giovedì 24 marzo 2016

ULTIMO TOUR SULLA LUNA // CAPITOLO 8: LO STRANIERO CONQUISTATORE ARMATO DI CHITARRA - UN ROMANZO DI LJUBO UNGHERELLI


Ecco "Lo straniero conquistatore armato di chitarra", l'ottavo capitolo di "Ultimo tour sulla Luna", il romanzo di Ljubo Ungherelli pubblicato ogni giovedì sul blog di Riserva Indie a partire dal 4 Febbraio. Il tour di 2 Dualità sbarca al "Bencivenga" di Spoleto dove Guy e Vicni si intrattengono con alcuni dei finanziatori del crowdfunding. Vi ricordo che tutti i capitoli pubblicati li potete ritrovare anche sulla tab della home page di questo blog.


Capitolo 8
Lo straniero conquistatore armato di chitarra

C’era poca gente. Le porte erano state aperte da una quarantina di minuti e, pur essendo sabato sera, la clientela del Bencivenga di Spoleto, come d’altronde quella di qualsiasi posto del genere sparso lungo lo stivale, se la pigliava assai comoda.
Guy e Vicni, sapendo di non doversi esibire prima di un’ora e mezzo a dir bene, stazionavano nei pressi del bar, attorniati da alcuni finanziatori del crowdfunding. C’era Armendio, spilungone dall’aria goffa e impacciata, il cui amorfo maglione a bande orizzontali grigie e verdi era l’elemento di spicco della sua personalità. Accanto a lui, una tipa apparentemente giovanissima e apparentemente sordomuta, che se ne stava lì senza spiccicar parola. Poi due ragazze sui vent’anni, che pendevano dalle labbra di Guy come da un oracolo del nuovo millennio. Infine, Slisković666, così si faceva chiamare sul suo profilo, pure lui alto e dinoccolato ma più reattivo rispetto ad Armendio.
“Questa zona non è male a livello di movimento”, gli stava spiegando, scambiando al contempo cenni di saluto con chi transitava in quel momento lì vicino. Pareva conoscesse chiunque. “Ci stanno i posti per suonare, le feste, anche d’estate ci sta roba. Ci stanno i posti, ci stanno le cose da fare. Però la gente è chiusa, provinciale, ancora col dna del contadino. Se sta a lamentare che non ci sta mai nulla e non muove mai il culo da casa.”
“Questo è un problema un po’ da tutte le parti, caro mio”, intervenne Guy dandosi arie da uomo vissuto, ondeggiando la mano destra quasi in faccia a Slisković666. Lo straniero conquistatore armato di chitarra aveva un margine di vantaggio non indifferente sull’autoctono, bastava scrutare i volti e gli occhi delle due ragazzine. Slisković666 tentava di ergersi a guida illuminata della scena spoletina, forse anche nel tentativo di far colpo sulle suddette. Ma bastava un sorriso finanche abbozzato di Guy per precipitarlo in fondo alla pista.
Vicni, al solito, lasciava a Guy onori e oneri in simili situazioni. E lui era ben felice di salire al proscenio. Per inciso, non aveva alcuna intenzione di ridimensionare Slisković666, che anzi gli era moderatamente simpatico e soprattutto lo trovava attraente. Gli veniva semplicemente naturale comportarsi così in mezzo alle persone. A maggior ragione se già a inizio serata c’aveva dato dentro con la bottiglia.
“Io esco a fumare”, disse Vicni, apprestandosi a lasciare il capannello sotto la sapiente guida del suo compagno di giochi musicali.
“Sì, andiamo”, propose invece di slancio Slisković666, e partì lancia in resta, sicuro che tutti l’avrebbero seguito. Fuori, si accese tranquillamente un cannone, facendolo girare. Guy fece giusto un tiro, Vicni aveva la sigaretta in bocca e passò. Spuntò pure, imboscato chissà dove, un boccione di vino.
“Radicale distruttivo!”, proclamò Guy, dando una gozzata e alzando subito dopo la bottiglia a mo’ di brindisi.
“Non si direbbe che persone di corporatura piccola possano reggere così bene l’alcol, vero? Sapete come funzionano certe cose, quando si è giovani si guarda tutto attraverso prospettive più immediate, e questo ti permette di subire meno i contraccolpi negativi”, disse ancora Guy, facendo le domande e rispondendosi da sé. Il malcapitato Slisković666 era stato oscurato come durante un’eclissi. A parziale consolazione, Guy si rivolgeva per lo più verso di lui, lisciandogli in continuazione la spalla a corredo dei propri discorsi. Inoltre, la sua serata sarebbe proseguita in connessione con la band: dopo il concerto, avrebbe infatti incassato la sua ricompensa, consistente nell’essere riaccompagnato a casa a bordo della Luna.
Dopo un bel po’ di salotto, Vicni esortò Guy a tornar dentro per cambiarsi in vista del concerto. Il rituale della vestizione era molto importante per loro. Li estraniava dal casino, dai volumi alti della sala, dalla gente che andava e veniva. Quasi come fare yoga, come Piero Pelù, o stretching, come Henry Rollins, o spararsi una sega, come Eminem.


