La libertà. Le cene con gli amici, andare al ristorante e fare mezzanotte a tavola, andare al cinema, a teatro, al concerto di Alice di cui ho i biglietti e già rimandato due volte, mi manca viaggiare in macchina in cinque verso il mare, mi manca vedere chi mi pare, se mi pare, e quando mi pare. Mi manca ridere, non ride più nessuno. E sono molto arrabbiato: troppo a lungo noi cittadini ci ritroviamo punto e a capo, per la terza volta, ad affrontare le ondate del virus con i nostri sacrifici e le nostre libertà fondamentali limitate. Se la prima volta ci hanno raccontato che ha preso tutti di sorpresa, ma ora sappiamo che non e' nemmeno poi cosi' vero e che l'allarme e' scattato tardi, la seconda e la terza volta non e' giustificabile che si continuino a ripetere sempre gli stessi errori. Altrove non e' successo: ci sono esempi di gestione più virtuosa, meno dannosa, si e' cercato di limitare per meno tempo possibile libertà e danni economici, ma chi parla mai della Nuova Zelanda? Poi ci si stupisce se la gente affolla i centri città e i lungomare il giorno prima di diventare ancora una volta zona rossa, e se i ragazzi adolescenti non rispettano le regole a lungo (del resto, non l'hanno mai fatto). Disapprovo, certamente, ma comprendo: sono stato adolescente. Preferisco tolleranza a stato di polizia. Preferisco arrabbiarmi con chi - e siamo alla terza ondata - non ha saputo proteggere, tutelare al meglio e convincere i cittadini, invece che spaventarli. Del resto, parlano chiaro molti fatti, al vaglio delle procure da Bergamo in giù: mancata chiusura di zone rosse per tempo (un errore ripetuto dall'inizio della pandemia ad oggi), continua perdita del tracciamento, colpevole ritardo nel potenziare le strutture, ritardo nei vaccini, informazione confusa, e potremmo continuare. Con questo, io le regole le rispetto, ma se avessi l'incoscienza dei vent'anni scalpiterei parecchio. Alla mia età sono incazzato, ma non con la gente in centro: piuttosto con chi non ha saputo governare l'emergenza, con un sistema fallimentare che ha tagliato la Sanità pubblica, e anche con chi, invece di informare correttamente, va a caccia di click. E mi spaventano tutti quelli che puntano il dito contro i cittadini evocando sanzioni, e vanno a parlare con le forze dell'ordine in strada chiedendo che disperdano gruppi e facciano multe: gente che crede di essere sempre dalla parte del giusto, che ha case comode, e bei divani e terrazzi, magari giardini e genitori che gli pagano la baby sitter, gente pronta a ballare in centro perche' la Lega nel loro Comune non ha vinto, e contemporaneamente ad arraffare qualunque vantaggio personale gli si pari davanti, legale o no.
L'anno appena trascorso ha sicuramente inciso molto a livello di rapporti umani. L'impossibilità di spostarsi, anche in sicurezza, ha portato a delegare sempre più i rapporti umani alla rete e ai suoi social, tra cui l'ultimo clubhouse. Anche una misura come il coprifuoco alle 22, che probabilmente se fosse stata presa da una maggioranza di destra avrebbe scatenato ben altre reazioni, tutto sommato è accettata senza battere ciglio. Ci stiamo abituando a questa situazione?
