Ecco "C'è assenza di gravità su questo pianeta", il decimo capitolo di "Ultimo tour sulla Luna", il romanzo di Ljubo Ungherelli pubblicato a capitoli ogni Giovedì, dal 4 Febbraio scorso, in esclusiva sul blog di Riserva Indie con licenza Creative Commons. Guy e Vicni si apprestano a suonare a Roma dove incombe la "minaccia" del famigerato Cecchia e molto altro ancora... Vi ricordo che potete ritrovare tutti i capitoli già pubblicati sulla tab dedicata al romanzo nella home page di questo blog.
Capitolo 10
C’è assenza di gravità su
questo pianeta
Mi
faceva sempre quell’effetto lì. Terribilmente sgradevole. Un moto interiore
paragonabile al venire sbatacchiato per la stiva di una nave col mare in
tempesta. Metter piede sul suolo romano era ogni volta un immane supplizio.
Avevo superato parecchi ostacoli nella mia vita. E parecchie fisime. Ma l’esser
costretto a rapportarmi con quegli individui spregevoli, e doverli assecondare
nella loro strafottente boria, era la parte deteriore di un’attività musicale
che andava espandendosi, e le opportunità offerte dalla capitale non potevano
essere ignorate per mere ragioni di legittima discriminazione territoriale.
Non
ricordavo il momento in cui il mio odio verso i romani era divenuto viscerale.
Forse durante quella gita alle medie, o per i vicini di ombrellone quando da
piccolo i miei mi portavano al mare all’Argentario. O forse a furia di sentire
quelle vociacce, in tv, al cinema, e averci a che fare ai concerti.
Quella
domenica, mi attendeva una condotta irreprensibile all’And Vedy Tea Oh, uno dei
luoghi trendy dell’indie capitolino. La quarta data del nostro tour eravamo
riusciti a piazzarla in un posto senz’altro appetibile; per di più, avremmo
aperto ai Solarium & Omicidi, gruppo giovane ma già abbastanza noto a
livello nazionale, e nella loro rivoltante patria erano assurti al rango di
divi. Tirando le somme, ci sarebbe stato un pienone.
Condividemmo
online una foto in cui eravamo di spalle, appiccicati alla fiancata della Luna
tipo uomo e donna ragno. La didascalia recitava: “Sbarcati dalla Luna sull’And
Vedy Tea Oh di Roma! C’è assenza di gravità su questo pianeta. Speriamo di
riuscire a piantare nel terreno la nostra bandierina: se ce la facciamo, vi
aspettiamo stasera per un concerto galattico! Dopo di noi, Solarium &
Omicidi.” Il messaggio subliminale era: “Preferiremmo restare così tutta la
sera piuttosto che rischiare la lebbra staccandoci di qui e mischiandoci tra la
merda romana. Vi odiamo e vi auguriamo le peggiori sofferenze.”
“Dai
che tra diciotto, massimo venti ore saremo fuori da questo inferno”, mi disse
Vicni mentre iniziavamo a scaricare la nostra roba.
“Mi
sei sempre di gran consolazione, fatina nera.”
“Recito
il mio ruolo di trista mietitrice. Tu sei quello easy e superpositivo, io la bastiancontraria per antonomasia.”
“Io
più che superpositivo diventerò sieropositivo se sto troppo a contatto con
questi lazzaroni.”
Feci
un respiro e indossai la maschera. Non quella da palombaro, con le bombole e la
muta, che pure mi sarebbe tornata comoda per restare sott’acqua, così da
scansare ogni contatto, ma quella da ineffabile cantante dispensatore di
sorrisi empatici e vagonate d’allegria.
Zavorrati
della prima mandata di bagaglio musicale, facemmo il nostro ingresso nell’And
Vedy Tea Oh. Feci un saluto convinto e generalizzato alla dozzina di persone
già presente e ci trascinammo in zona palco per accatastare la strumentazione
in attesa di istruzioni.
Il
tempo di sdraiare la custodia della chitarra e di ripartire assieme a Vicni per
il secondo round, ci venne incontro un tipo tutto scoordinato, ingobbito nel
suo metro e novanta abbondante, secco e inguainato in un piumino blu
abbottonato fino al mento. Camminava barcollando, col testone riccioluto che
ondeggiava in balia dei suoi squilibri psicomotori.
“Aò
ciao a regà, piacere, io me chiamo Cecchia”, esordì l’appendiabiti, dell’età
apparente di venticinque anni mal portati. Aveva gli occhiali e la faccia da
addormentato, col labbro pendulo e la bocca semiaperta.
“Guy.
E Vicni. Anche se potrebbe non sembrare”, buttai lì. Cecchia non abbandonò
l’attitudine da baccalà, ma purtroppo nemmeno la conversazione.
