giovedì 23 febbraio 2012

Pierpaolo Capovilla : Lettera al "Manifesto"

                                                                     
Cosa sia accaduto al Paese-Italia negli ultimi vent'anni, è presto detto. Dei valori democratici repubblicani non abbiamo avuto desiderio alcuno di occuparci attentamente, ognuno di noi preferendo ad essi i fatti propri e con questi, i nostri miserabili egoismi quotidiani. Ecco, cosa è accaduto. È mancata la vigilanza nei confronti degli sviluppi criminali e criminogeni di quella parte della società italiana che non ha mai avuto a cuore il benessere collettivo, e che è concretamente dovuta all'insufficienza e all'inadeguatezza dei partiti della sinistra.
Rifondazione Comunista, che non ha saputo e non ha voluto ricercare e trovare l'unità necessaria e sufficiente per rimanere in parlamento e, miope, si è arroccata nei suoi piccoli privilegi castali. Il Partito Democratico, castale per eccellenza, il cui ceto dirigente non è cambiato e non cambia mai, e la cui visione politica d'insieme non è mai all'altezza delle proprie idee originarie, delle quali ha dimenticato, strada facendo, il valore e la forza propulsiva, e che non riesce a scorgere - colpa grave e gravida di conseguenze - come la società civile italiana sia molto, ma molto più a sinistra dei suoi rappresentanti politici.
Di queste insufficienze si è nutrita la borghesia faccendiera e ladra, i bari, i prevaricatori, i mafiosi, che hanno saputo, loro sì, innalzare lo straccio del populismo e del qualunquismo a bandiera di un'Italia desiderata e voluta cialtrona ed edonista, ignorante e narcisista.
Nel caos dell'inettitudine, ecco l'incredibile vicenda del governo Monti, a dimostrare, una volta di più, come l'Italia sia il laboratorio politico più esemplare fra i paesi altamente industrializzati del mondo.
È bizzarro, ancor oggi e ancora una volta, dover constatare come proprio un quotidiano che nel suo titolo si dichiara «comunista», con tutto il peso storico politico che questo aggettivo inevitabilmente porta con sé, sia in realtà il giornale più democratico edito in Italia, dove per democrazia intendiamo il liberalismo parlamentare tout-court.
Eterogenesi dei fini! D'altro canto, la più bella e illuminata costituzione repubblicana dell'occidente è stata scritta con il fondamentale contributo del Partito Comunista Italiano, che dio l'abbia in gloria.
Lo dico con spirito polemico: il manifesto è forse l'unico quotidiano per cui il finanziamento pubblico è sacrosanto. Perché il manifesto, a differenza di tutti gli altri quotidiani che hanno creato cooperative ad hoc per beneficiare dei contributi pubblici, è edito da una cooperativa con obblighi di mutualità, il che ne fa una cooperativa vera e non fittizia. Perché non è un giornale di partito, ma di opinione: vale ancora qualcosa ricordare che il manifesto nacque dalla radiazione di un gruppo di intellettuali dal Pci, che non seppe e non volle riconoscere i fatti di Praga per quello che erano?
Perché ne va del pluralismo dell'informazione, in un paese al quarantesimo posto della classifica mondiale della libertà di stampa, oggi dominata dall'oligopolio pubblicitario.
Ma sopratutto perché, anti-borghese e comunista, il manifesto ha saputo incarnare negli anni tanto il punto di vista operaio che quello della borghesia per bene, e sottolineo per bene: perché c'è una parte del paese che, al di là delle sperequazioni sociali del capitalismo moderno, riesce a pensare alla comunità con spirito progressista, egualitario, socialista, utopistico se vogliamo, e questa parte è anche parte della nostra borghesia.
L'utopia, si sa, è un paradosso. L'utopia è, dunque, un atto di fede. Perché non ci importa niente dell'impossibile raggiungimento dell'obiettivo utopico: ciò che importa, è il percorso che ci conduce verso esso: perché coincide con la nostra vita, con la nostra quotidiana esistenza, nel qui ed ora. È ciò che chiamiamo, orgogliosi, Politica, con la P maiuscola ed in singolar tenzone con l'arte italiana di farsi i fatti propri.
Ricordo con amore una zia carissima, suora paolina, che si prendeva cura di me, un bambino povero ed introverso; comprava il Corriere della sera, e ci nascondeva dentro il manifesto, di fronte agli occhi sorpresi e perplessi del giornalaio. Comprendo solo oggi quanto negli anni bui del piombo, quello fosse un piccolo, intimo e cristianissimo gesto di libertà.

Pierpaolo Capovilla
      

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