E' questo di cui ho paura. Abituarsi alle restrizioni della libertà in nome della sicurezza. Un processo iniziato da tempo, peraltro. E, storicamente, una strategia sempre a vantaggio del potere. Poi sento Fabio Fazio in tv dire che dopo tutto questo ci sarà un'esplosione di vita, ma figuriamoci se mi consola detto da lui. Siamo costretti a subire il terrore sparso a piene pagine da giornali e tv, che danno numeri sempre in ritardo sulla reale situazione e non accennano quasi mai a una critica del sistema che ci ha portato fin qui: consiglio a tutti – visto che siamo fissi sui social - di seguire la pagina facebook del prof. Guido Silvestri e del dr. Paolo Spada, che si chiama, un po' forzatamente, “Pillole di ottimismo”, ma che fornisce giornalmente dati, numeri, grafici e commenti puntualissimi su cui basarsi davvero scientificamente. Quello che mi spaventa di questa pandemia e' la sofferenza che poteva in gran parte essere evitata, la dispersione degli affetti, dei rapporti umani, l'impossibilità di una sana ribellione. Sulla rete e' dura organizzare scioperi o manifestazioni, se poi i dissensi non portano risultati nella vita reale. E la vita reale a cosa e' ridotta, adesso? Certo, torneremo anche ad abbracciarci, ma quante saranno le cicatrici che si continueranno a vedere? Quante saranno tra i ragazzi e le ragazze più giovani? Io vedo mia madre, che ha ottant'anni, e il suo giro di amiche da non perdere. Guardandole, non mi pare si smarriscano come invece facciamo noi, e chi e' più giovane di noi e si abitua a interagire sui social: noto vere dipendenze da facebook twitter o instagram che mi stupiscono. E se penso a quanto si siano arricchiti i signori delle piattaforme social, mentre i più giovani invece non vedono un chiaro futuro, men che mai adesso, mi viene una tristezza infinita. Mi allarma il fatto che questo disastro sociale, questa apatia al limite dell'astenia, alimenti ulteriormente quella concentrazione del potere in poche mani che da almeno due decenni subiamo passivamente. Mi allarma che a capo del governo adesso si trovi un drago della banca e della finanza che si consulta con la multinazionale Mc Kinsey per il Recovery Plan, e che come commissario all'emergenza Covid ci sia un Figliuolo dell'esercito che si presenta con al petto una sfilza di medaglie. Avrei voluto altro al posto di Conte e del pur pessimo Arcuri. Ma tant'e', pare sia arrivato il taumaturgo che ha riunito quel che resta della sinistra e della destra in un governo di cui ancora non si capisce il senso. Vedremo, quando saremo tutti vaccinati, e spero entro settembre davvero, che cosa succederà. Intanto l'Italia, al momento, ha bloccato il vaccino Astrazeneca, e nessuno capisce con quanta ragione: tutti spaventati, e Draghi che tace. Se si continua cosi', tra chiusure e ritardi, cosa succederà quando il blocco dei licenziamenti sarà tolto? Vedremo chi e che cosa riaprirà e chi e che cosa resterà chiuso, in ogni senso.
La musica riesce ad adattarsi a questi mutamenti? La crescita delle piattaforme in streaming sempre più porta gli artisti a sfornare singoli, più o meno a getto continuo, per dare continuità alla loro proposta. Siamo passati ad avere con i singoli dieci volte le proposte che avevamo con gli album, e l'eccesso di proposta, specie quando per la maggior parte è mediocre, fa emergere con difficoltà le eccellenze. Manca quel filtro di riviste attendibili, di programmi radio-tv, di critici qualificati, che era almeno una barriera all'approssimazione?
