Ecco l'intervista a Daniele Sanzone,membro degli storici 'A67 e autore di "Camorra Sound"(Magenes Editore),il libro che affronta il rapporto tra criminalità organizzata e musica a Napoli e apre un forte dibattito sul silenzio di molti musicisti partenopei riguardo alla camorra e ai clan.
Daniele parliamo di
"Camorra Sound". Quando è nata l'idea del libro e come mai hai
sentito l'esigenza di raccontare il rapporto tra musica e camorra?
In un certo senso
questo libro chiude un cerchio. Si tratta di un lavoro che raccoglie le riflessioni e le esperienze
di una vita vissuta a Scampia. Il mio quartiere mi ha sempre posto delle domande, alle
quali ho cercato, negli anni, di dare delle risposte. Prima con un disco, ‘A camorra song’ io (Polosud, 2005), per sottolineare l’aspetto culturale della camorra e oggi con un libro.
Nel libro affronti la
questione dell'assenza da parte dei cantautori impegnati napoletani di una
presa di posizione forte contro la camorra. Tu quale idea ti sei fatto su
questo "silenzio", pensi ci siano alcuni silenzi che
"pesano" più di altri?
E’ un discorso
complesso perché la camorra e la nostra percezione di essa è cambiata nel tempo,
così come è cambiata la musica napoletana e la sua urgenza comunicativa. Per esempio
negli anni ’70 la camorra era essenzialmente una succursale della mafia che si
occupava di contrabbando. Un fenomeno giustificato e tollerato dalle stesse
istituzioni, perché dava da mangiare a migliaia di famiglie. Ma se questo
giustificazionismo era per certi aspetti comprensibile in quegli anni, già non
lo è più negli anni ’80, con l’arrivo della Nuova Camorra Organizzata di
Raffaele Cutolo. La faida tra N.C.O. e la Nuova Famiglia, in tre anni, conta
1500 morti. Un vero e proprio bollettino di guerra, e di fronte a questi numeri
dilaga la rassegnazione e la paura. Nessuno più può far finta di non sapere.
In quegli anni una mancata condanna pesa tantissimo e ovviamente non solo in
musica. Certo i grandi autori parlando a un vasto pubblico avrebbero potuto fare
tanto, ma questo non è avvenuto anche perché era legittimo avere paura,
soprattutto se il primo latitante era e purtroppo è lo Stato.
C'è una Napoli
musicale oggi, magari sotterranea, che resiste?
Napoli è la capitale
della (r)esistenza, altrimenti non si spiegherebbe come continua ad andare
avanti nonostante i suoi eterni problemi.
Come è cambiata la
scena musicale "resistente" negli ultimi 20 anni?
La musica degli anni
novanta era ideologica e legata a una rete, quella alternativa dei centri
sociali, con la quale dialogava. La musica degli anni zero invece è più
disillusa e nasce dal bisogno di parlare alla gente del rione. È il
racconto di chi vive in periferia subendo la presenza de ‘o sistema.
A questi artisti non interessa parlare all’Italia, non a caso usano un
linguaggio, spesso, incomprensibile anche al resto della città. La
società cambia e di conseguenza anche la musica
che ne è il riflesso.
In "Camorra
Sound" ci sono molte interviste a personaggi famosi non solo napoletani. Pensi
che sia possibile capire il fenomeno camorra per chi non lo vive sulla propria
pelle?
Grazie alla rete e al
successo di Gomorra credo che oggi chi ha voglia di approfondire lo possa fare
facilmente. L’importante è scegliere bene cosa leggere e non avere pregiudizi.
Se poi si vince la paura di farsi un giro a Napoli, allora siamo sulla buona
strada.
La scena hip-hop
ritieni possa contrastare tra i giovani il messaggio"ambiguo"di molti
dei neomelodici?
Ne sono convinto anche perché
oggi il rap è la musica dei giovani per eccellenza, ma spesso anch’essa è
portatrice di messaggi ambigui come il gangsta rap nostrano. Stranamente a
Napoli il rap si sta (con)fondendo proprio con la neomeldia. Sono diversi gli
artisti hip hop che collaborano con i neomelodici, ma questo non è un male
anzi. Bisogna solo capire quali sono i messaggi che passano. Purtroppo il più delle
volte c’è l’esaltazione di una vita fatta di belle auto, donne e soldi.
Nella discussione
aperta col libro come collochi la musica degli A67?
Gli
‘A67 forse hanno
aperto – come racconta Roberto Saviano – una nuova stagione d’impegno
sociale,
che non è più quella politica del movimento posse, ma una vera e propria
militanza di racconto. Un racconto che nasce dal di dentro delle
periferie. Siamo stati il primo gruppo a dedicare un intero
disco al cancro della camorra, ma fortunatamente c’è stato pure chi
prima di
noi aveva affrontato il tema come Maurizio Capone.
Hai qualche nome da
suggerirci di artisti dell'area napoletana che per il proprio impegno civile
meritano attenzione?
Intervista di Maurizio
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