martedì 30 settembre 2025

DANCALIA - L'IMPORTANZA DELLA COMPONENTE UMANA - RECENSIONE E INTERVISTA A CURA DI LUCA STRA PER #DIAMANTINASCOSTI


Dancalia è una regione desertica del Corno d’Africa caratterizzata da paesaggi surreali con deserto, vulcani e distese di sale, una delle zone in assoluto più inospitali della Terra. I Dancalia, band di Sassari composta da Costantino Pulina alla voce, Mattia Schintu alla chitarra e Giuseppe Cappio Borlino alla chitarra, synth e programmazione, si sono ispirati proprio a questa zona aliena per il nome della band per sottolineare la loro diversità, che si concretizza in una proposta che mixa musica elettronica e testi impegnati, che fanno ballare e contemporaneamente riflettere raccontando la realtà nella sua dura concretezza. “Zolfo”, loro ultimo singolo pubblicato nello scorso mese di luglio, è da questo punto di vista un pezzo emblematico che fonde l’elettronica con fraseggi di chitarra e fa risaltare la voce di Costantino che racconta la fuga dall’orrore di guerre neanche troppo lontane, che sconvolgono completamente l’esistenza quotidiana trasformando chi le subisce in povere anime in fuga. Il protagonista è un ragazzo tredicenne, Miran, che porta impresso sulla pelle l’orrore della guerra e la cui unica colpa è di essere nato nel posto e nel momento sbagliati. Ballare su versi come “ad occhi chiusi suona meglio il sibilo di quella scheggia che mi passerà più vicino” rappresenta il cuore di un progetto dall’anima profonda che non rinuncia a sonorità accattivanti. “Take My Love”, singolo precedente ed unico cantato in inglese, ha un’atmosfera più sognante legata all’espressione del sentimento più universale di tutti, l’amore. Anche in questo caso l’impronta stilistica che fonde synth e chitarre è evidente. Il brano fa risaltare le sfumature vocali di Costantino Pulina creando un amalgama decisamente riuscito. Uscito nel 2024, “Ernst Mach ha imparato a volare”, che cita nel titolo il fisico e filosofo austriaco noto per la sua concezione scientifica radicalmente empirista e anti-metafisica, musicalmente ipnotico è un brano su questi tempi difficili in cui viviamo un rapporto sempre più stretto e in vertiginoso sviluppo tra intelligenza umana e artificiale. “Resistenza”, pezzo di debutto pubblicato nel maggio 2024, è una traccia già caratterizzata dal suono distintivo della band, un brano sulla fuga e sul liberarsi dalle gabbie che ci imprigionano. Quel che caratterizza i Dancalia è la fusione tra strutture musicali stratificate come architetture ardite su cui si innestano testi complessi e mai banali che fan sì che il loro progetto si distingua nel panorama musicale attuale.  
I Dancalia si sono prestati ad una chiacchierata a tutto campo sulla loro musica.



- Dancalia è una regione desertica del Corno d’Africa. E’ da qui che avete tratto ispirazione per il vostro nome?
COSTANTINO – Esatto, abbiamo tratto ispirazione da questa regione qua, che tra l’altro è una regione che si trova tra l’Eritrea e Gibuti, perché è una regione particolare, una regione quasi aliena con vulcani interrati, con geyser, diciamo che è una delle zone più inospitali del pianeta, quasi aliena come stavo dicendo, che un po’ abbiamo voluto rappresentare con la musica che facciamo, musica non canonica e quindi pensavamo fosse figo utilizzare quello come nome. Anche perché suona bene. 
GIUSEPPE – Secondo me la scelta del nome è stata fatta anche perché Dancalia è il luogo più caldo del Pianeta. Noi viviamo in Sardegna che è già penso il posto più caldo di tutta l’Italia e dove sicuramente quello che si percepisce a livello emozionale è il calore della nostra terra e del nostro popolo. Quindi per noi era un luogo iconico “Dancalia”.
- Parliamo di “Zolfo”, un brano pieno di bombe, nitroglicerina, salta tutto, aerei che si schiantano. A un certo punto invocate la pace. Avete la sensazione di sentirvi schiacciati dalla vita?
