Per dare vita ad un album, quale veduta può mai ambire a superare la bellezza di una finestra sul mare della Sardegna?
Ed è proprio cullato dal rumore delle onde e inebriato dai profumi salmastri che nell’estate del 2020 Andrea Carboni, ha scritto il suo quarto lavoro, dal titolo “Passanti, mostri e fantasmi”.
A differenza dei dischi precedenti nei quali aveva affrontato temi quali l’amore (“Due”) e la critica sociale (“La rivoluzione cosmetica”), in questo si raccontano relazioni fra esseri umani che poi ritornano su loro stesse, un viaggio che mira a mettere in discussione ruoli, decisioni, sogni, ideali, in un continuo nascere e morire di passanti, mostri e fantasmi.
Il cantautore, ci ricorda come nel corso della vita di un individuo, le persone che ne prendono parte attiva hanno un’identità propria e un’identità collettiva (e queste inevitabilmente si influenzano a vicenda).
Ascoltando l’album e leggendo i temi trattati, mi è venuta in mente quella frase in cui Fernando Pessoa, si riferiva a se stesso come un semplice osservatore anonimo della vita, che si muove senza lasciare alcuna traccia nel mondo. Considerandosi un semplice passante, nell’immaginare la propria dipartita, lo scrittore e poeta portoghese, riteneva che quanto avesse fatto, sentito o vissuto nel frattempo sarebbe svanito nel nulla.
Questa sua visione era puramente soggettiva, mentre quella dell’artista toscano è conseguenza di uno sguardo più ampio: parte dal presupposto che tutti noi siamo in qualche modo interconnessi e che chiunque possa essere trasformato in un passante: da conosciuto a sconosciuto (e viceversa), divenendo fantasma (non facendo più parte della vita di qualcuno) oppure mutando addirittura in un mostro (a causa delle proprie azioni o semplicemente perché vittima di pregiudizi).
I testi, descrivono le emozioni che accompagnano l’instabilità di certe relazioni interpersonali poco inclini alla condivisione, difficoltà descritte sia dal punto di vista di chi non lavora su se stesso per superare le proprie mancanze sia dalla prospettiva di chi si ritrova a dover scegliere tra subire in silenzio o allontanarsi dal dolore.
In queste situazioni, Andrea ipotizza ci si possa affidare al destino (“Andiamo forte”: prendi la luna, prendi da bere, io prendo il vento, prendo il silenzio. Restiamo soli ancora un po’, che forse qualcos’altro apparirà. Cade la pioggia dentro a un bicchiere, cadono stelle anche se sembrano neve. Cadono tutte le difficoltà, sembrano sabbia in una lacrima), all’istinto placato grazie ad una ritrovata consapevolezza (“Agosto”: Tornare domani, le mani sono di sabbia, cercare qualcosa dentro, tagliare la luna a metà senza fare rumore. Far cadere parole, passare più tardi. Con tutte le luci più chiare non sembrano come ieri. E’ colpa del sole, dell’acqua che cade, del tempo aspettato, di frasi affettate), rassegnandosi alla sofferenza che deriva dall’aver soffocato i propri sentimenti (“Piove dentro”), rimanendo inermi rispetto all’impossibilità di riuscire a comunicare come si vorrebbe (“Ho un tic”) o arrendendosi di fronte all’evidenza (“Non è vero”).
Nel descrivere la propria famiglia musicale, l’artista ci racconta di un cerchio composto solo da poche, ma fidate, persone: Paolo Mauri (Afterhours, Massimo Volume, Prozac+, Luci Della Centrale Elettrica e tantissimi altri) che si è occupato della produzione artistica del disco e Daniela Savoldi, che ha arrangiato e suonato tutti gli archi.
Partiti dalla scrittura del cantautore che ha inizialmente proposto una prima stesura piano e voce, Daniela ha dato vita a delle vere tessiture orchestrali che hanno impreziosito l’intero lavoro e, allestito uno studio mobile, Paolo Mauri, ha costruito tutto il resto, ricomponendo parti e intrecci pianistici, strutture delle canzoni e raffinando le melodie vocali.
“Passanti, mostri e fantasmi” è un album poliedrico, in cui le canzoni alternano arrangiamenti più complessi che virano in lievi dissonanze ad altri più essenziali che prediligono squisiti ricami armonici.
Laddove la struttura della forma canzone viene maggiormente rispettata e gli archi abbracciano le melodie vocali elevandole ad un livello superiore, non possiamo che riconoscere una marcata vena di orecchiabilità (specie in “Io te l’avevo detto”, “Agosto” e “Andiamo forte”).
La delicatezza della poetica di Andrea Carboni sa convincere perché ricolma dell’innata grazia malinconica tipica dei dipinti dei paesaggisti del Romanticismo, con i quali condivide delicatezza ed eleganza.
Parole e suoni delle canzoni diventano prima fotografie, poi immagini in movimento, affidandosi alla raffinatezza della classica contemporanea ed esplorando le profondità dell’animo umano con il tocco gentile tipico delle persone dotate di grande sensibilità.
In attesa di poter apprezzare i suoi prossimi lavori discografici, aspettiamo con curiosità di poterlo seguire dal vivo.
Nessun commento:
Posta un commento