martedì 31 luglio 2012

Indie-Gente di Flavia // BOB


Qualche giorno fa - mentre andavo a Parma e mi sparavo l’mp3 a mille per evitare lunghi e inutili discussioni con improvvisati meteorologi compagni di viaggio (del calibro “Caldo oggi, eh?!”) - pensavo a quanti bei gruppi ho scoperto da poco, o quanti ho riscoperto, e a quanti bei post avrei potuto fare.
E così, skippando dai Madame Lingerie a I Cani, d’un tratto mi viene in mente BOB. Non so perché, né forse voglio saperlo, ma, ecco, ho pensato che BOB fosse il personaggio giusto in questa calda, afosa, appiccicosa e sudaticcia estate.
Chi sia BOB è un punto troppo lungo da scrivere (e poi credo di aver reso manifesto quanto io sia pigra, dunque vi rimando come sempre al sito ufficiale).
Posso, grosso modo, sperare di farvi capire cosa sia BOB.

BOB sembrerebbe, o meglio inizialmente si presenterebbe, come una Factory. No, non quella di Andy, qui si tratta di zotici che, in quanto tali, si sono trovati smarriti dinnanzi al cosmopolitismo della meccanica sociale che ha come imperativo categorico il produrre, l’accrescere (le sovrastrutture del buon vecchio Karl, per intenderci). Ecco, provate ad immaginare un gruzzolo di ragazzi catapultati dopo il liceo in una grande città quale Milano. Ragazzi cresciuti con la famiglia, non per forza il cerchio di parenti, ma la “crew” per dirla all’americana: un carnevale di persone, prima che di artisti (musicisti, writers) insieme a gente di tutti i giorni che, semplicemente, vuole, dà e riceve supporto. In ogni momento in cui se ne ha bisogno: dopo una galattica ubriacatura molesta, dopo la traumatica rottura con la fidanzatina storica (e magari pure stronza) o quando in preda alle allucinazioni ti progetti tutta una giostra infinita di cazzate che lì per lì sembrano sempre le idee più geniali e rivoluzionari del secolo. Ma che poi cazzate si rivelano, come è giusto che sia.
Ecco, io non ero presente alla nascita di questa Factory, ma molto romanticamente me la immagino così. Gente spersa che incontra altra gente spersa e che si ritrovano ad essere irrimediabilmente amici.
Ma passando a meno smancerie e più zoticherie.. Che fanno in concreto questi strani tizi che girano con un faccione sulla maglia? In due parole: fanno rete. Comunicano. Hanno da dire qualcosa e lo dicono, senza grossi giri di parole. Agendo e interagendo con dei mondi artisticamente diversi e, talvolta, lontani trovano ciò che di caratterialmente comune c’è tra loro. Perché alcuni dj, alcuni cantanti indie e alcuni writers hanno la maglia di BOB, altrimenti? E perché ce l’ho anche io, persona più comune e meno artisticamente rilevante del globo? Perché il mondo è uno, la nostra generazione (sì, sono ventenni bamboccioni e sfigati, sapete ministri vari?)è una e loro stanno riuscendo a mettere in comunicazione tutti quelli che si sentono in diritto e in dovere di mandare a fanculo il capo schiavista che vuole i suoi impiegati stacanovisti “come ergastolani in tournèe ma molto più sorridenti” per dirla a mo’ di una band tanto cara a BOB.
Ecco perché era il personaggio giusto, BOB, per questa estate. Ma sarà giusto anche per questo inverno. Ecco perché BOB non ha un viso. Perché BOB sei tu. O meglio tu sei BOB se e solo se hai il coraggio di dire la tua, nel mondo in cui della tua opinione sembra non interessare nulla a nessuno. E invece conta. Eccome.

Quando penso a BOB ripenso alle scene di “Caro diario” di Moretti. Io credo proprio che questi della Liuzzo’s Factory saranno gli “splendidi quarantenni” di domani. Perché gridano le cose giuste. Perché sono con i piedi per terra, perché si prendono in giro l’un l’altro e poi subito dopo sfottono tutto il mondo come è giusto che si faccia tra amici, a vent’anni. Perché riescono ad avvicinare e accomunare i giovani in un momento storicamente importante, perché la funzione dell’oratorio, che poi è diventata quella della piazza del paese, che poi è, anzi, no: sarebbe dovuta diventare quella dei partiti politici è persa. Allora, che fare? Lasciare i giovani a perdersi dietro lo sballo sventolato dai Tg o recuperarli (che poi, per l’amor del cielo, sono delle persone assolutamente poco raccomandabili pure loro. Anzi: soprattutto loro) e farli sentire partecipi di un progetto “libero” di ogni influenza?

Ma alla fine di tanti bei discorsi vi basterà andare sulla pagina Facebook e capirete da soli che non è vera una sola parola di ciò che ho scritto in versione così tremendamente intellettualoide politicizzata. Sono degli zotici. Gretti, brutti e pelosi. Ma è impossibile non  volergli bene.
Poi, non pensare... anche noi ci ritroviamo spesso a grattarci le palle ... ma diciamo che anziché fancazzismo, lo chiamiamo momento creativo per riflettere su nuove iniziative da realizzare per svegliare sto paese.” Eccoli qui quelli della Factory. Parole migliori non potevo trovarle. Infatti non sono mie, sono di uno di loro.


                         Flavia


1 commento:

  1. per quanto riguarda il finale aggiungerei .. IL MIGLIOR EDI LORO eheheh Giuseppe

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