Una dichiarazione d’amore per il rock. Questo è “Ritratto”, il nuovo album del chitarrista e compositore romagnolo Cristian “Cicci” Bagnoli. I sette brani che lo compongono spaziano tra sonorità vicine ai Dire Straits e ai Pink Floyd, dal funk del brano “Funky Mission” fino al prog degli Area in uno dei pezzi dalla struttura più complessa, “Cluster”. L’album contiene anche numerose parti orchestrali condotte da Loris Ceroni e ogni pezzo ha una sua precisa identità. Il brano d’apertura “Life” trasmette un senso di pace, ha un intro con un suono di uccelli e di campane e sembra quasi di vedere Cristian “Cicci” Bagnoli suonare a cavalcioni su una finestra aperta su un paese romagnolo inondato dalla luce del mattino. Accanto a tracce strumentali che mettono particolarmente in risalto le doti chitarristiche dell’autore, ci sono anche alcuni pezzi cantati, come “Sogni in vendita”, un inno alla libertà, in cui Cristian canta “vola più su (…) i sogni non si comprano”. Altro brano notevole è la reinterpretazione di “Lugano addio” di Ivan Graziani, in cui, senza tradire lo spirito dell’originale, il pezzo assume una veste diversa, più eterea, che ne mette in risalto l’aspetto emotivo e la chitarra si sposa perfettamente con il suono dell’orchestra. Ed è ancora l’orchestra ad accompagnare l’ultimo pezzo “New Life” che chiude idealmente il cerchio con “Life”, il brano di apertura. “Ritratto” è l’album della piena maturità di un artista che fa della musica la colonna sonora della propria vita. Abbiamo intervistato Cristian “Cicci” Bagnoli per parlare a tutto campo di “Ritratto”, ma anche della sua vita di chitarrista.
- Cristian il tuo album si intitola “Ritratto”. Ci puoi fare un autoritratto di te come musicista?
- Questa è bella (ride). Sono un mix di cose, di stili. Spazio dal blues al rock al prog e mi reputo un musicista fine, elegante.
- C’è un brano nel tuo album che si intitola “Sogni in vendita” e dice “i sogni non si comprano”. In effetti sognare è rimasto uno dei pochi spazi di libertà che ci è concesso.
- Esatto, ci hanno rubato tutto tranne i sogni, che perlomeno per adesso rimangono nostri e non ce li tocca nessuno.
- Quali sono le cose della vita che ti danno la sensazione di essere libero?
- Credo proprio i sogni e la musica, perché quando si ascolta la musica ognuno si può fare il proprio viaggio mentale, la musica credo che sia fatta apposta per creare emozioni. Quando uno ascolta un brano ti può portare chissà dove ed è una cosa molto bella secondo me.
- Il tuo album è stato registrato in analogico e il suono è molto curato. Ti consideri un perfezionista quando si tratta di creare musica o hai più un approccio istintivo ai pezzi?
- Oggi guardo a tante cose, una volta ero più smanazzone e non ci badavo troppo. Pronti e via. Invece oggi sono lì che curo il dettaglio, dico “questa cosa non mi piace”, insomma sono un pignolo. Si cambia, sarà la vecchiaia.
- Come è nata la tua passione per la musica?
- Da piccolino ascoltavo la radio, ero affascinato dal suono poi andavo a vedere i concerti nel mio paese oppure nelle zone limitrofe e poi mi sono appassionato alla chitarra studiandola poco perché non ne avevo voglia, però dopo è diventato il mio lavoro ed una passione veramente grande, una cosa bella. E quindi la musica che ho ascoltato da piccolo, magari mi facevano ascoltare i Pink Floyd o i Dire Straits e in qualche modo sono entrati dentro di me
- In “Life”, il brano di apertura del tuo album all’inizio hai un tocco un po’ alla Mark Knopfler.
- Sì vado a cadere sempre lì perché li ho ascoltati talmente tanto che ho assorbito il loro essere. Quando mi viene in mente un tema di chitarra oppure un fraseggio io lo penso così e non faccio ginnastiche sulla chitarra per far vedere cosa so fare. Non ha senso. Quindi preferisco dedicarmi alla melodia e alla musica e viene fuori quella roba lì.
- Un altro pezzo interessante è “Funk Mission”, in cui oltre al funk si sente anche un po’ di prog. Ci racconti come è nata?
- A volte come in questo caso le canzoni me le sogno di notte e cerco di portarle al risveglio. Magari dico “questo è bello e mi piace” e lo registro sul cellulare e poi magari la porto avanti. Il funky mi ha sempre appassionato, un po’ come il prog, quindi gli Area, la PFM, i Genesis, sono sempre stato affascinato da questi generi. E quindi quando scrivo un brano mi viene da scrivere queste cose o funky o come “Cluster” che è veramente prog.
- Hai collaborato con molti artisti di alto livello come Maurizio Solieri, Claudio Golinelli, il bassista di Vasco. Cosa ti hanno lasciato queste esperienze?
