mercoledì 11 marzo 2015

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Sono già passati tredici anni dallo scioglimento della tanto compianta band USTMAMO’.… venticinque dalla nostra formazione, son numeri e anni sulle mie spalle, niente è più come prima. Dopo che ci siamo sciolti ho cercato per diversi anni la maniera per continuare, per ridare un significato sincero alle parole e alla musica.
Da giudizioso essere canterino, per me le parole son molto importanti e fanno la differenza. Non riuscirei a cantare qualsiasi cosa e lungi da me la lingua inglese, che non mi appartiene davvero nonostante la insegni da vent’anni ai miei disgraziati studenti.
A me la forma canzone piace parecchio, soprattutto il cantare italiano classico, con belle melodie strofe e ritornelli che tornano.

Così mi riaccosto alla favolosa canzone popolare per farmi insegnare come si dicono le cose, come ci si commuove raccontandole. Ricomincio da lì.
Cantare anarchico e partigiano è ancora più profondo, perché è cantare di popolo oppresso che rivendica il proprio onore, la propria libertà di volere campare dignitosamente.
Ecco che il canto assume forma sociale e politica, pur non essendo io davvero mai stata fedele a nessun partito, continuo a sperare in un vivere civile e democratico, dove ognuno sia strettamente responsabile per sé ed il mondo che lo circonda.
Oltremodo efficace il calore degli strumenti acustici suonati semplicemente senza orpelli, davanti a poco pubblico esterrefatto (i nostalgici degli UST) e davanti a tanta gente che non sa chi sono. In trio, formazione elastica ideale anche per girare in auto familiare con l’impegno del contrabbasso.
Fuori dai circuiti discografici ormai inebetiti dal mercato impazzito e da ascolti di massa che non rispondono più a nessuna regola.
A me sembra che vada bene così.
Un saluto accorato a tutti quelli che continuano ad essere curiosi e storditi da queste mie peregrinazioni!..
Mara Redeghieri

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