COSTANTINO – Qua c’è una parentesi molto grande da aprire, io credo che nessuno debba sentirsi schiacciato dalla vita perché c’è sempre un modo per reagire, semplicemente è una storia, come tutte le storie che ultimamente ci stanno attraversando, di guerra. E’ la storia di un bimbo che semplicemente è nato dove non doveva nascere e si è ritrovato nel posto in cui non doveva essere. Abbiamo voluto rappresentarla così in un modo crudo ma neanche troppo drammatico perché sono del parere che comunque credo che la ricerca della pace è qualcosa cui ambiamo tutti da sempre, cioè da piccoli quando ci chiedono “che sogno avete?” la pace nel mondo è sempre uno di quelli. Quindi abbiamo voluto attraversare anche noi questa tematica con un brano di quel tipo. 
- Lo zolfo è da sempre comunque un elemento associato all’inferno, quindi in questo caso, come avete spiegato, l’inferno della guerra come avete già risposto. Dove collocate il vostro inferno?
GIUSEPPE – Diciamo che l’inferno in questo caso potrebbe essere collocato in Palestina ad esempio, a Gaza. Perché alla fine è il luogo in cui si sono vissute queste cose ultimamente, anche in Ucraina, però diciamo che in Palestina va avanti da cinquant’anni e quindi diciamo che possiamo collocarlo in quella zona per quanto riguarda la tematica del testo. Per quanto riguarda poi la metafora il brano dice a un certo punto “cenere per sentirsi bene” perché a volte dalla distruzione totale anche dell’individuo nasce sicuramente qualcosa di nuovo. Quindi anche ridursi completamente in cenere e dalla cenere rinasce qualcos’altro è un messaggio che comunque vuole essere positivo.
- Dal punto di vista musicale il pezzo è un mix tra elettronica e cantato pop. Voi aspirate ad unire gli amanti del pop al popolo del dancefloor? 
GIUSEPPE – Sì, la risposta è sì perché come sempre il futuro della musica lo vediamo nella contaminazione e credo che la contaminazione più forte che c’è stata dagli anni 80 in poi è quella della musica elettronica e diciamo che vogliamo recuperare un po’ quel senso di elettronica da ballare ma anche da ascoltare che era forte negli anni 90 e che poi un po’ si è andato perdendo trasformando la discoteca in un luogo di massa dedito principalmente alla droga e ad altre tipologie di situazioni che andavano lontane da quelle con cui quel tipo di musica era nato alla fine degli anni 80 in Inghilterra. Io vivevo lì e ho assistito un po’ a quella fase. Vogliamo un po’ recuperare parte di quello spirito là però con un’estetica pop, ma anche un po’ post punk come forse si può percepire nel suono delle chitarre.
MATTIA – Vorrei aggiungere una suggestione a quello che hanno già elencato Giuseppe e Costantino. Noi cerchiamo di riportare quello che è la vera musica suonata in chiave elettronica con gli strumenti unendola al pop in modo tale che alle persone possa arrivare una canzone assolutamente orecchiabile, ma che al di sotto non ci sia una base preregistrata, ma ci sono persone che suonano strumenti. Noi cerchiamo di riportare in live tutto quanto, anche la dimensione umana.
GIUSEPPE – Adesso con l’intelligenza artificiale si sta correndo il rischio che alla fine non suoni più nessuno di noi e la via è proprio la musica elettronica, però interpretata come la interpretiamo noi cerchiamo di far capire che la macchina deve interagire con l’essere umano e non con un’altra macchina.
COSTANTINO – Voglio aggiungere un’ultima cosa, fondamentalmente è un po’ il discorso che di preconfezionato non c’è niente, ogni suono è riprodotto manualmente in un mondo in cui non sai nemmeno più chi scrive che cosa perché solo se sei attento lo puoi percepire, i famosi brani con l’intelligenza artificiale o chi scrive libri con l’intelligenza artificiale. Questa è una cosa che sicuramente rompe quella barriera lì, c’è ancora l’essere umano dietro ed è una cosa che si percepisce, come, per esempio in Chat GPT ci sono alcune cose che nonostante tutto, nonostante quanto si possa essere bravi fanno capire che quella è un’intelligenza artificiale. Noi vogliamo proprio rompere quella barriera lì, cioè è tutto creato ad hoc per creare quell’autenticità che si sente e che noi vogliamo trasmettere con la musica d’autore. 
