Fino a quando ci saranno musicisti appassionati e capaci il sacro fuoco del punk rock non si spegnerà mai. E i fiorentini The Rads capaci e appassionati lo sono senza ombra di dubbio. Si tratta, infatti, di quattro musicisti con una lunga esperienza che hanno deciso di dare vita ad un progetto schietto, diretto e senza tanti fronzoli. La musica dei The Rads punta a smuovere le corde dell’anima degli ascoltatori e a risvegliare le loro coscienze intorpidite. Il primo EP della band, “Only the beginning”, uscito lo scorso 27 giugno per Blackcandy Produzioni, è la dimostrazione pratica di come si possa suonare protopunk oggi non solo in modo credibile, ma con carattere e personalità. Le radici dei The Rads affondano nel punk inglese dei Clash e in gruppi come i Dead Boys, ma l’approccio è assolutamente personale e maturo. La scrittura dei pezzi è curata nei minimi dettagli, d’altronde i quattro musicisti che compongono il gruppo, Matteo Gioli (chitarra e voce), Rino Valente (chitarra e cori), Dino Graziani (basso e cori) e Francesco Giancaterino (batteria) come detto hanno una lunga esperienza alle spalle ed è questa la loro marcia in più. I cinque brani che compongono l’EP sono una scarica di adrenalina benefica ed esaltante. La produzione praticamente live è assolutamente funzionale ai pezzi e ne esalta ulteriormente la qualità. Abbiamo parlato con Matteo Gioli di “Only the beginning” e del loro modo di vedere la musica.
- Matteo il vostro è un punk schietto con reminiscenze che vanno dai Clash a band americane come i Dead Boys.
- Certamente sì tanti ex della scena Los Angeles 77.
- Siete musicisti con molta esperienza, ho letto che avete fatto parte di band di generi molto diversi tra loro. Qual è la tua storia musicale in particolare?
- La mia storia musicale nasce con Dome La Muerte and the Diggers, o meglio avevo tanti progetti diciamo adolescenziali all’epoca tipo Thunder Road Company finchè non fui reclutato appunto da Dome La Muerte e quindi CCM, diciamo un po’ la storia del punk nostrano per la prima formazione dei The Diggers in cui ho suonato per quasi dieci anni. In contemporanea a quello sono nati altri progetti, dal country al rock n’ roll, abbiamo fatto anche un tour per l’anniversario di Folsom Prison di Johnny Cash con Bobby Solo alla voce, quindi tanta roba diversa però alla fine c’è stato un po’ un ritorno alle origini. Io personalmente ho sentito il bisogno di ritornare al volume alto e cercare di fare quel genere lì in modo più adulto, più cresciuto visto che l’ho vissuto nei miei twenties e ora che sono nei quasi quaranta ho una visione diversa nell’affrontare le stesse robe, da quello che può essere un punk di rottura adolescenziale a un punk di fuga in età più adulta.
- Secondo te gruppi che hanno sdoganato il punk per le masse, ma in realtà non sono punk ma pop con un vestito simil punk, ad esempio i Green Day, hanno fatto più male che bene al genere?
- Mah guarda la domanda casca a pennello nel senso che ho portato mio figlio a vederli due settimane fa, io li avevo già visti 25 anni fa e per quanto il loro non sia più ora un concerto punk come quando li ho visti io è stata comunque una delle cose più punk che ho visto negli ultimi anni. Hanno iniziato lanciando subito messaggi anti Trump, nonostante siano comunque un gruppo pop sotto una Major, comunque hanno mantenuto alcune delle robe importanti. Paradossalmente quel modo di lanciare un messaggio, di aggregare tramite un messaggio che è quello che manca oggi perché tutti si mettono like l’uno con l’altro ma poi manca veramente un’ideologia di fondo che unisce. E loro questo l’hanno fatto devo dire, con mia grande sorpresa e comunque un gruppo main del genere che ti dice “mandiamo a casa quei fascisti” non è da tutti.
- Parliamo un po’ del vostro EP. Il primo pezzo “Liar” ha proprio un tiro da singolo, si sente. Mi ricorda un po’ nel tipo di sonorità “I fought the law”, nella cover più famosa di tutte che ne fecero i Clash. E il vostro pezzo resta impresso nella mente già dai primi ascolti. Siete comunque riusciti a differenziare i 5 pezzi dell’EP dando un’atmosfera particolare ad ognuno rendendo più movimentato l’insieme.
- L’EP è un mini viaggio in quelli che sono stati i primi esperimenti che abbiamo fatto. I Rads sono nati a settembre dell’anno scorso, quindi nonostante le esperienze dei singoli siano di vecchia data, comunque come band suoniamo insieme da molto poco tempo e quindi abbiamo iniziato un po’ a scoprire cosa potesse venirne fuori. Non ci siamo voluti dare dei paletti, non abbiamo voluto dire “ok facciamo il gruppo punk, californiano o altro e quindi in questa prima esplorazione fai conto avendo iniziato a suonare a settembre abbiamo buttato giù subito dei pezzi nostri. Abbiamo cominciato come spesso succede con delle cover anche perché dei pezzi già conosciuti nell’ambito di un live servono anche quelli anche per smorzare i vari momenti però è stata un po’ un’esplorazione e quindi ogni pezzo dell’EP è come se fosse un seme di quello che abbiamo dentro, quindi c’è il pezzo più clashano, quello più alla X, quello più rock n’ roll quindi con il chitarrone quasi surf, c’è il pezzo più blues, ci sono tante identità e paradossalmente ogni pezzo ha un’identità specifica, ma alla fine suonano molto bene insieme. Diciamo che sono stati i pezzi che abbiamo usato per costruirci, per trovare quella che poteva essere la nostra identità. Abbiamo capito che alcuni pezzi più mid tempo come “Liar” ce li sentiamo particolarmente addosso. Abbiamo lavorato su dei pezzi con quell’identità lì. Quindi ci sono serviti come strumento per crescere, per andare avanti con quello che è il lavoro di scrittura dei pezzi. Fai conto che l’EP l’abbiamo registrato a dicembre e la band è nata a settembre. Quindi è un disco registrato molto di pancia, senza overdub, senza sovraincisioni. Volevamo una cosa che suonasse più vicina al live, non volevamo partire da una cose che fosse troppo sovraprodotta come in quei casi che uno quando va a sentire la band dal vivo sente che ci manca qualcosa. Quindi abbiamo cercato molto quella ruvidezza lì e quindi credo che sia stato un ottimo EP di presentazione, anche di quello che verrà perché comunque abbiamo altri pezzi e abbiamo già fatto i provini per l’LP che andremo a registrare penso a fine agosto per un album in uscita verso novembre per fare poi i club.
Quel che rende un gruppo di genere, come in questo caso il punk, diverso dagli altri è proprio la capacità di osare, di uscire dalla propria confort zone e proporre al pubblico un tipo di musica che resti impresso per un taglio particolare dei brani e che contribuisca a catalizzare l’attenzione. Questo sono i The Rads.
Nessun commento:
Posta un commento