (clicca qui per il roster completo) avevano sconfitto non solo gli avversari sul campo ma anche il soprannaturale, riportando il titolo a Fenway Park (lo storico "diamante" di Boston). Ne parlarono in tutto il mondo, anche molti di coloro che al baseball probabilmente non si erano mai interessati. La maledizione era finalmente svanita, e a riprova del fatto i Red Sox ripeterono l'impresa successivamente, vincendo le World Series del 2007 (vs Colorado Rockies), del 2013 (vs Cardinals) ed infine quelle di quest'anno, concluse il 28 ottobre al Dodger Stadium di Los Angeles col decisivo punto del 4-1 a favore di Boston sui Dodgers.


E quindi, se il ritorno alle antiche e gloriose gesta della franchigia di Boston si è ormai da tempo realizzato, perché parlare ancora di questa, perdonate il gioco di parole, "maledetta maledizione"? Perché nel corso di queste ultime World Series, e qui parlo per sensazioni personali quindi occorre l'utilizzo della prima persona, ho come avuto l'impressione che i Red Sox ed i loro sostenitori ancora non se ne siano liberati completamente. Mi spiego meglio: sembra quasi che le "Calze Rosse", pur nettamente superiori agli avversari ed infine vincenti, debbano comunque soffrire più del dovuto rispetto a tutti gli altri team della MLB per portare a casa risultati. Come se gli antichi fantasmi non fossero mai stati cacciati del tutto, come se il compianto Babe Ruth ogni tanto tornasse a fare qualche scherzetto, perché "va bene che torniate a vincere anche senza di me, però non così facilmente!".


In questo 2018, dopo una regular-season impressionante, chiusa col record di 108 vittorie a fronte di sole 54 sconfitte e il primo posto indiscusso nella American League, i Red Sox nei play-off di post-season si sono pure tolti lo sfizio di eliminare i "nemici" Yankees prima di ottenere il pass per le World Series sconfiggendo nettamente gli Houston Astros col punteggio di 4-1. Tutto perfetto anche in apertura di atto finale, con due vittorie nelle prime due gare contro i Dodgers disputate a Fenway Park. 
Ma il perfetto copione della stagione 2018 dei Red Sox ha un imprevisto e forse inaspettato colpo di scena quando la serie si sposta a Los Angeles. Gara-3, disputata al Dodger Stadium il 27 ottobre scorso, si rivelerà infatti come una delle più incredibili della secolare storia delle World Series e si concluderà addirittura dopo 18 inning e 7 ore e 20 minuti di gioco (!) con la vittoria dei padroni di casa grazie a un fuoricampo del prima base Max Muncy. Mai nessuna gara di play-off era durata così tanto. La vittoria dei Dodgers, giunta al termine di una partita dai connotati epici, avrà i suoi effetti anche il giorno dopo in gara-4, quando i losangelini si porteranno avanti 4-0 al sesto inning, lasciando poco spazio a possibili rimonte dei rivali nei restanti 3. "Oh my God, vuoi vedere che quella Maledizione...", avrà forse pensato a quel punto qualcuno dalle parti di Boston, ormai rassegnato a vedere la serie in parità coi Red Sox costretti a doversi giocare il titolo fino all'ultimo pitch.

E invece, così non è stato. Il team dei record dell'amatissimo manager portoricano Alex Cora è stato capace di spazzare via ogni dubbio riguardo il proprio trionfo nelle World Series 2018 nell'arco di pochissimo tempo, piazzando una perfetta rimonta fra il settimo e l'ottavo inning prima di completare l'impresa nel nono, chiudendo i conti sul 9-6 finale grazie soprattutto alla superba prestazione e ai due fuoricampo messi a referto dall'esterno prima base Steve Pearce, che successivamente verrà proclamato Most Valuable Player delle World Series. Evitando di essere raggiunti dai rivali sul 2-2 e portandosi invece sul 3-1 nella serie, Boston aveva a quel punto allontanato ogni possibile paura di eventuali delusioni. Gara-5 verrà infatti vinta in modo quasi agevole dai Red Sox, con un netto 5-1 che varrà anche il nono alloro mondiale della franchigia. In barba alla "Maledizione", se mai c'è stata. Quindi, che non se ne parli più, che riposi in pace. Lo dico anche a me stesso, basta suggestioni, per piacere. E soprattutto che riposi in pace finalmente anche il "Bambino" Ruth, divenuto leggenda quasi più per questa bizzarra storia che per le tante imprese sul diamante.


I Boston Red Sox campioni delle World Series 2018


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