Mentre ascoltavo Ferretti, ieri, al festival Anteprime a Pietrasanta, non riuscivo a pensare ad altro se non a questa frase. Senza gli schiaffi di Moretti in Palombella rossa, ma presupponendola come assioma fondamentale e fondante di una cultura che stiamo perdendo, di un’umanità che stiamo perdendo, di una socialità che stiamo perdendo.
Giovanni Lindo Ferretti lavora con le parole da una vita. Prima nei CCCP, poi nei CSI, poi ancora nei PGR e infine scrivendo su di una rubrica dell’Avvenire (SIGH!) e altre collaborazioni.
Certo, non sono più le parole di Curami, Emilia Paranoica o Amandoti, ma non sono nemmeno parole completamente nuove. Perché, nonostante sia passato da virgulto giovane “contro” a sessantenne reazionario, la potenza delle immagini narrative che vengono fuori dai suoi racconti è un qualcosa che permea la sua essenza stessa. Si potrebbe dire che l’immagine si fa parola, non come al giorno d’oggi dove la tecnologia ci ha imprigionato in una gabbia dorata e “social” in cui la parola è un surplus ad una foto o una qualche immagine.
Parlando della propria infanzia Ferretti ha fatto trasparire il perché di tanta potenza materiale all’interno delle sue parole. L’idea di mondo esterno al piccolo paese di Cerreto Alpi, nella sua infanzia, era un’ idea completamente orale. Si avevano foto, si avevano testimonianze dirette, ma il mondo veniva raccontato. C’era una dimensione materiale, certo, ma non propria del soggetto ricevente la narrazione. Le storie e i racconti di questo mondo lontano (le Americhe, l’Australia, o semplicemente altre zone d’Italia) venivano ricevute dai parenti o conoscenti che vi erano stati, ma non vissute in prima persona.
Quando poi Ferretti ebbe la possibilità di toccare con mano quella che era stata una dimensione intangibile viene a specchiarsi con una realtà che, incredibilmente, non si scontrava affatto con le parole che l’avevano, fino ad allora, descritta. Ferretti poteva felicemente scoprire una connaturata assonanza tra l’oggetto e il soggetto. Credo che questo imprinting ad una descrizione fedele della realtà sia permeato in Lindo e gli abbia permesso di esprimersi alla maniera giusta nei suoi testi.
Il libro che ha presentato sarà fortemente autobiografico, una specie di occhio sul mondo, da parte di qualcuno che vive alquanto fuori dal mondo. Per capire quanto basti sapere che Ferretti (che, abbiamo scoperto, parla a se stesso chiamandosi per cognome) si è accorto qualche mese fa che un certo Steve Jobs ha completamente cambiato la vita, la routine giornaliera, di quasi tutti noi.
Nonostante abbia rivendicato con un certo orgoglio la sua appartenenza politica e la sua logica, da buon cattolico, contraria all’aborto (che son cose che a me fanno sempre un po’ male al cuore) Ferretti è sempre un personaggio e una persona degna di nota e che, nonostante il discutibile taglio di capelli, merita un’attenzione particolare.
Anche se a me piaceva con il crestone sopra di sé e i demoni dentro di sé.
Testo di Flavia
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