Ciao Giancarlo e bentornato a Riserva Indie. Esce il 5 Ottobre per Lesflaneurs Edizioni "Internet ha ucciso il rock 2", sequel di "Internet ha ucciso il rock" del 2019. Come mai l'esigenza di fare un sequel del precedente libro? In questi quattro anni sono mutate le condizioni in cui "galleggia" l'industria discografica?
L'esigenza è dettata da una volontà, sospinta anche da una parte del pubblico che ha letto il primo capitolo. Ho pensato di provare ad andare oltre e cercare delle risposte alle domande che in tanti continuano a porsi: è finita davvero per il rock? Forse sì per come lo intendiamo, ma c'è la possibilità di tornare ad alzare il livello della musica e quindi, di riflesso, favorire il ritorno di un rock sano nella cultura di massa?
La mia sensazione è che qualsiasi cosa perda "fisicità" per diventare "liquida" è destinata prima o poi all'oblio. Mentre i grandi classici del passato, anche prossimo, penso ai dischi ma soprattutto ai libri e a i film dell'era pre digitale, continuano ad avere un senso e un mercato nella loro versione fisica, le novità che sovente sono fruibili solo in versione liquida, parlo delle piattaforme di streming sia musicali che cinematografiche, sono destinate a finire nel calderone degli ascolti infiniti e gratuiti che ci fanno assaggiare tutto ma assaporare niente. La domanda è internet ha ucciso solo il rock?
Hai centrato uno dei punti chiave di questo libro. È curioso notare come l'arte creativa legata al supporto fisico e più in generale al mondo reale, è spesso più lenta da comprendere, ma quando di qualità è destinata a resistere al trascorrere del tempo. Ciò che invece si diffonde facilmente nel mondo virtuale attraverso un doppino telefonico, è destinato ad un effetto virale fugace, un fulmine di dati nato per essere offuscato da quello successivo.
In questo banchetto di "all you can eat" di materiale musicale ma non solo, a noi piace prendere e assaggiare un pó di tutto, tanto è gratis... ma quando qualcuno ti regala un prodotto la prima, la seconda e poi la terza volta, vuol dire che il prodotto sei tu, nello specifico i tuoi dati. E con quei dati ci stanno vendendo non solo la musica della giostra, ma anche serie tv, pellicole o libri spesso discutibili. Il punto è che quantomeno un libro devi deciderlo di acquistarlo, la musica oggi praticamente no. Quindi Internet non ha fatto fuori solo il rock, ma diverse forme d'arte musicali e non, a cui serve il giusto tempo per essere masticate e quindi capite.
Nel libro tratti anche della falsificazione dei dati di ascolto e streaming di un brano o album. Ricordiamo in un passato remotissimo gli incaricati delle case discografiche che "saccheggiavano" le novità nei negozi per farle salire in classifica. Oggi l'acquisto di follower e streaming è addirittura alla luce del sole. Quanto di quello che è in vetta alle classifiche ci arriva per merito?
È giusto quanto ricordi. C'è sempre stato un interesse da parte dei discografici nel favorire la crescita di una tendenza. Credo però che per quanto ci siano stati dei casi di manipolazione del successo in passato, questo era comunque verosimile. Siamo sinceri: se questo sistema anche se sporcato ci ha portato dai Rolling Stones a David Bowie, dai Van Halen ai Pearl Jam, beh io ti dico che per quanto imperfetto era un sistema niente male!
Oggi il bluff dei dati falsificati è alla portata di tutti, ma soprattutto metodicamente applicato per promuovere gruppi di showman e showgirl che fanno finta di cantare, questo con la complicità dei social media. Per dirtene una: ti sembra normale che durante Sanremo 2023, il brano di Tananai (col massimo rispetto) si sia conteso le vette delle classifiche streaming con un singolo dei Linkin Park? Magari è anche successo per un quarto d'ora, ma questa prima di Internet non sarebbe nemmeno stata una notizia. E qui torniamo agli effetti distorsivi di questo maledetto mondo virtuale e dell'effetto virale.