“Piacere
regà”, ribadì Cecchia, che se avesse mangiato pastasciutta con la stessa foga
con cui si mangiava le parole, sarebbe stato meno scheletrico, “io sto in fissa
p’a’ vostra musica, er disco de coppia
è ’na robba da paura!”
“Grazie,
ne eravamo convinti anche noi”, gli
risposi.
“Aò,
io stavo a fare er cronfanting, ma me
stava a scadé la carta de credito, poi ’na storia c’a’ banca, nun ve sto a raccontà,
poi aspettavo che venivate a Roma così me compravo anche er primo disco, che
quello de coppia già ce l’ho. M’a’ha
portato un amico mio che ve stava a vedé quest’estate, lui stava ar mare dove
suonavate voi, forse che v’o’o ricordate…” Biascicò un nome incomprensibile.
Feci di sì con la testa.
“Spero
che c’a’avete anche er primo disco da vende stasera, così m’o’o compro, perché
quello de coppia già ce l’ho”, ripeté
ostinato nella sua romanesca ottusità.
“Sì,
certo, tranquillo, abbiamo portato tutto, finiamo di scaricare poi
apparecchiamo il banchetto del merchandising”, gli disse sbrigativamente Vicni
per togliersi almeno per qualche minuto il suo fiato fetido dal collo.
“Qua
ce sta coso, lì, j’o’ho detto io de voi”, tartagliò ancora Cecchia, per nulla intenzionato
a mollare la presa. “Quando ho saputo che stavate a organizzà er tour co’na
data a Roma, e questi se staveno a rosicà. Aò, se ce stava er modo, penso che
era questo qua. Poi ce staveno pure li Solarium & Omicidi, che so’ li mejo
d’a’ scena romana. Erimo qui tutti insieme ’na sera, e io j’o’ho detto: famolo
’sto concerto!”
“Grazie
caro. È per merito di persone come te che 2 Dualità stanno vivendo questo
momento così speciale, di totale condivisione e scambio alla pari tra band e
pubblico. Torniamo tra un attimo”, riuscii a dirgli, dopo di che ripartimmo
spediti verso la Luna.
“Se
ho capito bene, ha detto che il concerto ce l’ha organizzato lui.” La voce di
Vicni era un misto di sbigottimento e disprezzo.
Il
successivo viaggio all’interno del locale ci regalò un piacevole scambio di
battute col promoter. Sempre col molesto Cecchia che si aggirava come un
avvoltoio intorno a noi, vedemmo apparire un manzo sulla quarantina, con pochi
capelli ingrigiti sulla testa ma allungati dietro, lo sguardo assente e un
costume di Halloween da conte Dracula come uniforme di lavoro.
“Uè
ragazzi, benvenuti all’And Vedy Tea Oh.” Parlava con accento milanese e la voce
piatta da annunciatore di stazione ferroviaria dell’hinterland padano. “Vi
hanno avvisato dei cambiamenti di programma?”
“Tipo?”,
domandò Vicni, pronta a immolarsi sulla sua inespugnabile barricata difensiva.
“I
Solarium & Omicidi arrivano dopo. Sapete, no, questa è una data speciale,
fuori dal loro tour promozionale, è la data di casa, quindi hanno accettato
volentieri di suonare, non gratis ci mancherebbe, con un rimborsino, non c’è
l’albergo, la benzina, il viaggio, gli basta un rimborsino, te capì? Però,
figa, loro arrivano dopo.”
“E
quindi?”, lo incalzò Vicni.
“E
quindi”, spiegò Rimborsino, “o fate il soundcheck adesso e quando arrivano i
Solarium fanno il loro e poi suonate voi, ed è un po’ un bel casino, oppure,
uè, è la soluzione migliore, voi montate la vostra roba senza fare il
soundcheck e lo fanno solo loro, così si evitano menate per il fonico piuttosto
che problemi tecnici durante il concerto.”
“Ma
almeno cinque minuti di linecheck
prima del concerto li possiamo fare?” Feci quella domanda cercando di non farla
sembrare una supplica. Avremmo potuto impuntarci e minacciare che non avremmo suonato
a quelle condizioni ridicole. Ma ci avrebbero probabilmente indicato la porta.
Avrebbero comunque fatto cassa coi Solarium & Omicidi, che forti del loro
massiccio seguito si atteggiavano a star a spese nostre, presentandosi all’ora
che gli pareva e costringendoci a suonare in situazione quasi emergenziale.
“Figa,
certo che potete, anzi dovete, siamo tutti qui per lavorare per il successo
della serata”, proclamò Rimborsino col portamento del miliardario che lascia
dieci euro d’obolo a un galà di beneficenza. La sua spudorata paraculaggine
dimostrava come si fosse perfettamente integrato nel tessuto sociale della
città dove s’era trasferito, assorbendo le peggiori iniquità della razza
romana.
