La
recente notizia di un Vasco Rossi "fresco di lettura" di "Così parlò
Zarathustra" per il suo singolo "Dannate nuvole" non mi può certo
lasciare indifferente, uno perché si tratta del sempre qui
presente/assente Nietzsche, due perché si tratta, comunque la si pensi,
del più importante e, quanto meno, popolare cantautore in circolazione,
ma soprattutto perché la relazione tra i due meriterebbe di essere
analizzata alla luce dell'influenza pop che certi autori/filosofi
esercitano così frequentemente dall'avvento del postmoderno (1979) a
oggi. Qualche esempio? Benigni con Dante, i Negramaro con Carmelo Bene,
Morgan con i poeti maledetti, Capovilla e Toffolo con Pasolini, Woody
Allen e Nanni Moretti con Freud. Può bastare la parola "reading" a far
rabbrividire. Bianconi che legge tizio, Manuel Agnelli che legge caio e
chi legge sempronio? Ligabue ovviamente (se Fazio permette). Chiunque
parla di Chiunque come se Chiunque conoscesse Chiunque (un po' di
Schopenhauer non si nega a nessuno), chi per divulgare alle masse incolte
il verbo, chi per sbandierare al mondo intero le proprie colte letture.
Ma lungi da me la solita stanca critica al consumismo e alla
mercificazione del pensiero. Infatti è vero: la cultura è carta igienica
ed è giusto (ci mancherebbe...) che ognuno possa usufruirne come e
quando vuole, a seconda dell'urgenza ovviamente. Tutto è pop. E vai con
l'ennesimo film su Pasolini, per la gioia di Fulvio Abbate, o su Hendrix
o Lennon (che tanto sono stati tutti e tre assassinati). "Fellini,
Talking Heads, Scorsese e Maradona" (ipse dixit), ma Céline, Renzo
Arbore e Proust dove li ha lasciati?
Ebbene sì, bisognava aspettare il
remake della "Dolce vita", per riportare gli Stones a Roma, e chissà,
magari Mick e Vasco si incontreranno (tra colleghi di stadio) per
disquisire sui massimi sistemi da Bulgakov a "L'anticristo", ovviamente
con Polanski, Von Trier starà a guardare. Battiato con Sgalambro non è
stata forse la sintesi più efficace dell'incontro postmoderno tra pop e
filosofia? Ma ormai l'hanno capito anche Vattimo e Ferraris, la
questione è seria. La filosofia diventa (o lo è sempre stata?)
consolatoria, nuovo/vecchio oppio dei popoli, o meglio il D'oppio-fondo
della storia. Tutti i libri sono solo libri tra i libri, ovvero carta da
culo, ovvero fondamentali, oltre che utili, non mi si fraitenda. E'
forse un caso che dopo masterchef ci sia masterpiece? Tutto è già
consumato, consunto, più cagato che digerito. E non basta più "un pugno
di libri" ma piuttosto una "grande abbuffata" più che una "grande
bellezza". Ma questa è solo la realtà come appare. In fondo chi sa
veramente quello di cui sta parlando? So forse io quello di cui
sto scrivendo? In fin dei conti mi verrebbe da dire che spesso è meglio
tacere, stare fermi e pensare di più a smettere di pensare.
Testo di Jordan Giorgieri dei Doppiofondo
Veramente era proprio quello che si voleva confermare...
RispondiEliminaComunque mi sembra piuttosto pretestuoso come commento: è come indicare la luna e soffermarsi sul dito.
RispondiEliminaConsiderando pure la citazione come pertinente, il ruolo del dito che indica è talvolta ingiustamente sottovalutato.
RispondiEliminaCerto, certo, certo.
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