Guy aveva tolto di valigia una camicia argentata con i risvolti ricamati, oltre ai capi d’abbigliamento di sempre. Per Vicni, nella girandola di vestiti che avrebbe avvicendato durante il tour, toccava al terzo e ultimo travestimento: un completo tailleur più pantalone, rigorosamente nero, da perfetta lesbica in carriera. Erano pronti a darsi al pubblico accorso quel sabato a vederli.
Diversamente dalla maggior parte dei locali italiani, dove bisognava sgomitare per appoggiare la schiena alla transenna del mixer di sala ma sotto il palco c’erano praterie, al Bencivenga poterono contare su un certo calore dei presenti. In particolare, i ragazzi del crowdfunding si erano schierati in una prima fila credibile a poca distanza dai musicisti. Sul loro esempio, altri erano avanzati, garantendo in tal modo di evitare la surreale sensazione di sentire applausi preregistrati stile sitcom americana tra un pezzo e l’altro. Spesso succedeva davvero: dal palco non vedevano nessuno, però a ogni pausa udivano battimani più o meno intensi.
Slisković666 troneggiava nel mezzo, scuotendo il capo e battendo il piede in terra. E anche gli altri erano coinvolti, persino Armendio e consorte azzardavano qualche passo di danza sul posto al ritmo dei brani più sostenuti macinati da Guy e Vicni.
I reiterati sorrisi di Guy ricordavano quelli di Billy Zoom, chitarrista degli storici rocker californiani X. Difficile che qualche loro fan cogliesse il riferimento, pertanto se n’era appropriato dopo che un suo cugino più grande l’aveva introdotto alle meraviglie del punk americano anni Ottanta.


