martedì 1 dicembre 2015

Bachi Da Pietra a Riserva Indie // Ecco l'intervista di Flavia prima del live al Theremin di Massa il 27-11-2015


Ecco l'intervista che i Bachi Da Pietra hanno concesso a Riserva Indie in occasione del loro live al Theremin di Massa lo scorso 27 Novembre.
 
La metamorfosi che ha avuto il vostro progetto, dato che non siete come quando avete iniziato ad essere…
Questo non ti ricorda qualcosa di molto umano?

…Decisamente.
È un progetto pensato, nel senso che voi sapevate che volevate andare in una precisa direzione, o è piuttosto istintivo, cioè è venuto in maniera naturale?
Quando è nato non è che avessimo tutto il piano pluriquinquennale in mente, quindi no, direi che è un’evoluzione che nel tempo ha seguito le nostre inclinazioni, come per noi è naturale fare.
Forse non è naturale nell’ambito musicale tout court, nel senso che di solito un gruppo come inizia finisce, soprattutto se fa successo, noi per esempio quel problema lì non ce l’abbiamo mai avuto, non abbiamo mai fatto successo! Quindi abbiamo continuato a fare esattamente quello che ci fregava di fare e sono sicuro che continueremo. Non abbiamo remore, non dobbiamo niente a nessuno, se non a noi stessi. Per cui faremo e continueremo a fare quello che ci piace fare.

Il vostro pubblico ha seguito con voi questa continua evoluzione o c’è stata una sorta di ritrosia verso alcune delle cose che sono cambiate?
Questo è veramente un problema che io non mi pongo minimamente, so che ci sono sicuramente alcuni che si approcciano alle cose in modo puristico, in modo anche assolutistico, o semplicemente perché gli piaceva di più il prima e rispetto al nostro salto evolutivo hanno storto il naso, ma me ne frega talmente zero che non starei neanche a parlarne.

Voi siete sul palco da molti anni ormai, l’attitudine alla musica, l’essere diventata liquida, con internet e la facilità con cui se ne fruisce, secondo voi ha influito o ha cambiato anche il mondo della musica dalla parte di chi la fa, di chi la crea?
Come in tutti i cambiamenti qualcosa si prende e qualcosa si perde, non sono mai a senso unico, e anche il fatto di vivere in un’epoca in cui la musica, come dici tu, è liquida, ha dei lati positivi e dei lati negativi.
Lati positivi che sicuramente puoi raggiungere molta più gente di quanta ne raggiungevi prima, con il minimo sforzo, è anche vero che questa gente ha un livello di attenzione molto più basso rispetto a quello che avevamo noi che abbiamo iniziato ad ascoltare musica alla fine degli anni ’70, primi anni ’80 quando compravi un disco e te lo studiavi come fosse stato un testo arrivato dallo spazio, soprattutto se abitavi in provincia e quindi lo assimilavi in ogni minimo dettaglio, in ogni minima sfumatura, adesso non è più così, o almeno per la stragrande maggioranza di pubblico, la musica è una tappezzeria e in questo noi ci perdiamo perché non facciamo musica da tappezzeria, un po’ rompiamo i coglioni!
Però va bene così, cioè ognuno sceglie quello che ha voglia di sentire, di vedere, di fare, come è giusto che sia, noi non siamo un gruppo da feste di compleanno o da centri commerciali, quindi c’è un momento in cui puoi avere voglia di quella cosa o un momento in cui puoi avere voglia di un’altra cosa, quando arriva questa voglia dell’altra, ci siamo noi.

 
Una cosa molto ricercata dei vostri cd, dei vostri dischi…
Vedi, sei legata al supporto? Hai detto “dei vostri cd”, ci poniamo persino il dubbio se stamparli ancora, a parte che ne stiamo vendendo tantissimi ai concerti, perché ecco, questa è una cosa che è rimasta uguale al passato, la gente che viene a sentirti in concerto, se rimane colpita vuole portarsi a casa qualcosa di te, e tu gli dai il supporto fisico.
Il ritorno del vinile anche ha sicuramente anche questa valenza, si tratta di una superficie più ampia, poi secondo me la gente i vinili li appende al muro non li mette sul piatto, fa prima ad andare su Spotify, diventano come la testa di un alce.