- Nel vostro singolo “Take My Love” cantate “everything is magic”, quindi al centro c’è un sentimento più positivo, l’amore. Sembra un brano agli antipodi rispetto a “Zolfo”. Qui fate vedere il vostro lato più luminoso? 
GIUSEPPE – Sì è il nostro lato più luminoso, abbiamo anche qualche altro brano così anche se in realtà il testo di “Take My Love” l’ha scritto una donna, non l’abbiamo scritto noi. L’ha scritto mia moglie e sì probabilmente è il pezzo più positivo che abbiamo. Poi magari ce n’è qualcun altro che è ironico ma quello è sicuramente il più positivo di tutti. 
- Perché avete deciso di far uscire un pezzo in inglese dato che tutti gli altri singoli sono in italiano?
COSTANTINO – Beh di base perché non l’ho scritto io. E’ una cosa che, per quanto io sia una di quelle persone che trova difficile cantare e musicare qualcosa di scritto da un altro perché devo farlo diventare mio. In mezzo a tutta questa difficoltà quello spiraglio di autenticità e di luce di cui si parlava prima mi ha aiutato molto, in parte perché questa persona che lo ha scritto ci è molto vicina e ci conosce come se fossimo, io e Mattia che siamo i più piccoli, i suoi figli e quindi per noi non è stato così difficile quindi in sostanza è questo. Perché non è un brano scritto da me. Io continuo sempre ad avere le mie preferenze in fase di scrittura, mi piace molto scrivere di qualsiasi cosa mi capiti. Anche se vedo una foglia che cade da un albero e sono in uno stato d’animo particolare posso provare a ricavarci sopra qualcosa. In quel caso ho dovuto accogliere l’emotività di un’altra persona che ho fatto mie, che abbiamo fatto nostre. 
- L’anno scorso avete pubblicato altri due singoli, il primo è “Ernst Mach ha imparato a volare”. Ernst Mach fa riferimento a un fisico e filosofo austriaco. Ho letto che una delle cose in cui credeva nell’esplorazione tramite la sperimentazione empirica. Voi vi sentite degli sperimentatori empirici musicali? 
COSTANTINO – Assolutamente sì tendiamo sempre ad esplorare, ascoltiamo talmente tante cose, ci contaminiamo costantemente a vicenda e ancora oggi anche se siamo da tanti anni insieme quando Giuseppe e Mattia mi dicono “conosci questo?”, “hai ascoltato questo?” io continuo a sorprendermi di alcune cose che sento nonostante siano passati magari anche vent’anni. Questo per me è la sperimentazione, un po’ quella che appunto Ernst Mach voleva mettere in pratica nella sua vita, vedere le cose che succedono davvero, io voglio vedere succedere quello che mi ispira di più quindi scrivo per me, scrivo per gli altri in modo da ispirarli, questa per me a livello empirico è la cosa che più mi stimola. L’unica cosa su cui posso avere un riscontro facendo musica è vedere che alla gente piace, che la gente capisce quello che scrivo, quindi io sono il mio Ernst Mach, ho un Ernst Mach dentro come ne ha uno Giuseppe e ne ha uno Mattia. 
- “La frase i pensieri sono armi adatte a pochi”. Pensare oggi può essere pericoloso? 
COSTANTINO – Esatto, non sempre bisogna agire istintivamente, c’è un momento in cui anche la persona più intelligente, più razionale del mondo abbia un momento in cui cede e agisce d’istinto. C’è magari un momento in cui bisogna morsicarsi la lingua e contare fino a dieci prima di fare qualsiasi cosa. Bisogna sempre ponderare e poi ci sta che alcune cose vadano fatte con cognizione di causa, io mi riferisco più che altro a idee che possono essere pericolose, mettere a repentaglio la salute e comunque la moralità di un’altra persona. Anche un misunderstanding, un’incomprensione può diventare una cosa gigantesca quindi pensarci bene è una cosa che dovremmo fare. Usa le tue idee e pensa prima di applicarle.