Vicni, austera nel suo abito di scena, fu però più scalmanata del solito, specie nei cori in cui quasi sovrastava la voce principale. Guy, sentendosi sparare nel monitor le urla stridule della batterista, credette fosse un problema di bilanciamento suoni sul palco e fece chiari cenni al fonico affinché gli abbassasse il microfono di lei in spia. Di fatto, con quella mossa per una sera perse inconsapevolmente il ruolo di cantante: almeno nei ritornelli, in sala arrivava soltanto la voce di Vicni.
“Quasi uguali quasi diversi” venne davvero bene. La band aveva ingranato le marce alte, il pubblico era dalla loro parte ed era il momento di calare gli assi. Vedere tutti là sotto cantare la canzone, dalle due smaliziate ragazzine alla torpida coppia, fino ad altre persone che si stavano facendo avanti, riconoscendo le note di quella piccola hit, fu emozionante. Come il primo giorno di prove, come la prima canzone che avevano scritto assieme, come il primo concerto di 2 Dualità. Come la prima volta che s’erano incontrati. Quel tipo di emozione, non semplicemente l’entusiasmo della novità, ma qualcosa di più profondo, il sentore di un respiro più ampio, di un tragitto che può condurre lontano. Oppure verso il nulla.
“Spoleto ci ama!”, si beò Guy a fine serata. Slisković666 annuiva compiaciuto. Oltre ai fan del crowdfunding, se n’erano presentati parecchi altri. Guy e Vicni avevano venduto dischi e gadget, firmato autografi e posato per foto, dispensando strette di mano e abbracci. Quel surrogato di rock’n’roll lifestyle non era così frequente: gli capitava non di rado di essere bellamente ignorati prima, durante e dopo il concerto.
“Tra un po’ si va a nanna, mio caro”, disse ancora Guy all’allampanato fan. “Ti senti capace di andare sulla Luna?”
“Grande”, confermò Slisković666. Vicni, col progressivo diradarsi di chi le stava attorno, era ridiventata laconica ed estranea ai lazzi che il suo collega perdurava a regalare a un uditorio ormai ridotto all’osso.
Arrivò infine il momento di ricaricare la strumentazione e dirigersi all’albergo, con tappa intermedia a casa di Slisković666.
“Taxi Luna in partenza. Via! Via! Via! Via! Via!”, disse Guy. Slisković666 sedeva davanti, su uno dei posti passeggero, appiccicando Vicni al finestrino. “Io non accendo il navigatore, guidami tu. Dove devo andare?”
“Io sto in una frazione appena fuori Spoleto. Prendi subito la strada come per tornare indietro da dove siete arrivati.”
“Ecco, appunto, mi son già perso! E non siamo ancora usciti dal parcheggio del Bencivenga… Destra o sinistra?”
“Di là”, spiegò Slisković666. Guy, che guardava il buio della strada, non fu in grado d’interpretare l’indicazione.
“Destra”, tradusse Vicni.


