Esistono gli animali da palcoscenico, star che con naturalezza cavalcano la scena, e poi ci siamo noi, che dalla platea facciamo di quegli animali degli eroi, i nostri eroi. Questo è Animali da parterre, io sono Denise e stasera vi porto con me al concerto dei Meganoidi.
Ore 23.15, hanno appena finito di suonare i due gruppi di apertura della serata. Direttamente da Piacenza Il Fattore Rurale e La Polveriera da Verona. Oggi si festeggia il compleanno del Jack rabbit, uno dei locali di riferimento della città di Massa. Tra poco si esibiranno i Meganoidi con una formazione ridotta al minimo per questa serata acustica. Lo fanno spesso di intervallare il tour elettrico con alcuni show chitarra e voce. E un’abitudine che hanno preso da quasi cinque anni, quando i tempi di restrizioni obbligavano a reinventarsi diventando poi un modo per riuscire a portare la musica anche dove uno spettacolo elettrico non può arrivare. Certamente una scelta aggregante, per me la prima volta che li vedo in questa forma. C’è parecchio movimento, la gente è ancora sparpagliata; il locale, abbastanza contenuto, si propaga però in un labirinto di scale esterne dove i ragazzi amano prendere posto riuscendo a guardare comunque dentro grazie alle vetrate che lo circondano. Piano piano si avvicinano nel brusio, è quasi il momento. Qualcuno ha appena preso un cocktail e si appresta a gustarlo davanti al palco. C’è chi non li conosce i Meganoidi, forse per età o accompagnati da fan di vecchia data, c’è chi come me li ha seguiti parecchio negli ultimi anni e sorride ricordando i tempi di un’età più spensierata, come se essere lì concedesse il lusso di un illusorio viaggio nel tempo. Due sgabelli alti, due aste, cinque plettri azzurri attaccati con del nastro adesivo, due calici di birra a terra, una chitarra e una sola scaletta. “Tanto non ci vedo” dirà poco dopo nella penombra e strizzando gli occhi il frontman con spiccato accento genovese.
All’anagrafe Davide di Muzio, voce della band, si farà guidare nell’esecuzione della scaletta da Luca Guercio, che questa sera ha abbandonato la tromba per impugnare la chitarra. Si parte tranquilli con “Ora è calmo il mare”, segue “Delirio Experience” la storia divertente e preannunciata di un cocktail venuto male per colpa della violetta, ed è gia l’ora di “Meganoidi”. Mancano le trombe e Luca ci chiede di andargli in soccorso tenendo il ritmo con la voce: la quarta parete è rotta, ci hanno già conquistato al terzo brano. Davide fatica a star seduto, le gambe fremono, si vede che la dimensione acustica gli sta stretta, ma la gestirà a modo suo, cantando in piedi per quasi tutto il resto della serata. Dopo “Condizione” la prima canzone d’amore della serata, una dichiarazione d’affetto per il pubblico, “Mia”. Ci accolgono e abbracciano ad ogni brano, raccontandocelo un po’, presentandolo, dedicandolo. “Accade di la” ci riporta con i piedi per terra a fare i conti con la responsabilità di occuparci anche di ciò che sembra non toccarci. E poi “1982” e si diventa grandi, nel tempo di un ghiacciolo che si scioglie. Ci raccontano di aver fatto pace con la polizia municipale anche se “Supereroi” riesce a infiammare la platea anche in acustica. La scaletta ha ancora in serbo un paio di canzoni prima di arrivare a un brano del 2000, ora cantato in parte in italiano in una versione che ricorda gli Empire of the sun, è “King of ska” che i suoi anni se li porta ancora bene. Dalla platea, sulla scia dell’ amarcord, una voce sovrasta le teste intonando “Mi ricordo di te...”. Al coro si uniscono altre voci.
Davide sorride, arrossisce e si unisce al coro, è “Nazigoliarda” una canzone brevissima dell’album “Into the darkness” del 2000: non è certo un brano da live ma è un segno distintivo di appartenenza “io ti conosco, io c’ero” sembra dire quel coro improvvisato. Arriva “Gocce” colonna sonora del film “Il mio compleanno”, e sulla scia struggente si esibiscono con il penultimo brano, “Zeta reticoli”. “Brucia ancora” dicono. Già, come 25 anni fa, sono sempre gli stessi e noi questa sera ci sentiamo ancora come all’epoca ma sappiamo che se brucia ancora è perché siamo tutti cresciuti e cambiati ma allo stesso modo, dalle stesse radici, seguendo gli stessi valori. “Illuminando ogni brivido, se ti accorgessi che io ti curo” dice l’ultima canzone. Si intitola “Ogni attimo”. “Prendetevi cura delle persone che amate perché è l’unica cosa che conta”. Con questa frase concludono il concerto. 28 anni di musica sulle spalle combattendo contro tutti i nemici del male, ci parlano oggi di amore e di cura. Sembra di esser finiti in cerchio cantando alla festa di un amico testi che non passano mai. Davide allarga le braccia e poi le incrocia al petto come se volesse conservare dentro di se un po’ si quell’energia che dal pubblico gli stavamo rimandando. Ringraziano tutti con la gentilezza delle prime armi e la grandezza di chi sa cosa vuol dire prendersi cura della propria storia, delle parole, della propria crescita e del proprio pubblico. No i Meganoidi non sono nemici dell’uomo e della terra, come diceva il bimbo nell’intro della loro omonima canzone che non voleva diventare come loro. Oggi quel bambino è grande e come loro un po’ ci vuole diventare. Allora grazie Meganoidi, questa sera è stato chiaro: conservate di nascosto sempre lo stesso smalto.





.jpg)
Nessun commento:
Posta un commento