La musica si e' adattata a fin troppi mutamenti. Un processo che la pandemia ha accelerato e reso più evidente. Gli artisti, chi più chi meno, si ritrovano alla canna del gas, senza poter fare concerti, però le piattaforme in streaming esistevano prima del Covid, e ora regnano ovviamente incontrastate. Non si sarebbe dovuti arrivare a poter contare soltanto sui concerti, considerato anche quanto poco vengano frequentati quelli degli artisti meno conosciuti. La musica e' finita, cantava la Vanoni, ma e' finita come l'abbiamo conosciuta noi. Chi vuoi che punti su un album, uno di quelli con una coerenza stringente come eravamo abituati ad ascoltare, ora che se ne vendono una manciata? Ne fanno ancora quelli che sono andati a Sanremo, le vecchie glorie, o le star del web, ma tutti puntano sui singoli, e' chiaro, sperando di essere inseriti nelle playlist delle piattaforme streaming, su spotify dove ormai ti rimandano anche gli uffici stampa senza neanche inviarti il disco, o di fare molte visualizzazioni di YouTube che sono diventate la bibbia. E intanto si trastullano con le dirette facebook sperando di non venire totalmente dimenticati, dirette a cui plaudono i soliti amici e che nessuno condivide mai. La quantità non va mai d'accordo con la qualità, ma alle case discografiche in asfissia cosa vuoi che gliene freghi adesso. Però, e lo sai meglio di me, la musica per gli artisti bravi e' prima di tutto una necessità, e non smetteranno mai di comporla e di suonarla anche se le difficoltà per farla emergere sono al momento insormontabili. Anche se le riviste attendibili sono praticamente morte, i critici qualificati pure anche fisicamente, e le radio e le tv spiaccicate su una sorta di pensiero unico che ha nella resa dell'industria discografica alla rete il suo livellamento principale. Gli artisti davvero bravi che non smettono di comporre se ne stanno più in silenzio sui social, ma si possono ascoltare con la buona volontà di una ricerca – proprio sul web – che non si fermi alle proposte delle piattaforme ma sia condotta con criterio: sui loro bandcamp, sui loro soundcloud. Ma la fanno in pochi. Però si può, e si scoprono meraviglie. Io lo so, perche' di questi artisti ne ho sposato uno, il 4 dicembre del 2020, in piena seconda ondata Covid. E non potevo fare scelta migliore: mi ha salvato. Eravamo in zona rossa, ma gli amici più cari sono venuti lo stesso, e le madri i padri i fratelli i cugini e gli affetti più grandi: erano tutti li'. Non abbiamo potuto fare feste o pranzi, ma la felicità si tagliava a fette, nell'aria la voglia di essere insieme, a sorridere e abbracciarsi: tutti ne avevamo bisogno.
L'esplosione di Netflix e Prime hanno fatto esplodere le serie tv che sempre più sono prodotti completi che uniscono la forma alla sostanza e nelle quali tutto, colonna sonora inclusa, è studiato al dettaglio. Questo fenomeno sta diventando quello che era la musica per gli adolescenti fino a dieci anni fa?
Non lo so cosa stanno diventando, so che la sera siamo tutti in casa, non si può andare al cinema, e la tv non e' che brilli di spettacoli decenti. Cristo, ho visto una puntata di quel nuovo varietà Rai che si chiama “Canzone segreta”: ma che roba e'? Prendi uno famoso, una Veronica Pivetti o una Franca Leosini, lo metti seduto e gli fai sentire la sua canzone del cuore e questo dice ohhhh non me l'aspettavo. Ma stiamo scherzando? Ma che idea e'? Perfino peggio del “Cantante mascherato”, almeno li' c'era del trash. Allora e' chiaro, se la musica in tv e' questa, tutti su Prime e Netflix, o su Disney a vedere WandaVision, che almeno e' una roba Marvel. Però ecco, in quasi tutte le serie le prime puntate sono accattivanti, e poi per farne sette otto o dodici stagioni si allunga il brodo in maniera insopportabile, almeno per me. Ci provo, a guardarle, ma le serie che ho portato fino in fondo si contano sulle dita di una mano, e “Downton Abbey” resta l'unica che mi ha coinvolto completamente dall'inizio alla fine. In quelle che ho interrotto, parecchie, ci ho trovato più forma che sostanza. E poi mi chiedo perche', in moltissime che vanno per la maggiore, debba trionfare sempre un disagio e un cinismo all'ennesima potenza che mi pare vada perfino oltre la realtà: alcolismo, sopraffazione, morte, corruzione, sesso, lusso sfrenato o miseria nera, tutto esasperato, tutto amplificato in intrecci inverosimili, ma senza suscitarei ne' scandalo ne' commozione. Trovo più onestà e realtà in “Law and Order”.