…Volevo chiedervi, nei vostri lavori, sono molto ricercate le sonorità, sono sempre registrati in maniera particolare, missati in maniera particolare, sono scelte tecniche, o avete proprio voglia di sperimentare derminate cose?
Tutti i gruppi della storia del rock hanno avuto una sorta di frenesia per la ricerca di qualcosa che non si sa bene che cosa sia, e non voglio parlare di avanguardia, basta pensare ai Beatles: hanno avuto la curiosità e la voglia e poi il divertimento di provare tutto quello che i tempi gli offrivano.
I nostri tempi ti offrono, rispetto al passato, una straordinaria facilità di registrazione per esempio del digitale e se ti piace l’idea del suono, a un certo punto ti viene la curiosità di vedere come funzionavano le cose prima, è proprio anche una questione di mestiere se vuoi, e sicuramente di età. Noi siamo nati in un periodo in cui il digitale non esisteva e ci siamo formati sul gusto sonoro di dischi che non erano registrati in digitale, tutto questo di solito viene chiamato “alla vecchia”. Ci si diverte a registrate le cose alla vecchia, ci si diverte con il suono perché si suona il suono, chi suona veramente suona il suono, e un suono non vale l’altro, una canzone con un bel suono è una bellissima canzone, una canzone bella con un suono che fa schifo può essere anche brutta. Non so, sentire uno che suona i Beatles in un pianobar con un riverbero da piazza San Pietro col Papa la domenica, fuori da un bar, con la tastiera stecca, tutti acuti…Non è bella come suonata dai Beatles, però è sempre la stessa canzone. Quindi il suono è la forma e la forma è anche sostanza.

La scelta di cantare in italiano. La scelta dell’italiano riesce a influire appunto anche sul suono e sul messaggio che volete dare, la lingua è mezzo di esposizione, è uno scegliere come porsi.
Io ho l’assoluta padronanza dell’italiano, non ho l’assoluta padronanza dell’inglese, e quindi il modo per essere al massimo di quello che sono è usare la mia lingua, non posso essere al massimo di quello che sono con una lingua all’interno della quale mi muovo a tentoni o con incertezze, o non so come si pronuncia esattamente o non so se sto usando una pronuncia dell’Oklahoma o di Oxford, non sono radicato da nessuna parte, perché dovrei? Sì, per un piano commerciale di esportazione, ma probabilmente non sono tagliato per queste cose. Non escludo che un giorno proverò a fare qualcosa in inglese, però per me la musica è una forma di espressione artistica ed è una forma letteraria. All’inizio la musa era una, musica e versi erano la stessa cosa, beh non voglio andare nell’intellettualistico, però il suono di quello che dici fa parte di quello dici, se non suoni bene i versi, le pietre non si muovono, ti direbbero i greci di settecento anni prima di Cristo. E per ritornare alla tua domanda, io ho l’assoluta padronanza della cetra italica, non della cetra albionica.

 In Italia non è molto radicata la cultura di una musica, soprattutto dal vivo, così dura, così d’impatto. La mia curiosità è se qualcuno arriva per caso si ferma ad ascoltarvi?
Te lo dico per esperienza, sì.
Si ferma ed è anche bizzarro vedere come riusciamo a piacere alla gente che in realtà ascolta tutt’altro. Perché comunque rimane colpita dal fatto che ci sono due individui che fanno tutto ‘sto casino oppure se riusciva ad ascoltare il concerto dove non era disturbato dal resto delle persone in sala che parlavano poteva apprezzarci, secondo me, cioè non secondo me, è successo diverse volte, lo dico per esperienza, quindi perché porre limiti alla provvidenza, può succedere!

Intervista di Flavia

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