A
tal proposito, tornammo ben presto in balia dell’insopportabilmente invadente
Cecchia, che sproloquiò su un gruppo che a suo parere aveva dei punti di
contatto col nostro. Questi tizi, diceva, erano una versione più acustica e più
elettronica di 2 Dualità, e avevano addirittura avuto il privilegio di
sentirselo confermare da Cecchia in persona, che incontrandoli prima di un
concerto li aveva accostati a noi. Naturalmente, nel suo parlottio
indecifrabile non riuscii nemmeno a intuire a quale accidenti di gruppo si
riferisse.
A
un certo punto, mi alzai. Avevo visto entrare delle persone e decisi di andargli
incontro. Erano i Solarium & Omicidi e presumibilmente gente del loro
entourage. Porsi cavallerescamente la mano a Vicni, che la prese e si alzò a
sua volta. Cecchia continuò a parlare ancora per qualche secondo, quindi, a
scoppio ritardato, tacque.
“Eccotelo,
il tuo cinghiale”, mi sussurrò all’orecchio Vicni. La comitiva avanzava
compatta su due file, come uno squadrone della morte della musica. Tazio
Bautista detto il fornicatore, l’aitante e concupito leader della band, era al
centro del raggruppamento posteriore. Era prestante, alto e robusto, un macho
come se ne vedevano davvero pochi nell’indie italiano. Aveva le sembianze di un
attore di film d’azione più che di un cantante. I capelli corti e dritti sopra,
il viso squadrato dalle mascelle agli zigomi e permeato da una barbetta
marroncina sfatta d’un paio di giorni, lo sguardo di sfida. Portava un
giubbotto di pelle, aperto su una maglia a righine bianche e azzurre, che
faceva intravedere pettorali e addominali da palestrato.
“Aò,
ce stava er traffico der ritorno d’a’a partita, amo fatto un po’ tardi, io
j’a’avevo detto a’j’artri che se sbrigassero”, venne a dirci Tazio Bautista,
staccandosi dal codazzo. Voleva perorare la sua causa, forse per stemperare
l’incazzatura che, a ragione, riteneva potessimo avere. Ci strinse la mano con
apparente affabilità. “Noi semo tifosi avvelenati e c’avemo l’abbonamento in
curva, ma sticazzi, stasera ce semo detti: annamo all’And Vedy Tea Oh e famo un
po’ de caciara come ce riesce a noi!”
“Avete
vinto?”, domandai. Quei luridi bifolchi avevano sforato l’orario del check per
andare allo stadio a fare gli ultrà. I musicisti calciofili erano una tipologia
umana che faticavo a comprendere.
“Mecojoni!”,
mi spiegò Bautista. “Sti fiji de ’na mignotta nun ce staveno a capì ’na ceppa,
li mortacci loro! J’avemo fatto ’n abbonamento premium perché annassero a vedé
la lega pro! Stanno ancora addobbati negli spogliatoi!”
“Avete
vinto”, provai a tradurre.
“Quattro
a uno, anvedi! Ma nun te crede che stamo a penzà che ce sta solo er calcio,
n’a’a vita nostra. E sticazzi, stasera s’a’a divertimo!”
Il
fornicatore, pingue di vanagloria calcistica, mi prese poi in disparte.
“Aò,
nun j’o’o dire alla donna tua, con tutto ’r rispetto: stasera ce staranno certi
pezzi de sorca che nun l’hai mai visti tutti insieme sotto ar palco. Abbello,
stamme a sentì: io e gli amici mia, er chitarrista e tutti i Solarium &
Omicidi c’avemo er diritto de prelazione. Nun te immagini quante de ’ste
bocchinare come se scateneno ner backstage. Aò, noi finimo er concerto, se damo
’na rinfrescata e famo entrà ’ste affamate de cazzo. Massimo quaranta minuti,
je damo da magnà un po’ de sborra e poi ce n’annamo a casa. A quer punto ce ne
stanno tante altre da sfamà. Basta che annate de dietro dopo che amo fatto noi,
e te la puoi spassà con una de ’ste zoccole de prima fascia!”
“Terrò
presente, grazie caro, apprezzo molto questo genere di ospitalità.”
“Che
t’ha confessato Ricky Memphis?”, mi chiese Vicni non appena Tazio Bautista, sbraitando
a destra e a manca, si avviò al check.
“Ha
detto che dopo il concerto posso cornificarti facendomi il cazzo a punta con
una delle ragazze che non scoperanno
lui e quegli altri subumani. Dice che ne vale la pena.”
“Mi
sembri possibilista.”
“Sul
cornificarti? Siamo una coppia aperta noi due, tesorino, lo sai. Tu invece, non
mi tradiresti con uno così?”
“Con
Tazio Bautista detto il fornicatore?”, si schifò Vicni.
“No,
parlavo del nostro amato fan Cecchia. Rieccolo che torna alla carica. Facciamo
pari o dispari per chi se lo deve sciroppare?”
Testo di Ljubo Ungherelli
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