domenica 2 settembre 2018

"FARE TUTTO IN UNICO CONCERTO" / COSMO LIVE AL BEAT FESTIVAL DI EMPOLI IL 26.08.2018 - TESTO E FOTO DI ALESSANDRO HICKS


"Fare tutto in unico concerto". Finisce così l'intro del primo pezzo del live - ndr "Bentornato" - prima di aprire sulla folla una pioggia di coriandoli sparati in alto da due diffusori posti al di sotto del palco. Sono il beat, il sudore, il ballo, la cassa dritta a caratterizzare "Cosmotronic". Persino il tempo è totalmente rivolto sul presente. Non è il passato o il futuro a governare ogni singolo dettaglio dello spettacolo, quanto un eterno "adesso" restituito al pubblico con urgenza grazie alla spinta emotiva di ogni canzone.


"Cosmotronic" ha consentito a Marco Jacopo Bianchi di crescere moltissimo sul palco. Prova ne sono la precisa scelta di gestire le parti cantate, in modo da non sovrapporle all'utilizzo delle macchine - come per altro già ribadito in numerose interviste in occasione dell'uscita dell'ultimo album - e quella di dedicare all'improvvisazione la parte centrale dello spettacolo.



Il set è minimale quel tanto che basta a ricostruire il mood da club; due percussionisti che suonano tom e pad e un banco sul quale fra un intermezzo vocale e l’altro vengono avviati i loop e il resto. Grazie a questo cambio di direzione, in questo tour, il contatto con il pubblico si è fatto più intenso, persino necessario. Il rituale del rock consumato al suono di una cassa dritta e loop che girano senza sosta e di parti strumentali che stavolta appaiono più stratificate ed elaborate rispetto a quelle presenti nel tour de "L'Ultima Festa".


Dentro al suono del musicista di Ivrea si possono scorgere l'attitudine "trance" à la Robert Miles di "Dreamland" mescolata sapientemente con la tradizione techno e progressive. Cosmo da sotto palco è un tutt'uno con il suo controller e il synth modulare, un direttore d’orchestra in grado di gestire esattamente i "piani" ed i "forti" della sua musica. Uno sciamano del clubbing che prende per mano la folla per poi spingerla senza preavviso verso il limite.


Testo di Alessandro Hicks

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