Il processo mediatico sul "tradimento" di Manuel Agnelli rimanda un a quei patetici momenti degli anni '70 in cui una frangia di pseudo "duri e puri" (quasi sempre figli di papà che "Sabato in barca a vela e lunedì al Leoncavallo") reclamavano la musica gratis con interruzione di concerti e processi pubblici a personaggi come De Gregori o De Andrè, solo per citarne un paio, in nome di una generica rivoluzione che aveva da venire (e che ancora fiduciosi stanno aspettando, non più nelle piazze ma sui più rilassanti e meno impegnativi loft pagati da mami e papi). Da sempre si pretende una "purezza" nel proprio artista di riferimento. E se può avere un senso con chi è sempre salito su un palco con la maglietta del Che, molto meno ne ha con chi ha proposto nient'altro che la propria musica, lasciando fuori dai testi ideologie vecchie e nuove. Ho sempre pensato che il rock italiano degli anni '90 dovesse pagare dazio per il fatto di non schierarsi apertamente con una certa parte politica. Ai concerti del Primo Maggio e derivati ha quasi sempre dovuto accontentarsi di orari non coperti da diretta tv o della vetrina, poco più che simbolica in quanto a spettatori, del primo pomeriggio. Gli orari migliori erano riservati ai duri e puri della protesta (meglio se romani), e poco conta se poi questi personaggi avessero una vita molto più borghese di quei borghesi che dicevano di combattere nelle loro canzoni. Ma in fondo questo è il paese degli anarchici ricchi alla De Andrè (senza essere De Andrè), per cui c'è poco da stupirsi. La visibilità conquistata sul campo (cioè dopo migliaia di concerti in tutta Italia) è stata sempre usata da Manuel e soci come ariete per portare luce nel sottobosco della musica "altra" italiana. Gli esempi più rappresentativi sono sicuramente la carovana del Tora Tora e la partecipazione a Sanremo con il progetto "Il Paese è Reale".
Non mi pare nessuno abbia battuto ciglio quando il compagno Vecchioni, giusto per "citarne" uno (senza avere la pretesa di educarne cento), si è presentato al festival più amato dagli italiani con la garanzia di vincerlo. Così come all'autore de "La Locomotiva" nessuno ha mai fatto pesare troppo il fatto che pubblicasse per Mondadori e che ai suoi concerti facesse un pagare un biglietto più vicino a un live dei Muse che degli Inti Illimani. Non so se X Factor sia la tomba della musica. Per me la tomba della musica è un live club in cui un artista si esibisce di fronte a tre spettatori distratti al telefono e cento persone che non aspettano altro che parta il dj set di fine serata. Sicuramente è un programma visto da milioni di ragazzi, quei ragazzi che oggi non vanno più nei club a vedere concerti. X Factor rappresenta quella visibilità dei grandi numeri che, almeno in Italia, solo la tv, e parlo soprattutto di una tv fatta da professionisti, può dare. Non credo che nessun talent sarà mai il volano per la rinascita del rock italiano, ma certamente la figura di Agnelli, che del rock italiano è una delle figure più carismatiche e intelligenti, può quantomeno servire a incuriosire la platea dei fan di Arisa e di Sky e per il gioco dei "rimandi" dei vari Spotify e Youtube portare una nuova fetta di pubblico di fronte a una scena che paga lo scotto di avere su di sé i riflettori rigorosamente spenti. Si potrà obiettare che il talent è diseducativo ed è il modo peggiore per proporre musica in tv. Posso essere d'accordo ma questo è quello che passa il convento. Nella società di oggi "tutto corre" e X Factor non è nient'altro che uno specchio dei tempi dove "il quarto d'ora di visibilità" si riduce a 4 minuti. Vista l'impossibilità in Italia di creare uno show tv musicale almeno accettabile credo che "occupare" una poltrona "mainstream" sia comunque meglio che lasciare quella sedia a una Simona Ventura qualsiasi.
La cosa che non va giù alla gente è che ha dichiarato di partecipare alla trasmissione per portare l'underground italiano sul grande schermo quando sarebbe stato più onesto se avesse detto la verità ovvero " cari amici mi offrono un sacco di soldi".
RispondiEliminaPerdonami ma credo che le due cose non siano in contrasto. Il carrozzone di X Factor è principalmente una macchina da soldi e non vedo perchè uno che porta il suo contributo non debba essere pagato in proporzione come tutti gli altri protagonisti..
RispondiEliminaOttima analisi Maurizio, mi trovi d'accordo. Credo che in Italia ci sia sempre un atteggiamento di aprioristica purezza verso chi prova ad uscire un po' dal seminato, dalla propria comfort zone per mettersi in situazioni diverse, anche scomode, ma comunque nuove. Forse la paura di non essere in grado di fare altrettanto vince su un giudizio super partes, vince il rifiuto di "accettare ogni segnale che ti può cambiare, perché ti fa paura quello che succederà se poi ti senti uguale".
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