Parliamo dei live. Molti si soffermano sulla chiusura dei grandi club che hanno fatto passerella anche a Sanremo, mi vengono in mente The Cage o Hiroshima, e sull'impossibilità di realizzare i grandi eventi della stagione estiva. La cosa che più mi preoccupa però è la possibile non riapertura di molti circoli e circoletti di provincia che sono poi le "palestre" in cui si fanno le ossa i piccoli gruppi di provincia. Non pensi ci dovrebbe essere un intervento mirato in proposito da parte delle istituzioni per questi luoghi che, al di la della musica, hanno una forte rilevanza sociale?
Certo che si. Ma le istituzioni hanno sempre latitato parecchio: so di gestori di teatri sempre a litigare con le amministrazioni comunali per qualche spicciolo in più. Adesso si spera in ristori consistenti, e veloci, ma nessuno si fa ormai troppe illusioni. Però io mi chiedo, a proposito di Sanremo: se Amadeus che pare abbia preso 600mila euro per fare il Festival, invece di gigioneggiare nella retorica, ne usasse la metà per aprire una Fondazione Amadeus a sostegno dei club, dei circoli e circoletti dove gli artisti si fanno le ossa in modo da farli tornare luoghi dove i talent scout e i discografici vanno a scoprire nuovi talenti, invece di pescare solo da Amici e X Factor? E se Fiorello che ne ha presi 250mila contribuisse anche lui alla fondazione del suo amicone? Sarò pazzo, ma voglio dire: di artisti straricchi ce ne sono parecchi, perche' non si frugano in tasca e si inventano qualcosa per sostenere i luoghi dove si crea musica e spettacolo? Voglio proprio vedere quanti club e circoli riapriranno quando il Covid sarà finalmente sconfitto e potremo tornare a godere di concerti dal vivo. Perfino i teatri sono a rischio. Alcuni, come si sa, hanno già serrato i battenti: piccoli teatri e circoli storici. Comuni, Regioni e Stato non dovrebbero permetterlo, e certo che avrebbero dovuto approntare interventi mirati e consistenti, ma cosa vuoi sperare quando un ministro della Cultura dice che il 27 marzo riaprono i teatri e poi si diventa tutti rossi come mele Stark fino a dopo Pasqua? Se poi uno si sente preso per il culo vagli a dare torto.
Altro aspetto che si è amplificato durante la pandemia è il rapporto tra artisti, giornalisti, critici e la rete, e ne avevamo parlato anche nella nostra precedente intervista. Questo voler più parlare di musica che dedicare tempo all'ascolto mi ricorda la deriva che ha preso il calcio dove molti appassionati passano il tempo a scrivere critiche su twitter piuttosto che godersi la partita. E' una peculiarità questa che non ritrovo all'estero. Siamo un popolo di inguaribili parolai anche nella musica?
Ti rispondo con una frase del grande poeta W.H. Auden: “Come poeta - e non come cittadino - ho un solo dovere politico, quello di difendere la lingua dalla corruzione. E la cosa è particolarmente seria adesso. Quando il linguaggio è corrotto, la gente perde fede in quel che sente; e ciò, conduce alla violenza". E al disimpegno, no?
E della radio che ne pensi? Riserva Indie quest'anno non è andata in onda perchè la pandemia ci impedisce di avere ospiti e, sarà un mio limite, ma non sono portato a fare tutto da casa. Io ormai ascolto praticamente solo radio parlate e alcune cose interessanti in podcast. Ho sempre avuto l'impressione che "L'Ora del Dragone" rispecchiasse lo spirito che anima Riserva, e cioè che "la radio è partecipazione". Uno spirito che difficilmente trovo in giro. Hai nostalgia del tuo spazio e dei rapporti umani che si erano sviluppati?