In uno dei tuoi racconti ci porti a Tokyo e più precisamente alla Tower Records. So sei venuto in contatto con i responsabili di questa storica catena. Parlaci di questa esperienza.
Quanto mi ha detto la Tower Records da Tokyo è qualcosa di entusiasmante, perché centra uno degli obiettivi del libro legati al ripristino di una certa cultura del possesso fisico dell'arte musicale.
Da quella parte in Giappone il mondo sembra correre in un'altra direzione, con un occhio attento a ciò che si faceva nel passato. Il Dipartimento pubbliche relazioni della Tower Records mi ha confermato quanto sia forte il potere dell'incontro fisico tra individui, reale con gli artisti emergenti, e quanto sia responsabile premiare i propri musicisti preferiti, che siano famosi o meno, con l'acquisto della loro musica. Un altro modo di concepire il consumo, distante da quello occidentale, da quell' "all you can eat" a cui facevo riferimento in precedenza. E poi fammelo dire, avere una risposta da un' isola felice come la Tower Records, oggetto di pellicole cinematografiche che hanno visto la partecipazione di gente come Elton John, Bruce Springsteen e Dave Grohl, è stato incredibilmente emozionante.
Grazie alle infinite possibilità del digitale oggi possiamo avere la musica che vogliamo in ogni momento e ambito della giornata. In fondo le playlist personali di spotify sono una sorta di musicassetta dove fino all'altro ieri ognuno di noi raccoglieva il suo personale greatest hits. Cosa suona nella tua playlist personale?
Nella mia playlist personale suona ciò che per comodità non potrei assemblare su una cassetta o su un disco. Non "rubo" spesso nuova musica, se c'è un disco che mi interessa non lo aggiungo ad una playlist, perché punto ad ascoltarlo per intero dopo averlo acquistato. Ho playlist di comodo da utilizzare mentre svolgo attività fisica, oppure delle raccolte personalizzate di artisti di cui conosco già buona parte del loro repertorio. Insomma non rinnego le playlist, cerco di consultarle con criterio, il mio, rispettando una certa etica che mi impongo, cosa non semplice.
Se internet ha ucciso il rock ma non gli ha ancora inferto l'ultima pugnalata, il mondo della musica vive una crisi profonda sia dal punto di vista editoriale che per quanto riguarda i club. Quella sorta di percorso che partiva da una recensione su una rivista per approdare a un articolo e successivamente a suonare in una serie di club in tutta italia si è interrotto da tempo. La colpa maggiore di internet più che avere ucciso il rock, è aver tolto risorse, soprattutto economiche, a quel circolo virtuoso che permetteva a artisti e band di fare esperienza sul campo e crearsi una fan base sul campo?
Sei riuscito a centrare un altro punto nevralgico del libro! C'è un capitolo dedicato all'editoria musicale e alle riviste, con una narrazione romanzata su Daniel Marcoccia, ex direttore della rivista musicale Rock Sound, attiva in Italia fino al 2010, che si è prestato simpaticamente a questa esperienza. Questo perché per provare a ripristinare gli stati di merito servono effettivamente risorse in termini economici e di idee, da destinare ad una diffusione graduale di un fenomeno musicale. Potrebbero servire sei mesi, un anno, o due, per portarti da un locale di periferia ad una rivista specializzata, e questo filtro in antitesi con Internet, serve tanto alla musica, e tantissimo, come l'ossigeno, alle rock band.
Inevitabile chiederti se dopo quattro anni sono emerse soluzioni per evitare che il delitto sia perfetto e compiuto.
Vuoi sapere se il delitto perfetto è compiuto?
Per ora ti dico di attendere la pubblicazione del 5 Ottobre :)
Grazie per l'attenzione Giancarlo e per chiudere dacci tutte le modalità per acquistare il tuo libro e interagire con te.
Giancarlo Caracciolo
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