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domenica 9 novembre 2025

EFFENBERG - UN CANTAUTORE IN RIVA AL MARE - RECENSIONE E INTERVISTA A CURA DI LUCA STRA PER #DIAMANTINASCOSTI


Il mare è uno degli elementi naturali più evocativi, ricco di suggestioni ed è ad esso che pittori, poeti, musicisti nel tempo si sono ispirati. Così è stato anche per Effenberg, nome d’arte del cantautore Stefano Pomponi, originario di Lucca. L’ispirazione marina è molto evidente nell’ultimo singolo “Sale su sale”, con il featuring di Alberto Bianco, uscito nell’ottobre scorso. Il pezzo parla della vita, del desiderio di goderne ogni giorno con la consapevolezza che non è necessario affannarsi troppo a dare un senso a tutto. L’arrangiamento dipinge un quadro arioso che si colora di un testo che esprime appunto la volontà di “fare belli tutti i momenti, soprattutto quelli normali”, con la spensieratezza di chi si diverte a “fare il verso agli animali”. La canzone è insomma un inno al vivere qui e ora, a cogliere l’attimo fuggente, a provare, osare, sognare insieme. Prima di “Sale su sale” il cantautore ha pubblicato nel 2025 altri due singoli. Il brano “Anch’io” è cantato in duetto con la cantautrice Anna Carol, la cui voce danza con quella di Effenberg il ballo di una storia d’amore che, in realtà, è anche una riflessione sincera su come viviamo i nostri sentimenti.  Versi chiave sono “ti amo anch’io può essere una brutta frase” e “l’amore è una sentenza, una sentenza che ha le sue ragioni. Passeggiata delle confessioni, ci diciamo passo dopo passo tutti i nostri errori”. L’arrangiamento fonde strumenti canonici con una componente elettronica più marcata, ma funzionale alla resa del brano, che ha la potenzialità di arrivare ad una platea ampia suscitando l’interesse di persone con punti di riferimento musicali anche molto differenti tra loro. Prima di “Anch’io” Effenberg ha pubblicato “Sogno aziendale”, una fuga dall’opprimente quotidiano e il desiderio di lasciarsi andare usando la luce come un lampione, come recita un verso del brano, per ingannare il tempo sapendo che ogni strada porta dove ci vuole portare e quindi, in fondo, non si può avere il controllo su tutto. Dal punto di vista sonoro l’arrangiamento cadenzato valorizza le qualità non solo melodiche ma anche ritmiche del pezzo rendendolo particolarmente accattivante. Sul finale colpisce lo scat usato alla maniera di Lucio Dalla che, registrato quasi in presa diretta con la voce fuoricampo che commenta “è sbagliato”, strappa un sorriso di complicità. 
Effenberg ha accettato di condividere il significato dei suoi pezzi e alcune riflessioni sui modi per affrontare la vita di oggi.