In poco più di cinque minuti, nonostante le pessime doti di navigatore di Slisković666, svoltarono in direzione di uno sbiadito cartello blu e giunsero in un vialetto campagnolo poco illuminato ma sufficientemente per mostrare una serie di case e ville tipiche di una certa aristocrazia contadina.
“Wow!”, esclamò Guy, accostando dinanzi alla villetta su due piani indicatagli da Slisković666.
“Ci abiti con i tuoi genitori?”, domandò Vicni. Aveva avuto il sospetto di aver a che fare col classico finto alternativo campato dai soldi di famiglia.
“Sì”, replicò lui senza imbarazzo. Anzi, rilanciò. “Ma la casa in pratica sta divisa in due, e io ho uno spazio tutto mio; ho anche un ingresso indipendente! Perché non entrate un minuto? Magari potete restare a dormire qui, volendo…”
“Perché no?”, acconsentì subito Guy, anticipando le proteste di Vicni. Che comunque non si fecero attendere.
“Guy, non mi sembra il caso di lasciare la Luna qui fuori, tutta la notte.”
“Potete lasciarla nello spiazzo del giardino”, la smontò Slisković666. “Chiudiamo il cancello e state più al sicuro che al centro de Spoleto!”
“A proposito di centro di Spoleto”, insisté ancora a opporsi Vicni, “in teoria avremmo un albergo prenotato.”
“Li chiamo io per sfissare”, finì di disarmarla Guy. “A quest’ora tanto non risponderà nessuno.”
Vicni si arrese. Credeva d’aver capito dove voleva andare a parare Guy. Slisković666 fece loro strada all’interno, prima spalancando il cancello alla maniera di un Mosè testimonial della ditta FAAC, poi precedendoli sull’ingresso nel retro, che tramite una scala conduceva di sopra.
“Voi potete dormire di qua”, disse Slisković666, indicando camera sua. “Il letto è a una piazza e mezzo. Ci dovreste stare tranquillamente.”
“E tu?”, gli domandò Guy mostrando stupefazione.
“Io dormo sulla poltrona che sta in salotto. È una specie de divano letto.”
“Capito, Vicni?”, esclamò teatrale Guy. “Vedi come sono i nostri fan?”
“Sono i fan più fan che esistano”, ripeté lei, a pappagallo e senza convinzione, lo slogan coniato in occasione della campagna di crowdfunding.
“Farebbero qualunque cosa per 2 Dualità. Svuoterebbero il loro piatto per riempire il nostro, se noi non avessimo nulla da mangiare. Ci cederebbero il loro letto, andandosi a rincalcare su una poltrona. Quando penso a queste cose, quasi non mi sembra vero! Però non lo posso permettere, mio caro. Sapere di averti relegato di là non mi farebbe dormire!”
“E allora che se fa?”, domandò Slisković666, disorientato dagli arzigogoli di Guy, che nemmeno a tarda ora rinunciava a dare spettacolo.
“Semplice: dormiamo tutti e tre insieme!”
Slisković666 rimase esterrefatto. Vicni, già da un pezzo rassegnata all’ineluttabile, si limitò a incenerirlo con lo sguardo. Però non disse nulla.
Nel più profondo imbarazzo di due terzi dei presenti, andarono a letto. Vicni scivolò sotto le lenzuola e si sfilò di dosso il minimo indispensabile, restando con una maglietta da notte molto lunga che la copriva fin quasi a metà coscia. Il pimpante e disinvolto Slisković666, re senza corona del Bencivenga, adesso legnoso all’inverosimile, si sdraiò completamente vestito sul ciglio.
“Altolà!”, gli intimò un Guy ormai a proprio agio meglio che a casa sua. “Quello è l’unico lato dove riesco a dormire sul fianco. Lì mi ci metto io. Tu stai nel mezzo.”
Al buio, tutti sottomessi alle capricciose direttive del frontman di 2 Dualità, rigidi si strinsero in quel letto che faticava a contenerli.
Fu Vicni a fare la prima, involontaria mossa che spianò la strada a Guy. Rigirandosi in un agitato dormiveglia, si adagiò addosso a Slisković666, che fermo come una sardina in scatola, con le braccia inchiodate parallele al corpo, non sapeva cosa fare, se provare a scostarla, col rischio di svegliarla, o che altro. Nel dubbio, rimase impalato.
All’altra estremità del letto, cioè pochi centimetri più in là, Guy emetteva profondi respiri come fosse pesantemente addormentato.
Perciò, quando poco dopo si sentì solleticare le parti basse, Slisković666 non ebbe dubbi che la ragazza gli stesse strofinando la mano sul cazzo, che gli si rizzò all’istante. Sentì quasi in sordina lo scorrere verso il basso della zip dei pantaloni, con quella stessa mano che aveva assunto il pieno ed eccitante controllo del suo uccello.
Raggiunse in fretta l’orgasmo. Una poltiglia appiccicaticcia e calda gli si posò sul bassoventre. Si era senz’altro macchiato maglia e pantaloni. Pace, pensò Slisković666 mentre la tensione si scioglieva nei suoi muscoli e prendeva sonno con la stessa rapidità con cui lo sperma era schizzato pochi istanti prima. Erano bastati pochi, sapienti movimenti di quella mano a farlo godere.
Trascorsero ancora parecchi minuti prima che Guy, che era sempre rimasto sveglio, passasse al contrattacco. Facendosi vicino a Slisković666, proprio come aveva fatto Vicni nel sonno, gli premette l’uccello sull’avambraccio, muovendosi su e giù simulando un coito. Fu una manovra estremamente piacevole. Fece appena in tempo a scendere fino alla mano di Slisković666, che accolse la sborrata, quasi fosse stata lei a condurre fin lì quel cazzo impertinente che aveva sfruttato il corpo inerme del fan addormentato per il proprio piacere.
Nessuno fece più movimenti sospetti. La notte, che pure stava per volgere all’alba, inghiottì il terzetto, concedendogli finalmente il meritato riposo.



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