Ci sono artisti che restano legati indissolubilmente a certi periodi della tua vita. Personaggi, scrittori, band che segnano con la loro arte scelte, momenti, attimi, che poi sono quelli che influenzano la tua esistenza, magari irrimediabilmente. Ecco, la Bandabardò ha segnato una parte della mia strada, non so dirvi se la migliore o la peggiore ma certamente quella per cui "il cielo sembrava sempre più blu". In un periodo in cui forse avrei dovuto scendere a patti con la realtà piuttosto che lasciar spazio a sogni grandiosi conobbi la Bandabardò a un festival a Pontremoli. L'indimenticabile Grapes Wave, piccola Woodstock lunigianese capace di mobilitare circa 5000 persone a sera e di cui ricordo anche i concerti dei Gang e degli Estra. Testaroli e "cuori a metà", resero quella serata memorabile e fui letteralmente rapito dall'esibizione e da quelle canzoni che conoscevo in maniera distratta. Erano anni di "perturbazione politica" con Berlusconi, D'Alema, Dini, governi e governicchi e un G8 a Genova che stava per arrivare. Pensavamo di sapere chi fossero i buoni e i cattivi e dalla musica chiedevamo una scelta di campo e concerti del Primo Maggio con "prediche", perché la parola giusta era quella, antisistema. La "Banda" raccontava di "ubriachi che cantavano amore", di "quello che parlava alla luna", di viaggi col "vento in faccia", e dava poesia a quel periodo dove molti si costruivano una carriera per gli anni a venire contestando Berlusconi più che facendo bei dischi. Iniziando a collaborare con Contatto Radio arrivai a intervistare Erriquez in occasione del loro concerto al Pop Eye Festival di La Spezia a Giugno 2005. Tanta emozione e un quarto d'ora circa al telefono fatto di parole di cui non ricordo i contorni.
La sera, ovviamente dopo aver visto il concerto, andai a salutarlo. Era tardi, l'esibizione travolgente come al solito, Erriquez tutto sudato e solo nel retropalco con il resto della band a mangiare intorno a un tavolino. Mi presentai con l'intenzione di fargli un saluto veloce e invece mi invitò al buffet e iniziò a chiedermi del concerto e di "come erano andati". Lui che chiede a me, pazzesco. Poi arrivò un ragazzo da Genova per proporgli un progetto teatrale di cui era già a conoscenza. Pensai di allontanarmi ma Erriquez mi chiese di restare "se non devi andare via" perché ci teneva alla mia impressione. Più tardi un gruppetto di fan lo reclamò per fare delle foto e mi coinvolse nella cosa, per cui se avete delle foto della serata con uno sconosciuto assieme alla Banda sappiate che quello sconosciuto molto probabilmente sono io. Lo salutai dicendogli che le sue canzoni erano state la "colonna sonora di uno dei momenti più belli della mia vita" e lui mi ringraziò con lo sguardo di chi era felice di aver fatto qualcosa di importante per qualcuno. Gli anni passarono e l'appuntamento con la Banda rimase fisso più dal vivo che in cuffia. Ogni concerto raggiungibile lo andavo a vedere ma la musica che girava intorno era cambiata. Restavano quei concerti che ogni volta ti riportavano indietro nel tempo a una scena ancora viva e non liquida come adesso, e che forse aveva trovato verso la fine degli anni 90, e per un periodo brevissimo, l'equilibrio tra forma e sostanza. Mi chiedo se oggi una carriera come quella della Bandabardò sarebbe ancora possibile, ma faccio fatica a immaginarla. Anche nella morte un artista, che sia musicista, scrittore o attore ha poca importanza, ha il privilegio di lasciare che la sua arte sopravviva per sempre. Erriquez era uno che aveva vissuto come aveva sognato, o almeno questo è il ricordo che voglio portarmi di lui adesso, e in fondo ogni volta che compravo un biglietto per un live o un cd della Banda ero felice di finanziare quel sogno diventato realtà: se io non posso vivere come te sono felice di poterti aiutare a fare quella vita che posso solo immaginare. Sono contento di aver condiviso uno spicchio di quel percorso con lui e so che ci sarà sempre una "estate paziente" a ricordarmi di quando facevo "sogni grandiosi" non solo sotto un palco. Buon viaggio Erriquez.
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