- Ascoltando i tre singoli usciti nel 2025, quindi “Sogno aziendale”, “Anch’io” e l’ultimo “Sale su sale” emerge quanto sia importante per te l’elemento mare. Il mare, infatti, fa capolino in tutte e tre i pezzi. Quali sono le suggestioni che ti porta in quanto cantautore?
- In realtà è una storia che va oltre questi tre singoli, in tutta la mia discografia emerge in modo prepotente il mare anche perché sono tantissimi anni che lo frequento sia d’estate che d’inverno. E’ un elemento che ispira molte persone perché è, si potrebbe dire, mantrico, ipnotico, una specie di foglio bianco che ti resetta un po’ i pensieri. Quando vado al mare anche d’inverno è uno dei pochi posti in cui i pensieri rallentano e si diradano. Quindi è rilassante e direi anche un po’ mistico. 
- In “Sale su sale” canti “ci interroghiamo su cosa siamo ma tanto non lo sappiamo”. E’ un po’ il tuo socratico “Io so di non sapere”?
- Di solito mi lancio in teorie esistenziali, ma su questo pezzo ero un po’ esausto di questo tipo di ricerca che, novantanove volte su cento, non porta a conclusioni e quindi quando ho scritto “Sale su sale” il mio intento era di smetterla almeno temporaneamente, nel periodo in cui l’ho scritta, di cercare risposte o di angustiarmi, ma vivere un po’ più serenamente ciò che viene. 
- Nel coro finale di “Sale su sale” dici “anche se perdi e poi finisce è sempre uguale”. Si tratta di relativizzare le sfide della vita? Vederle da un punto di vista più esterno, come meno importanti?
- Sì relativizzare quello e anche in generale la vita. Perché prima o poi la perdi ma che fai, non la provi, non scommetti, non ti butti nella quotidianità? Buttati. E’ un po’ quello il discorso che ho fatto sulla coda di “Sale su sale”. 
- Hai fatto due duetti nei tuoi pezzi recenti, uno è “Anch’io” con Anna Carol e l’altro è proprio “Sale su sale” con Alberto Bianco. Quali sono le affinità che ti legano a loro? Come vi siete conosciuti? 
- Per quanto riguarda Alberto Bianco lo conoscevo già da tempo come fan della sua musica e poi il passaggio da fan a collaboratore è stato semplice, nel senso che tramite amici in comune ci siamo conosciuti. Una volta sono andato a un suo concerto ed è nata questa idea di provare a lavorare su un pezzo, che è appunto “Sale su sale” ed è nato in maniera molto naturale perché io gli ho mandato la traccia con una parte di una strofa muta e lui dopo poco mi ha rimandato una versione subito calzante, sembrava già che facesse parte del pezzo. Ed è praticamente la versione che è uscita. C’è stato giusto il cambio di una parola ma è stata “buona la prima”. Per quanto riguarda Anna io non la conoscevo ma il tramite è stato mio produttore, che è Ramiro Levy dei Selton (ndr oltre a Ramiro Levy ha lavorato ai brani di Effenberg anche Alessandro Di Sciullo). I Selton hanno suonato nel disco di Anna e quando abbiamo arrangiato “Anch’io” è stata un’idea di Ramiro farmi ascoltare questa cantautrice. Appena ho ascoltato i suoi pezzi mi sono innamorato subito, le ho scritto e lei ha accettato. Si è innamorata del pezzo, ci siamo sentiti prima della stesura e abbiamo parlato un po’ anche delle suggestioni che c’erano nel brano, di quello che percepiva lei e poi ci siamo trovati in studio un giorno caldissimo di luglio e abbiamo registrato anche la sua parte. 
- Ho letto che ti sei esibito anche nel carcere della tua città, San Giorgio. Quanta fame di musica e quindi di cultura hai trovato nei detenuti?
- Molta. Quando sono andato non sapevo bene cosa aspettarmi, pensavo un po’ di disinteresse mentre in realtà è stato tutto l’opposto, nel senso che è stato un concerto molto partecipato. Siamo andati in questo teatrino del carcere ed erano tutti presi bene, contenti ed è stato sicuramente uno dei concerti più interessanti di cui ho memoria. 
- Nel cantautorato contemporaneo l’uso dell’elettronica è ormai normale. Una volta il cantautore tradizionale, i Battisti o De Gregori usavano oltre l’inseparabile chitarra, archi fiati o pianoforte. Secondo te è ora di superare questi steccati che dividono la musica in generi, un po’ come gli scaffali dei negozi di dischi? 
- Sì direi di sì nel senso che il fulcro che deve rimanere è la scrittura, questo è ciò che distingue un cantautore da un interprete. Per quanto riguarda invece gli stilemi, gli arrangiamenti, direi che si possono superare gli steccati. In realtà, mentre De Gregori è sempre stato più canonico nella scelta degli arrangiamenti usando strumenti per così dire organici, in realtà in Battisti ci sono già molti sintetizzatori e molta elettronica. Così come in Battiato. Quindi io direi che si possono superare tutti gli steccati, ma se vogliamo fare una distinzione tra interpreti e cantautori mi focalizzerei più che altro sulla scrittura. 
- A proposito di steccati, “Sogno aziendale” è una ribellione alle costrizioni del quotidiano, al lavoro classico dalle 9 alle 17? 
- Sì a quello, ma è, più che una ribellione, la descrizione dello stress moderno, che quindi va oltre il lavoro, è una riflessione su quanto la burocrazia e, in generale, la difficoltà della vita moderna sia pesante nel quotidiano, ci tolga creatività e ci ammorbi. Per fare un riassunto userei la parola “burocrazia”, anche se non è solo quello, ma è la difficoltà di vivere, di lavorare, tutto diventa difficile ultimamente. Il brano parla di questo tema.
- Al termine di “Sogno aziendale” dopo l’ultimo verso, parte una specie di freestyle cantautorale che mi ha richiamato un po’ il “Duvudubà” di Lucio Dalla.
- Sì è lo scat, io effettivamente un po’ ce lo sentivo poi la prima registrazione mi ha fatto pensare che sembrasse un po’ troppo una citazione e quindi l’ho tolto e abbiamo fatto uno strumentale. Alla fine in realtà, siccome lo sentivo tanto, l’ho rifatto e l’ho lasciato. 
- Una curiosità. La grafica delle tue copertine. Mi è capitato di vedere la copertina dell’ultimo album di un cantautore che so che conosci che è Il solito Dandy che ha un artwork simile al tuo. E’ una casualità o è in atto tra voi un gioco di rimandi?
- In realtà è una casualità. Sto facendo un lavoro sulle copertine con il grafico, che è Dudu bassista dei Selton e questa cosa con Il Solito Dandy è una casualità, anzi devo andare a vedere la copertina perché non l’ho presente. 
- E’ una sua foto in primo piano con un’aragosta davanti al viso.
- Allora sì ho presente ed è assolutamente un caso. 
- Ho letto che alcuni tuoi brani sono stati portati anche al cinema dal regista Valerio Mieli. Tu comporresti mai musica, almeno in parte, strumentale per il cinema? O magari canzoni a partire dalla visione di un film?
- Sì, devo dire che sarebbe una cosa interessante, una sfida che mi attrae, quindi sì mi piacerebbe farlo


Disilluso, ma non arreso, un uomo che sa che la vita non è aspettare che passi la tempesta, ma è imparare a ballare sotto la pioggia, come insegna Gandhi. Effenberg è così, resiliente. E le sue canzoni possono diventare momenti da ricordare e condividere con chi amiamo. 

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