- Ognuno ti regala sempre, nel bene o nel male, qualcosa. Anche se sembra che non ti stiano insegnando niente invece ti insegnano qualcosa. Serve tutto. Loro hanno fatto la storia della musica e quindi qualsiasi cosa dicano è oro colato. E sono begli insegnamenti, non tutti ce li hanno, quindi è una fortuna.
- Hai fatto nel tuo album una cover di “Lugano addio” di Ivan Graziani che, come dovrebbe sempre avvenire quando si rifanno dei brani, non è la versione karaoke, ma una reinterpretazione.
- Sì l’abbiamo totalmente stravolta anche perché andare a cercare di fare quello che faceva lui è impossibile e poi non mi fregava di fare esattamente la cover e quindi l’ho fatta sulle mie corde, Loris Ceroni mi ha dato una mano con l’arrangiamento e l’abbiamo registrata con un’orchestra vera e quello fa la differenza.
- Hai militato nella Steve Rogers Band. Ci racconti qualche momento particolarmente bello, emozionante di quella esperienza?
- Sì li sono un branco, (ride) sembrava di essere in giostra. Era sempre divertimento. Poi giravamo. Me lo ricordo come un periodo felice, poi è finito tutto ma me lo porto dentro di me. Anche lì ho cercato di prendere qualcosa di positivo, è stato un bel momento della mia vita.
- Hai mai condiviso il tuo palco con Vasco?
- No no, me lo chiedono in tanti ma no, per adesso no.
- Ogni giorno nascono centinaia di nuove rockband perché, in realtà, non tutti i ragazzini ascoltano solo la trap o simili, c’è anche chi, vuoi per via di quello che gli facevano ascoltare i genitori, vuoi perché sono andati a cercarsi i classici del rock, imbraccia una chitarra, un basso o si siede dietro le pelli della batteria con poca esperienza e molta voglia di musica. Cosa consiglieresti a chi si affaccia al mondo della musica suonata oggi?
- Di darci dentro senza mollare mai perché è un mondo difficile, quindi provare, riprovare e riprovare cercando il proprio stile. Perché tutti vanno a copiare qualcosa. Credo che ci sia proprio bisogno oggi di nuove generazioni di rockband, però come dicevi tu sta vincendo l’altra categoria. Il rock è più difficile da “bucare”, però so anch’io di gruppi che stanno cercando di farcela ma è veramente difficile. Quindi mai fermarsi, continuare e crederci sempre.
- Quali sono gli spunti che ti hanno portato a scrivere “Ritratto”?
- Guarda, tutte le volte che esce un disco dico sempre “non ne faccio più”. Questo è il sesto (ride). Poi dopo io metto nel cassetto i pezzi poi li vado a estrapolare e dico “dai allora posso fare un album”. Quindi “Ritratto” è nato così, ascoltando i brani, i provini. Ho scelto un filone perché i brani erano molti di più. Ne ho scelti sette ed è venuto fuori ritratto.
- Il fatto di essere un chitarrista è un qualcosa che ti definisce in pieno come musicista o sai suonare anche altri strumenti?
- Smanazzo altre cose, magari mi viene un’idea per la tastiera e dico al tastierista “guarda cosa ho trovato”, ma non sono un tastierista. Mi diverto ad esempio a suonare il basso, se mi metto dietro la batteria faccio un po’ di casino. Quindi "suonazzo" anche altri strumenti ma non mi reputo un polistrumentista. Il mio strumento rimane sempre la chitarra.
- Ci puoi dire con chi hai realizzato questo album, chi sono i musicisti che hanno collaborato con te?
- Beh c’è la mia band che è i CC Quartet che è Marco Dirani al basso, Tommy Graziani alla batteria e Mecco Guidi alle tastiere, poi c’è anche Alberto Linari in un brano che suona sempre le tastiere. Tutto è stato diretto da Loris Ceroni che ha fatto gli arrangiamenti degli archi in diversi pezzi. Molto essenziale, non siamo tantissimi, però il disco suona bene dall’inizio alla fine proprio perché ho scelto dei musicisti che mi seguono da un bel po’.
- E’ nato live in sala prove?
- Praticamente sì, una volta provato lo abbiamo suonato live e poi lo abbiamo sistemato un po’ in post produzione.
Chiacchierata veramente piacevole quella con Cristian “Cicci” Bagnoli che, oltre ad essere un bravo chitarrista, si dimostra estremamente disponibile e non si è mai montato la testa nonostante abbia suonato con diversi big. “Ritratto” è un album autentico, nato per amore della musica, non per cercare a tutti i costi di sfornare un hit che porti fama, soldi e successo, ma per condividere le proprie emozioni con chi ascolta. Quello che conta per “Cicci” è rapporto umano, quel rapporto che molti suoi colleghi, vuoi perché stritolati dai meccanismi della discografia, vuoi perché centrati solo sul diventare qualcuno, non raggiungeranno mai.
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