Avete fatto bene a non andare in onda. E' frustrante lavorare da casa senza ospiti, a che serve? Riserva Indie e' uno spazio di libertà e di resistenza che ha senso se viene sostenuto con la partecipazione, appunto. La radio e' un media, farsi mediatore di chiacchiere serve solo se quelle chiacchiere sono politiche e forti, e condivise. Quando conducevo “L'ora del Dragone” cercavo di chiacchierare poco e passare molta musica. Nostalgia del mio spazio e dei rapporti umani? No, perche' di rapporti umani non ne e' rimasto mezzo: una volta chiuso il programma, chi li ha più sentiti i colleghi di radio, gli artisti che ho ospitato, gli addetti ai lavori che incontravo nei club, quelli con cui andavo a cena? Non ho nemmeno nostalgia del fare radio: mi sono divertito, ma a cosa sia servito alla fine, francamente, non lo so.
Non so se accade anche a te ma, sarà l'età, ascolto sempre meno musica e sempre più trovo rifugio e stimoli in un bel romanzo o saggio. Il libro è qualcosa che ancora è difficile digerire "liquido". Cosa leggi? Hai qualche testo da consigliare ai nostri lettori?
Mi accade la stessa cosa: ascolto meno musica. Non so, e' come avere davanti cento torte alla panna, non ti viene voglia di mangiarne neanche una. E' tutto cosi' bulimico e non ho voglia ne' di fare indigestione ne' di vomitare. Anche io leggo molto: ultimamente, soprattutto saggi, come “Il capitalismo della sorveglianza” di Shoshana Zuboff, “La monarchia della paura” di Martha C. Nussbaum, “Il regno dell'Uroboro” di Michele Ainis, e “La cultura greca” di Bruno Snell. Sto rileggendo per la terza volta, “Le Onde” di Virginia Woolf, forse il romanzo che più mi ha appassionato nella vita. Oltre a questi, tra i libri di recente lettura che consiglierei ci sono senz'altro “La tentazione di esistere” di E.M.Cioran, e “Padri e figli” di Turgenev.
Ho letto sui social che hai fatto la tua top ten di personaggi che avrebbero meritato il palco dell'Ariston, tra cui Serena Altavilla e Giorgieness. Sempre restando in campo musicale cosa gira oggi sul tuo piatto?
Per mia fortuna, ho accanto un compagno che sa come scovare musica bella, e il mio piatto lo gira parecchio lui. Cosi' ascolto bellezze come Gabrielle, Fiona Apple, Kara Baldus, Susanne Sundfør, Aurora D'Amico. Di mio ci metto ascolti per lo più italiani: mi sono piaciuti molto i singoli di Brando Madonia, e aspetto il suo album. Ascolto i Tersø, ho comprato il nuovo disco di Luca Urbani, quello, molto bello, dei Non Voglio Che Clara, e il vinile postumo dell'indimenticabile Giuni Russo. Senza dimenticare il costante ritorno ai grandi amori: Kate Bush, John Grant, Joni Mitchell, Sinead O'Connor, Franco Battiato e Alice.
Grazie per il tuo tempo David e la speranza è che presto si torni a quella normalità che tanto ci manca. Ti aspettiamo in radio appena possibile. Di cosa ti occupi adesso? Scrivi o ti dedichi alla musica anche se non in radio?
La musica non la abbandono, figurati che anche quest'anno mi hanno rimesso tra i giurati delle Targhe Tenco anche se non faccio più radio! Bontà loro: chissà se se ne sono accorti. Però sono tornato al mio vecchio amore che e' la letteratura, l'insegnamento, la divulgazione: ho ripreso a tenere seminari e corsi, come quello su “Gli Dei della Grecia, uno sguardo contemporaneo” che ho tenuto lo scorso novembre nella biblioteca della mia città, e ne sto preparando altri per l'autunno, sperando stavolta di poterli svolgere in presenza: uno dal titolo “Democrazia, politica, legge: l'immortale lezione dei Greci” e un altro su Emily Bronte, Emily Dickinson, Virginia Woolf e Katherine Mansfield. E a proposito di Emily Dickinson, voglio ringraziarvi dedicandovi un suo splendido verso, molto adatto ai tempi, foriero di speranza:
“Poiche' non so quando l'alba arriverà / apro tutte le porte”.
Nessun commento:
Posta un commento