“Posta da far male” è il mio dodicesimo romanzo. Un romanzo
epistolare. Un romanzo di rottura. Sviscerate ampiamente le tematiche
relative alla cosiddetta “periferia esistenziale”, esploso in ogni
intonazione possibile ed immaginabile lo “Scream of consciousness”, il
mio nuovo lavoro prende le distanze dal passato, per assecondare il
desiderio di cambiamento, che da sempre mi porta a non fossilizzarmi su
certezze già acquisite e pertanto prevedibili.
A testimonianza di ciò, “Posta da far male” è un testo leggero, scritto
in una prosa semplice e priva di imponenti paginoni introspettivi, uno
dei miei marchi di fabbrica nel periodo 2001–2008.
Quando ho iniziato a concepire l’idea di un nuovo romanzo, già nella
primavera del 2011, avevo la ferma intenzione di lasciarmi tutto alle
spalle. Fanculo la nostalgia, fanculo i discorsi tipo “si stava meglio
quando si stava peggio”. Non sono la stessa persona di cinque o dieci
anni fa, non voglio fare le stesse cose di allora, men che mai sul piano
artistico.
Non mi dilungo in questa sede. Per ulteriori delucidazioni, vedasi la
nota di edizione, liberamente scaricabile con licenza Creative Commons,
così come il romanzo stesso.
Un cambiamento è in atto, non so bene dove mi porterà, ma sento di
beneficiare di questo afflato di novità. È un discorso a più ampio
raggio, nel quale ovviamente rientra la ripresa della mia attività di
scrittore, qui in oggetto.
Oggi è un giorno importante per me. “Posta da far male” rappresenta
senz’altro una decisiva tappa d’approdo per la mia voglia di rimettermi
in discussione e sfuggire alla banalità ed alla routine. Spero venga
letto e apprezzato, nonché compreso, specie da chi era abituato alle mie
vecchie cose.
Le quali, peraltro, restano parte della mia vita, sono a disposizione di
chiunque voglia leggerle, e rappresentano degnamente l’onnipotenza
letteraria degli anni d’oro.
Io, però, guardo sempre avanti. Il futuro è ancora tutto da scrivere… Ljubo
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