- Com’è nata la vostra collaborazione con HenryBeard per il remix di Resistenza?
GIUSEPPE – Allora le cose sono nate così, praticamente Enrico è un mio alunno perché io insegno programmazione e l’utilizzo di determinati software e anche un po’ di teoria musicale e quindi insomma ha iniziato con me perché lui faceva solo il Dj e voleva fare un upgrade, imparare a fare qualcosa di diverso, imparare a fare la propria musica. E’ venuto a lezione da me e dopo un annetto che faceva lezione ho iniziato a vederlo abbastanza pronto, ha fatto qualche brano e ha funzionato parecchio e allora abbiamo detto “beh facciamo un passo avanti ulteriore, lavora sulla musica degli altri, vediamo se riesci a tirare fuori un remix valido e lui per noi ha fatto due remix, quello di “Resistenza” e quello di “Take My Love” che suonano molto bene e devo dire che ahimè fa più ascolti lui di noi perché è più da club e poi è molto bravo nel gestire i social, cosa in cui noi siamo deficitari, te ne sarai accorto.
- Mi verrebbe da dirvi allora fate un po’ “do ut des”, visto che gli avete offerto la possibilità di remixare i vostri pezzi chiedetegli in cambio di curare un po’ i vostrisocial. 
GIUSEPPE – Infatti ogni tanto qualche consiglio glielo chiedo e grazie ai suoi consigli siamo riusciti un pochino a crescere sulle piattaforme d’ascolto, siamo andati un po’ dietro a lui e abbiamo tirato fuori dei buoni risultati. Lui è proprio molto bravo. Prima faceva l’influencer quando era un po’ più giovane, sette-otto anni fa e aveva un profilo seguitissimo con 300mila follower in tempi in cui 300mila follower erano tanti. Poi ha mollato quella cosa perché era legata al mondo della moda, lui sfilava faceva delle cose così e alla fine si è buttato sulla musica e quindi quel modo di lavorare sui social ce l’ha ancora dentro e lo sa fare bene e quindi noi poi godiamo del fatto che faccia più ascolti perché poi arrivano anche a noi perché poi alla fine i brani sono i nostri. Il nostro problema principale è riuscire a suonare al di fuori della Sardegna perché vivendo qua non è facile rapportarti con i locali che sono molto lontani da noi e magari non possono fidarsi ciecamente del fatto che noi suoniamo veramente oppure quella roba che sentono è tutta quanta registrata. Quindi adesso stiamo cercando di lavorare su quello.
- Immagino le difficoltà, anche perché se voi vi impegnaste per un concerto al di fuori della Sardegna dovreste affrontare delle spese di viaggio non da poco.
GIUSEPPE – Sì però abbiamo fatto due conti e se facciamo due date in Italia i costi sono già assorbiti. Alla fine adesso non è che ci interessa guadagnare, ci interessa farci conoscere. Però anche per cifre basse i locali diffidano dei gruppi che non conoscono e che non vanno lì fisicamente a proporsi. Con le mail alla fine si sa come funziona che magari le leggono ma manco ti rispondono. Pensano “mah questi fanno musica elettronica, magari è tutto finto”. Qualcuno mi ha anche risposto così e quindi mi rendo conto che è difficile e il modo in cui vogliamo crescere è questo, riuscire ad uscire dalla Sardegna, perché poi i nostri brani vanno bene e alla gente piacciono tanto e quindi siamo sicuri che facendolo fuori funzionerebbe. 


Si sa che i gruppi indie faticano molto ad emergere a prescindere dalla qualità della loro musica perché oggi se non si è confezionati come il pubblico è stato abituato ad aspettarsi si viene emarginati. E ci sono band come i Dancalia che meriterebbero molta più attenzione perché non è da tutti far ballare e riflettere allo stesso tempo. La speranza è che le nuove generazioni che si stanno affacciando ora al mondo della musica abbiano un sussulto di ribellione e un po’ di sana curiosità di cercare oltre i brani proposti e imposti dalle playlist degli editor dei servizi di streaming o i motivetti che fanno da sottofondo ai balletti su Tik Tok. 


 

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