Come tutte le classifiche, anche quella dei 10 album indie del 2025 che propongo è più che altro una serie di suggerimenti d’ascolto essendo basata, com’è ovvio, su gusti personali. Le scelte che sono state fatte hanno portato ad escludere, spesso a malincuore, dischi che contengono singoli brani anche molto validi, ma che, a giudizio di scrive, non mantengono lo stesso livello di qualità per l’intero lavoro. Di molti troverete già su questo blog una recensione più approfondita accompagnata da un’intervista, altri invece per vari motivi non sono mai stati recensiti, ma meritano comunque una menzione. E allora ecco i dieci dischi, a mio giudizio, più rappresentativi dell’anno che volge al termine.
Dalla scuderia “La Tempesta Dischi” dei Tre Allegri Ragazzi Morti ecco i Còlgate, autori di un esordio eccellente. Il suono in bilico tra i nostrani Verdena, gli Smashing Pumpkins e l’ondata post grunge, è stato assimilato alla perfezione e viene restituito con personalità. “Orrido” è frutto di tre anni di prove e limature che lo hanno plasmato come un’opera già matura. In un mondo migliore un pezzo come la ballatona rock “Asteria”, perfetta per costruzione sonora, testo e ritornello, sarebbe una super hit.
Da ascoltare: “Asteria”, “Crisma”.
Giovanissimi funamboli, introspettivi e incoscienti allo stesso tempo, i Grandi Raga con “Morfeo Morfina” sono riusciti nell’impresa tutt’altro che facile di farsi notare in un mare affollato come quello del pop. Tra sbalzi d’umore post adolescenziali, malinconie sconfinate e fantasie interstellari, l’album sembra sempre sul punto di cadere rovinosamente, ma ogni volta i Grandi Raga sanno come tenerlo in equilibrio sul filo dei loro pensieri di ragazzi poco più che ventenni.
Da ascoltare: “Introspettica”, “Gestire La Rabbia”.
Il grande eclettismo sonoro cui si accompagnano testi che sputano senza filtri la realtà in faccia all’ascoltatore sono gli elementi che fanno dell’album di esordio degli Heute Nebel un disco di cui è necessario tenere conto. I Nirvana più caotici condividono la scena con i CCCP in un connubio fieramente controcorrente rispetto alla muzak imperante.
Da ascoltare: “Deserto”, “Ti Seguirò Ovunque”.
Frutto di un lavoro di disciplinata introspezione, “Iscream”, il nuovo lavoro del cantautore LeLe Battista è un album nato pianoforte e voce in modo atipicamente ritmico e prodotto con l’oculatezza necessaria a non snaturarlo. Il tema centrale degli otto brani che compongono il disco è il nostro essere imprigionati in una realtà ingannevole in cui l’espressione verbale ci tradisce portando a una distorsione del vivere quotidiano.
Da ascoltare: “Frammenti” feat. Andy dei Bluvertigo, “Splendidi perdenti”.
Il duo veneziano, che prende il nome da un locale per scambisti della Laguna, è quanto di più lontano sia concepibile rispetto al lato patinato di una Venezia a misura di turista. Le canzoni dei Laguna Bollente nascono nei calli più nascosti con i muri sporchi e maleodoranti di urina. A livello sonoro l’album veste un calzante lo-fi in cui i difetti diventano la maggior qualità, come la scarsa dinamica che impasta voce e strumenti costringendo l’ascoltatore ad uno sforzo supplementare per cogliere l’essenza dei brani.
Da ascoltare: “Facciamo basta”, “Campari noia”.
Testi che richiamano nell’uso del lessico e nelle immagini evocate lo stile di scrittura di De Andrè. Cantautorato pop rock di grande qualità che sfugge all’effetto nostalgia grazie alla freschezza di arrangiamenti che inglobano synth e batteria elettronica.
Da ascoltare: “La più grande tentazione”, “La maggioranza”.
Originali al limite della bizzarria i Le Feste Antonacci, musicisti italiani trapiantati a Parigi, hanno pubblicato un album d’esordio ricco di calembour sia sonori che testuali. Elettropop, dance e funk si mescolano in un not easy listening che cattura e fa venire voglia di ballare. L’uno-due iniziale di “Uomini nudi” e “P.U.L.P.” manda al tappeto qualsiasi dubbio sulla qualità complessiva del lavoro. Il pezzo finale che dà il titolo all’album è una registrazione alticcia in presa diretta con tanto di risate irrefrenabili che rende l’idea di quanto sia stato divertente dare vita a un disco così e dell’alchimia che si è stabilita tra i due componenti della band.
Da ascoltare: “Uomini nudi”, “P.U.L.P.”
La formazione piemontese sforna un lavoro maturo, ricco di suggestioni sonore tra chitarre alternative rock di marca britannica e fiati. Atmosfere sognanti, vedasi l’incipit di “Fango”, si alternano ad accelerazioni post punk (“Fiori, fiori”). A testimonianza che, qualche volta, la qualità paga ancora, la band è stata scelta per far parte della line up del tradizionale Concerto di Capodanno al Palazzetto Inalpi di Torino. Un’occasione imperdibile per contagiare un pubblico più vasto.
Da ascoltare: “Fiori, fiori”, “Storia di un corpo che cade”.
Giovanissimi con una lunga esperienza. I tre ragazzi che compongono i The Kollege sono figli d’arte ma non certo figli di papà. Allevati fin da bambini a pane e busking sono polistrumentisti di talento. Il loro album d’esordio “Sensibility” si compone di 12 brani impeccabili scritti in inglese. Il disco mette a nudo la perizia tecnica ma non manca di trasmettere emozioni. Emblematiche da questo punto di vista l’apertura affidata a “Nihilism” e la perla “Paige” arricchita dal sax suonato dal bassista.
Da ascoltare: “Fuck the fame”, “Paige”.
La formazione torinese ha dato alle stampe quest’anno l’album “The dream in Which I Die”, disco post folk dalle atmosfere cupamente oniriche. Si tratta di un concept album basato sul “Pinocchio” di Giorgio Manganelli, libro in cui emerge il lato più dark del celebre personaggio di Collodi, chiamato ad attraversare il Regno dei Morti. L’album segue fedelmente il viaggio iniziatico che si conclude con la morte del burattino divenuto semplice oggetto inanimato e sostituito dal bambino in carne ed ossa, a simboleggiare la fine dell’infanzia.
Da ascoltare: “When My life Was Ebbing Away”, “Nobody Knows”.











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