Avendo una pendenza compresa tra il 40% e il 75%, le piste nere non sono di certo l’opzione ideale per uno sciatore inesperto. Inoltre, dato che di norma il fondo si presenta particolarmente difficile da “battere”, dal punto di vista discografico, intitolare un album “PISTA NERA” non può che essere una dichiarazione di intenti. Con queste premesse, il disco dei POST NEBBIA, uscito il 22 novembre per Dischi Sotterranei, assume un fascino tutto suo e, come se non bastasse, la sua stesura è avvenuta in due luoghi in netto contrasto tra loro (un appartamento in un quartiere dormitorio di Torino e una casa in una località sciistica delle Dolomiti). Il primo brano dal titolo “Leonardo” sarebbe sostanzialmente strumentale, se non fosse per una voce fuori campo che annuncia a più riprese (e sempre con maggior apprensione), che il bambino si è smarrito e attende nel rifugio Pista Nera che i genitori lo raggiungano in cima alla montagna. A prescindere dal fatto che vi stiate identificando con il bambino o con i genitori, sarebbe piuttosto innaturale non abbandonarsi alle emozioni che una situazione di questo tipo ha la capacità di suscitare, specie se il sound è perfettamente in grado di assecondare gli stati d’animo dell’ascoltatore, in un vortice sonoro che sa cullare e strattonare al tempo stesso.
Ci piace pensare che il vero intento della band sia proprio quello di invitarci a restare in questo equilibrio precario, sospesi tra esitazione, aspettative future, interrogativi irrisolti, grottesche arrendevolezze che sfiorano paradossi kafkiani. Dal punto di vista musicale, la band padovana propone un suono sostenuto da riff di chitarra elettrica e Moog, che volteggia a(ma)bilmente tra new wave, psichedelia, post punk e derive krautrock. Attraverso distorsioni, synth acidi, suggestioni ipnotiche che rimandano a Tame Impala, Folk Implosion, Talking Heads, Artic Monkeys, l’atmosfera sa farsi dilatata o sostenuta, alternando ritmiche più serrate ed incalzanti ad altre decisamente più distese.
Giunti al quarto album, i Post Nebbia hanno sicuramente abbandonato porti sicuri e confortevoli in favore di lidi ben più scomodi e perigliosi, trasudando un’indiscussa consapevolezza e un’urgenza di volersi raccontare non soltanto attraverso le proprie sperimentazioni, ma soprattutto per mezzo di parole, simbologia, metafore e immagini evocative o esplicite.
Vero fiore all’occhiello del lavoro, sono proprio i testi di Carlo Corbellini (classe 1999) che, con cognizione di causa, si fa portavoce di un profondo senso di sconforto e impotenza rispetto alle prospettive future di una società basata su denaro, apparenza, vanità (Tu vuoi una stanza piena di persone che ascoltino solo quando parli tu, che vuoi salire in cima alla piramide - PIRAMIDE), inquinamento dilagante (Mi chiedo se il sole giallo fa bollire dentro me una tazza di caffè, una tisana di catrame e polvere - GIALLO), manipolazione collettiva (Cura la comunicazione e avrai creato l’illusione di un universo che si muove – PIRAMIDE), ironia (Il prato verde dell’isola di traffico è diventato giallo. Andiamo avanti di sto passo e possiamo usarlo come semaforo. – STATONATURA) e vuoto interiore (Nessuna visione, nessuna filosofia. Non è rimasto niente oltre un po’ di benessere, impanato nella noia e fritto nella nostalgia - GIALLO).
L’intero disco è una lucida espressione del (condivisibile) disagio generazionale che, alternando sensazioni di collera e avvilimento, remissività e rancore, apatia e cinismo, percepisce chiaramente lo sgretolamento del mondo intorno a sé e l’imminente decadimento che incombe inesorabile all’orizzonte. Nei testi ritroviamo riflessioni alla Pessoa e Sartre, accenni cinematografici a “Signs” di Shyamalan, una buona dose di rabbia reazionaria e interminabili dubbi rispetto a cosa sia più sensato abbandonarsi. L’ultima canzone è “Notte limpida”, forse il testo più riflessivo e maturo dell’intero lavoro: si tratta di un condensato di quanto proposto nei precedenti brani, rivisto con una maturità e una cruda quanto disarmante visione di quanto ci circonda. Si muove tra sarcasmo noir (Per invecchiare di meno aggiungi dei conservanti), inquietudine e desolazione (Non mi rispecchio in nulla io con questa opacità. È impossibile distinguere il cielo dalla città), riflessioni crepuscolari (I tuoi migliori ricordi sono la cena dei corvi. Guardo la neve che si colora di grigio sotto gli scarichi dei pullman, alla fine della pista cosa c’è? Un modo per risalire o solo un lurido parcheggio) e, per quanto risulti difficoltoso, uno sforzo in funzione dell’accettazione della situazione attuale (In questo fragile equilibrio abita la mia identità ma non ho scelta se non accettare la realtà). Non possiamo che riconoscere ai POST NEBBIA una profonda onestà intellettuale, unitamente ad una marcata capacità di offrire un’attenta analisi del declino del nostro tempo. La loro visione, soppesata e centrata, non scade mai nella retorica e offre profondi spunti di riflessione che mirano alla condivisione di concetti comuni a tutti, a mettere in luce problematiche reali, che invitano ad una presa di coscienza rispetto alla gravità dello stato delle cose e all’esigenza di un intervento concreto e quanto più possibile tempestivo. A partire da gennaio 2025, i POST NEBBIA saranno in tour nei più importanti club di tutta Italia e rappresentano senza dubbio una realtà musicale in continua crescita artistica, una band di spessore e di indiscutibili capacità tecniche ed espressive. Tutte queste caratteristiche fanno sì che possano essere collocate tra i gruppi più significativi del panorama indie-alternative italiano.
Recensione a cura di Simona Iris Controluce
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