Per i nostri dischi di fine anno abbiamo deciso di affidarci non solo al nostro staff ma anche a persone molto vicine a Riserva Indie per spirito, sensibilità e indipendenza. Ecco le scelte di Marco Valenti, curatore della fanzine Tritacarne, responsabile di Toten Schwan Records e persona molto attenta alle sonorità estreme, sperimentali e "altre" prodotte nel nostro belpaese.
Ciao Mau. Per la playlist di fine anno non è stato facile, sono uscite cose che mi sono piaciute e che ovviamente ho realizzato (a volte anche solo in minima parte) per Toten, ma era impossibile (ed anche ingiusto) posizionarle nella classifica. Ho tentennato un po' con il disco dei Putan Club che secondo me meritava di entrarvi per via della portata “storica” della cosa, ma poi ho preferito evitare fraintendimenti e facili attacchi eliminandolo. Questi che seguono sono quelli che più di altri sono stati in alta rotazione nello stereo di casa. Non c'è un ordine logico, te li ho messi in ordine alfabetico per autore, senza fare torti a nessuno anche perché ogni disco ha la sua importanza che è legata anche al momento in cui l'ho ascoltato. Eccoli.
001.AFFRANTI
“LA PAURA PIU' GRANDE”
[burning bungalow]
hardcore emozionale dal ponente ligure con una dirompente carica di aggressività ed intelligenza per un grido di ribellione che in tanti paventano ma che in pochi attuano, quando la disillusione diventa consapevolezza è il momento di dare voce agli affranti e all'importanza delle parole.
002.BOLOGNA VIOLENTA
“CORTINA”
[dischi bervisti]
non c'è bisogno di una distesa di pedali, volumi stratosferici, effettistica varia e manipolazioni in sede di mastering, basta molto meno per fare male e far pensare che la musica “estrema” ha bisogno di cuore, cervello [e un violino] e non di farsi bella perdendosi dietro ai cliché.
003.CUT
“SECOND SKIN”
[dischi bervisti]
sono passati venti anni dal primo disco ma la loro “seconda pelle” manda in culo la carta di identità e l'ufficio anagrafe, freschezza e padronanza del proprio strumento sono il viatico migliore per invecchiare con dignità e rispetto.
004.ELECTRIC KURU
“ZUGUNRUHE”
[di.notte]
neotribalismi herzoghiani e rituali sciamanici che creano un parallelo tra i Popol Vuh e un certo modo di estremismo musicale unendo la carnalità degli strumenti acustici e a fiato con l'energia dirompente di quelli elettrici, un mantra che apre strade lisergiche da percorrere e ripercorrere.
005.EUROPEAN GHOST
“PALE AND SICK”
[unknown pleasures]
postpunk? electrodark? industrial? non saprei, scegliete voi la definizione... di certo ci sono decadenza, attitudine, claustrofobia, profondità ed acume nella stesura dei testi, e sound dal respiro internazionale. serve altro per capire che è il momento di comprare il disco?
006.HARAM
“LO SGRETOLAMENTO”
[autoprodotto]
decostruzione e distruzione del suono convenzionale rivedono il concetto di musica in senso tradizionale, avanguardia estremista frutto di una follia ragionata da parte di chi vede cose che non noi possiamo percepire e cerca di renderle concrete sotto forma di suoni.
007.HIS ELECTRO BLUE VOICE
“MENTAL HOOP”
[maple death]
tutto quello che vi è sempre piaciuto della musica racchiuso in un disco solo, provare per credere, “mental hoop” è il perfetto documentario sulla musica degli ultimi trenta anni, una monografia monolitica che vi sotterrerà facendovi parecchio male, non dite che non vi avevamo avvertito.
008.HAVAH
“CONTRAVVELENO”
[maple death]
“contravveleno” in estrema e chiara sintesi rappresenta perfettamente tutto quello che i diaframma avrebbero voluto essere da grandi se solo avessero ascoltato un po' di più i bauhaus, c'è chi ci prova, gli havah ci riescono...
009.LLEROY
“DISSIPATIO HC”
[santavalvola]
il disco della maturità con cui si scrollano di dosso le tossine del superfluo, la scelta di svoltare da un percorso in cui in molti si sono smarriti è coraggiosa e farà perdere loro i facili consensi di chi di musica non capisce niente e misura solo tutto in decibel e velocità.
010.LOURDES REBELS
“LOLITA”
[aagoo]
exotic krautrock, synth e paranoia italica con cui prendere le distanze non per snobismo ma per necessità, minimalismo ed ironia, asimmetriche simmetrie e tutto quello che serve per fuggire da tutti quelli che si credono non solo parte di un movimento ma “il movimento” loro stessi.
Nessun commento:
Posta un commento