Foto di Ivana Noto
Sedetevi dove preferite: ai piedi di un albero immerso in un bosco, su una panchina di un parco comunale, sul vostro amato e sgangherato divano. Scegliete voi, in base alle possibilità del momento e mettevi in ascolto dell'ultimo meraviglioso disco di Andrea Lazlo De Simone.
Eh sì, perché ci sono album che richiedono non solo la nostra attenzione, ma anche una certa predisposizione di anima e corpo… e andrebbero possibilmente ascoltati ad occhi chiusi, con i sensi accesi.
Il titolo è “Una lunghissima ombra” ed è stato pubblicato nell’autunno 2025 per 42 Records. Con ben diciassette brani inediti scritti e arrangiati in totale autonomia, Andrea si (ri)conferma uno chansonnier dalle eccellenti capacità comunicative, con una marcata identità pop cantautorale dal fascino vintage.
Più che di canzoni, siamo di fronte ad un insieme di elementi che convivono in perfetta armonia, vere e proprie opere d’arte trasformate anche in un film, proiettato a Roma in occasione della presentazione dell’album. A detta dall’autore, il suo è “un disco da vedere, un film da ascoltare” (cercatelo su YouTube).
Le parole, sapientemente scelte, sentite, condivisibili, si rivelano espressioni semantiche che descrivono sentimenti profondi messi ben a fuoco. Dal punto di vista sonoro, a rendere questo lavoro un pregiato diamante da conservare gelosamente e del quale riscoprire la purezza ascolto dopo ascolto, sono senza dubbio i crescendo e gli svuoti abilmente incastonati, così come i momenti strumentali, quelli lo-fi, i raffinati inserti di elettronica, i campionamenti, le melodie delicate, i sussurri, i fischiettii, i respiri, le straordinarie aperture armoniche in grado di prenderci per mano e condurci al limite della commozione.
Imbattersi in album così ben realizzati significa introdursi in punta di piedi in una stanza segreta nella quale riversare (e condividere) ricordi, malinconie, paure ma anche forza e consapevolezza. Si resta sospesi in contemplazione, godendo di suoni, poesia ed immagini fino a rimanere irrimediabilmente avvolti e travolti. E’ in realtà un viaggio, dove personale e universale si mescolano in una danza armoniosa, tra ammissioni di fragilità, amori perduti, alibi abbracciati in un tempo ormai passato. Con rimandi a Modugno, Battiato, Moltheni, Battisti e Sufjan Stevens, Andrea Laszlo De Simone è da sempre compositore e produttore di tutti i suoi brani, che suona e registra da solo, principalmente in casa o nel Ecce Homo Studio.
Acclamati dalla critica, i precedenti lavori ricevono plausi sia in territorio nazionale che internazionale, riscuotendo un grande successo soprattutto in Francia, dove le Radio trasmettono regolarmente la sua musica. Il cantautore torinese ha realizzato la colonna sonora del film francese “Le Règne Animal” e nel 2024 è stato il primo italiano nella storia ad aver vinto il prestigioso Premio César.
Sapete qual è l’unica nota dolente del disco? È scegliere quali siano i pezzi più significativi (questo già rende l’idea dell’eccezionale bellezza dell’album).
È impossibile resistere alla delicatezza del brano “Quando”: l’autore fotografa un proprio periodo di difficoltà e di sopraffazione. Il connubio tra sonorità e melodia ci trascinano in un turbinio di emozioni espresse con una rara sensibilità.
“E quando ridi e piangi e tiri i calci e spingi, cercando di guarirmi. Quando tu mi stringi Sei in grado di ferirmi. Ed io non so spiegarlo, e tu non puoi capirmi. È colpa del silenzio, timido come me, se non ti dico quel che penso”
A sorpresa, la notte di capodanno 2025, pubblica “Un momento migliore” una canzone con la quale racconta sia di incertezze che di determinazione: desidera mantenersi fedele a se stesso, cercando una direzione originale e fortemente propria. L’arrangiamento ricorda i Verve e la voce, fluttuando tra luminosità e penombra, sfocia sorprendentemente nelle tanto amate (almeno per quanto mi riguarda) trombette beatlesiane, che sfumano in chiusura. Si tratta di una ballata catartica, senza tempo, liberatoria. Un “inno” all’imperfezione, che viene compresa e accettata.
“Ho avuto un padre, e dico un padre vero, che mi ha mostrato cosa vuol dire essere uomo, ma ho scelto di voler restare bambino, di non seguir l’esempio di nessuno. Forse ho mentito sempre o forse son troppo sincero ed ho una fragile mente o sono solo immaturo o più probabilmente non voglio pensare al futuro perché sono quasi sicuro, che sbaglierò per sempre. Ma nessuno ha mai avuto un momento migliore”.
In "Aspetterò", ad accoglierci c’è un motivetto scanzonato (all'occorrenza fischiettato), che ci trascina nel crescendo di un brano dai sentori meramente popolari e retrò, ci catapulta negli anni 60, con palesi richiami alla memoria di uno dei padri della musica leggera italiana, ossia "il mitico", Domenico Modugno.
La splendida canzone “Colpevole”, rimanda alle affascinanti atmosfere di Sufjan Stevens, con una poesia crepuscolare che si sostituisce al testo approfondendo concetti quali la presunta (o perduta?) innocenza e l’inconsistenza delle nostre giustificazioni.
“Come rami recisi dal vento buttati uno sull’altro, senza uno scopo, buoni solo a prendere fuoco. Come brucia la nostra coda di paglia”.
"Per te" inizia con un dolcissimo canto infantile, che non fa altro che anticipare l'incipit che arriveremo ad ascoltare una manciata di minuti dopo. Qui il concetto, tanto essenziale quanto profondamente vero, è in sostanza l’amore: che siano per il bimbo in questione o per un’altra persona, le liriche descrivono con estrema semplicità, la tenerezza che sta alla base dell’attaccamento sentimentale, che sottintende un certo grado di abnegazione verso l’altro, invitandoci a far riemergere in noi il sentimento più puro che esista: il donarsi incondizionatamente.
"Per te che farei? Farei tutto io, non sai cosa farei e farò per te, lo farò per te non lo sai, ma io lo so".
Per il brano “Pienamente”, ci lasciamo cullare dall’incantevole intreccio di archi in sottofondo che via via lascia il posto a timidi arpeggiatori. La linea di voce è decisamente di stampo battistiano e il testo ci suggerisce di vivere completamente le emozioni, di bruciare di passione, malgrado possano sopraggiungere anche sofferenze.
Ecco, dei tanti messaggi contenuti nell’album, per la sottoscritta è proprio quest’ultimo il più centrale, quello che in qualche modo meglio esprime il tormento dell’artista. Sulla passione, Pier Paolo Pasolini diceva che questa non ottiene mai il perdono. Persino lui non era propenso all’indulgenza, “vivendo lui stesso di passione”. Questo non significa che seguire i propri interessi sia sbagliato, ma è piuttosto un’amara constatazione delle conseguenze e dei rischi cui si va incontro, specie in un mondo più incline all’ordine, alla razionalità e (ancora peggio) all’omologazione.
Siamo sinceramente compiaciuti del fatto che Andrea Lazlo De Simone si sia dedicato all’arte e che così facendo si sia avvicinato al suo essere più autentico e spontaneo.
E mentre godiamo dello straordinario disco appena pubblicato, c’è chi sta già aspettando i suoi lavori futuri… per esempio io ovviamente.


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