lunedì 6 ottobre 2025

LALADRA - DNA INDIE - RECENSIONE E INTERVISTA A CURA DI LUCA STRA PER #DIAMANTINASCOSTI


“Ieri sera ho fatto tardi, con la vita a incazzarmi” canta Susie Regazzi, voce dei Laladra, in apertura del loro ultimo singolo “Capolinea” uscito lo scorso settembre. Il progetto, che vede coinvolto Federico Poggipollini, storico chitarrista di Ligabue, ma alla sei corde anche con i Litfiba di “El Diablo”, è inequivocabilmente indie. Poggipollini ha curato tutta la parte strumentale, la scrittura dei brani e la produzione coinvolgendo la giovane e talentuosa cantante bolognese Susie, autrice di testi densi di significati che scaturiscono da un’analisi spietata della realtà. Il loro sodalizio artistico è nato in modo molto spontaneo, le due rispettive visioni musicali si incastravano perfettamente e così hanno deciso di fare un disco insieme, di prossima uscita. Tornando a "Capolinea” quel che colpisce è la schiettezza con cui vengono affrontati argomenti come la perdita di ogni relazione umana (“noi siamo nati morti dentro cazzate virtuali”), l’infantilismo egocentrico da selfie compulsivo da cui siamo affetti (“e noi siamo a curarci i no della prima elementare”/ “giro perché fa figo un video dentro alla discarica”), l’incapacità di affrontare la vita (”allergica anche all’aria”, il verso che forse ad un primo impatto colpisce di più). Musicalmente un tocco di elettronica innerva la chitarra di Poggipollini che suona consapevolmente antitetica rispetto al mondo mainstream. Il ritornello esplode con un hook di buona presa che si stampa in mente fin dal primo ascolto. La scelta di lanciare questo pezzo subito prima dell’uscita dell’album è azzeccata perché fornisce un identikit preciso dei Laladra. Abbiamo parlato con Susie non solo di “Capolinea”, ma anche degli altri quattro singoli precedenti usciti tra il 2024 e il 2025. 



