domenica 24 febbraio 2013

Giorgio Canali & Rossofuoco live allo Swamp Club di Massa il 22-02-2013//Recensione di Flavia



Entrati nello stanzone freddo dello Swamp Club di Massa vengo colpita da quest’uomo non troppo alto, terribilmente magro e con il viso che ricorda un personaggio disegnato sulla copertina dell’ultimo cd dei Tre Allegri Ragazzi Morti che va verso il bancone del bar. 
Eccolo lì, Giorgio Canali,che ordina il suo immancabile gin tonico. Sparisce per qualche minuto e poi sale sul palco.
La prima cosa che dice al microfono è un’esortazione a Dio incarnato in un “Sus scrofa domesticus”  per il freddo che fa. Subito dopo attacca con una cattivissima “Rossocome” che invita tutti quanti a farsi fottere con quel genio creativo della scrittura che solo Canali ha. 
Noto fin da subito la tecnica veramente sbalorditiva di Luca Martelli alla batteria. Da lì in poi la scaletta del concerto scivola via intramezzata da siparietti danzanti durante l’accordatura della chitarra di Canali ( “ché sennò c’è qualcuno che va a scrivere che Canali suona senza accordare!” ironizza). Mi sciolgo su “Mostri sotto al letto” come ogni volta che l’ascolto, per non parlare di “Tutti gli uomini” che è  uno dei testi che più amo in assoluto. Tra “Lezioni di poesia” (altra canzone che adoro) e “Lettera del compagno Lazlo al colonello Valerio” il concerto procede, arrabbiato e duro. Il pubblico non funge bene "da bue e asinello" e il calore inviato a Canali è solo in senso figurato. Questo causa ulteriori esortazioni al Cristo e lo stupore per Luca che sta facendo praticamente tutto il concerto vestito(cosa accaduta veramente poche volte). 
Giorgio Canali è uno "contro" e si vede. È uno che prende a testate i microfoni, è uno che s’incazza ancora. È un punk, c’è poco da fare. È un punk duro e puro. Un anarchico, un giusto, un partigiano. È per questo che risponde “Bravi un cazzo!” quando una fan dal pubblico li elogia per una canzone che non avevano palesemente provato, e che non crede nel finto mito del rock della finta uscita e dei finti bis, che oramai sono la normale amministrazione di ogni concerto. E di fatto ce lo dice chiaramente: “queste sono le ultime canzoni, no che facciamo finta di uscire e rientriamo.” E così ognuno si mette in posizione e si lascia sfondare ancora un altro po’ i timpani. Alla dura, alla migliore maniera che c’è: in un concerto prepotente. Così “Alealè” e “Precipito” sono tra le ultime canzoni. Poi ci saluta. E si infila una felpa. 
Esco dal locale e mi metto fuori, in disparte, dopo poco esce anche Canali a fumare una sigaretta. Lo osservo a distanza un po’ affascinata. 
La fortuna di noi miopi è che non mettiamo bene a fuoco così, ai concerti, mi metto in linea d’aria con il fonico. Cosicché durante tutto il concerto i giochi di sguardi tra band e fonico rientrino nel mio stesso campo, e non mettendo a fuoco le pupille, mi illudo che il cantante guardi esattamente me. Lo faccio da sempre, e mi piace sempre un sacco. L’ho fatto anche stavolta. Poi, però, fuori, mentre Canali fumava una sigaretta ed era abbastanza vicino da farsi mettere a fuoco.. Eccolo. C’è stato. Uno scambio di sguardi di tipo mezzo secondo. Ma io ero felice. Gli sguardi distratti sono la cosa che più preferisco al Mondo. Dopodiché lui riprende a bestemmiare contro il freddo e io mi perdo “nei fumi del barismo cordiale”.
Un live di Canali è qualcosa che consiglio a chiunque. Un suo concerto è una lezione che si potrebbe intitolare “come tenere un palco”. E nella vita capita a tutti di dover tenere un palco, a chi in senso lato e a chi in senso stretto. Canali è un maestro in ciò. 
Beh, semplicemente, grazie per questi esercizi di stile che scorrono nelle vene.
                                                     Testo di Flavia

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