- Partiamo da Capolinea che è il vostro singolo più recente, un pezzo brutalmente sincero e incazzato. La nostra società troppo viziata è arrivata al capolinea?
- Sì, sicuramente è un pezzo piuttosto diretto dove magari vado a toccare delle questioni anche un po’ delicate di questi tempi, è un po’ provocatoria. Questioni delicate anche per chi è al potere in questo momento, l’immigrazione e tutta una serie di cose. Mi sono messa nei panni di una tipologia di italiano che si sente a volte un po’ inutile, un po’ perso dentro a un mondo edulcorato in cui siamo cresciuti e poi ci troviamo in faccia la cruda verità. Siamo una generazione che ha studiato pensando di fare chissà quale lavoro e poi l’Italia è tenuta su da persone che vengono da altri Paesi e si accontentano di lavori umili. Noi siamo tutti psicologi, medici…insomma è un po’ una riflessione su queste cose dall’interno.
- Nel pezzo canti “Tornate dal Paese da dove venite”. Il paradosso che loro sono qua per servirci, noi siamo i viziati e poi vorremmo anche mandarli via. 
- Esatto. Poco fa stavo sentendo un documentario che parlava del fatto che tra l’altro in Italia non si fanno più figli e che se rimanessimo solo quelli che siamo adesso tra qualche decina d’anni dovrebbe collassare il sistema, anche pensionistico e quindi queste cose fanno riflettere quando c’è un certo accanimento da parte di certe eminenze politiche verso certe questioni, quindi c’è sicuramente da pensare anche in termini alternativi sul futuro. 
- Dal punto di vista musicale è un pezzo post punk molto d’impatto sia dal punto di vista ritmico che del testo. Il ritornello è uno di quelli che si stampano in mente e fanno venire voglia di cantarlo a ripetizione. In questo senso dal vivo vi dà soddisfazioni fare “Capolinea”?
- Allora, per ora abbiamo fatto soltanto alcuni live perché deve ancora uscire il disco completo che arriverà il 7 novembre e quindi abbiamo fatto qualche live, showcase di rodaggio, situazioni tra noi diciamo però sì ci piace molto un po’ tutto l’album, ci divertiamo e sicuramente non vediamo l’ora di andare live con tutto il disco anche in un piccolo tour. 
- Nei vostri pezzi il basso è spesso presente in primo piano, come mai questa scelta?
- Sicuramente è un elemento chiave del tipo di sonorità che abbiamo scelto con Federico. Tra l’altro è una proposta che mi ha fatto lui che si abbinava molto bene alla tipologia di testi che gli ho proposto io e era un genere che magari conoscevo meno di altri ma mi ha appassionata subito tantissimo. Io vengo più dal pop e per Federico queste sono le sue radici, la musica che ha amato fin da ragazzo quindi abbiamo sicuramente delle venature, delle citazioni anni 80 in cui il basso aveva una carica più speciale rispetto ad altre decadi.
- Diciamo che per lui è un po’ un ritorno all’underground e per te è un avvicinamento ad un livello musicale più professionale?
- Sì in qualche modo per me è un avvicinamento a delle radici che non sapevo di avere. E’ stata una scoperta.
- Invece il singolo “Offline” è un pezzo un po’ più intimista, riflessivo, una fotografia, o almeno io l’ho vista così, del naufragio di una relazione e della solitudine che nasce dal paradosso di essere sempre iperconnessi.  
- Allora sicuramente “Offline” è l’emblema di una generazione che sta cercando sè stessa, un’identità digitale. Noi non siamo cresciuti da piccolini con tutte queste cose intorno e ci si trova abbastanza spaesati e confusi su come relazionarsi rispetto agli altri, alle relazioni che passano sempre attraverso questi dispositivi. Era un po’ una ricerca quindi del silenzio, del raccoglimento e dell’ascolto di sè stessi che non ci porti a fare delle cavolate.
- Musicalmente possiamo dire che è il pezzo più pop del vostro repertorio? 
- Sì esatto anche perché “Offline” viene da un mio progetto precedente che abbiamo un po’ inglobato in questo progetto qua perché ci tenevo molto a questo brano e quindi sì ha un sapore ancora un po’ più pop, fa parte del mio passato pop. 
- Invece “Siamo tra quelli” è un brano pieno di dubbi, si affermano delle certezze che poi si mettono regolarmente in discussione, ad esempio “voglio tutto dalla vita ma non fino in fondo. O no?”. Qual è per te il valore dei dubbi nella vita?
- Sicuramente anche questa canzone è un po’ provocatoria. I dubbi sono importanti, sono fondamentali, ogni tanto chiedersi “ma dove sto andando nella mia vita?” e quindi questa canzone fa riflettere che a volte abbiamo quasi più paura di vivere rispetto a se morissimo domani, la vita a volte può sembrare veramente spaventosa in un’epoca in cui non sai mai cosa succede, magari da un giorno all’altro può cambiare tutto. Spuntano le intelligenze artificiali, ci sono cambiamenti epocali ogni anno praticamente, quindi può fare più paura che in altri momenti.
- Continuando la panoramica dei vostri singoli precedenti “E così sia” direi che invece è un pezzo sull’infrazione delle barriere, dei limiti. E canti “la notte parla, la notte insegna, il cuore ascolta”. La notte è per te uno spazio di libertà in cui si possono superare le barriere?
- “E così sia” è un po’ un patchwork di ricordi che ho di quando ero adolescente alla periferia di Bologna e di tante cose che sono accadute. Magari non lo dico esplicitamente ma per me “E così sia” è un po’ un brano per lasciar andare quel passato che non riusciamo ad accettare come nostro. Anni persi dietro a cose che magari non hanno costruito qualcosa di sensato nella vita. Però bisogna anche perdonarsi.
- Ok, invece in “Cv” canti “se vuoi il mio Cv cercalo negli occhi”. E’ una canzone su una persona che non ha nulla da nascondere perché nei suoi occhi si legge già tutto di lei?
- Io non credo molto nei curriculum in generale, in quello diciamo in senso tradizionale che hai imparato seduto a una scrivania, io credo molto nell’esperienza sul campo, nella pratica e quindi anche questa è un po’ una provocazione. Al di là di quello che uno ha studiato conta poi la passione che ci mette nel fare le cose al di là del pezzo di carta che ha preso in questo senso. Il brano è un po’ provocatorio.
- A proposito di pratica, come ti trovi nella pratica in sala di registrazione, è stata una novità per te stare in sala di registrazione o avevi già registrato album o tracce precedenti?
- Io ho sempre amato stare in studio, ho lavorato precedentemente con vari producer, col mio vecchio progetto per varie cose. Forse sono stata più in studio che in live, sono cresciuta in studio, ne ho anche uno a casa, mi piace molto come dimensione anche quando non sono da sola ma lavoro con qualcuno mi dà molta soddisfazione alla fine ascoltare un pezzo finito, mettermi anch’io dietro agli arrangiamenti, lavorare sui suoni mi piace molto. 
- Ultima domanda. Ci hai detto già all’inizio che è pronto l’album. Ci puoi dire qualcosa in più?
- Sicuramente queste cose si fanno per tempo, l’album è finito adesso aspetta solo di uscire, sono già usciti alcuni singoli, consiglio a tutti di ascoltarli in alta qualità, io credo molto nell’alta qualità. Cerchiamo di ascoltare le cose perbene ecco, ora deve solo uscire il resto dell’album e lo porteremo live.


Laladra è una testimonianza di libertà artistica per entrambi i componenti della band. Per Federico Poggipollini rappresenta una riconnessione con il mondo da cui è emerso e l’occasione per sperimentare, per Susie è l’occasione per uscire dalla propria confort zone pop scoprendo e abbracciando, come ci ha detto lei stessa, delle radici che non sapeva di avere. Insieme i due musicisti stanno dando vita, in totale libertà creativa, alla musica che hanno dentro e che, se non si fossero mai incontrati, non sarebbero forse stati in grado di far nascere. 


Intervista e recensione a cura di Luca Stra




 

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