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sabato 11 gennaio 2025

#GLORYBOX - "NELLA NATURA VUOTA DEI SIMBOLI APPASSITI" DI CARLOTTA SILLANO - RECENSIONE DI IRIS CONTROLUCE


Quando la musica è capace di diventare un nascondiglio in cui rifugiarsi, lasciandosi trasportare dalle proprie fantasie, ci può trasmettere sensazioni di profondo conforto. In quanto a stimoli intellettuali e di immaginazione, il nuovo lavoro di Carlotta Sillano intitolato “Nella natura vuota dei simboli appassiti”, uscito su Incipit Records/Egea, non fa certo sconti. In primis, contrariamente ai tre lavori precedenti, il disco è stato scritto interamente in italiano (e non più in inglese), il che lo rende sicuramente più accessibile e intrigante. Le 10 tracce dell’album, registrate tra Italia ed Islanda, trasudano una marcata identità chamber pop oscuro, che sebbene fortemente modern classical, è il risultato di contaminazioni e arrangiamenti ricercati: ci si avvale tanto di Rodhes, Wurlizer e sintetizzatori in genere, quanto di arpe gotiche, marimbe e del quartetto d’archi Edodea (diretto e arrangiato da Stefano Nanni).
La produzione artistica, delicata ed estremamente raffinata, è affidata al talento di Taketo Gohara (Vinicio Capossela, Brunori Sas, Elisa, Verdena, Mauro Pagani, Motta, Vasco Brondi e moltissimi altri). La sensazione immediata è quella di sentirsi consolati, accompagnati per mano attraverso un viaggio che, in maniera del tutto spontanea, ci riporta nuovamente al sicuro, a casa.



Limpida ed eterea, la scrittura della cantautrice vercellese (classe 1990), è in grado di impreziosire con fili d’oro e d’argento scenari fiabeschi e decisamente fuori dal tempo. La produzione elettronica è di Corgiat (compositore/produttore specializzando in musica elettronica al Conservatorio G. Verdi di Torino) che si distingue per gusto minimalista e propensione alla sperimentazione (glich/rumori). Dato che ascoltare un certo tipo di musica che induce a fantasticare, può essere un’esperienza molto simile alla meditazione e alla perdita di coscienza, trovando nelle liriche descrizioni di “montagne sacre, laghi artificiali e giardini rinascimentali”, mi è venuta in mente quella frase di Pessoa in cui il dormire viene paragonato ad un momentaneo dimenticarsi del corpo, che diventato incosciente, trova rifugio in foreste lontane.



I testi, pregni di riferimenti colti, approfondiscono con sensibilità e spessore, diversi temi che spaziano dall’importanza della memoria e della labilità della nostra presenza nel mondo (Parlo di te, nella canzone dell’addio, l’aria di un giorno di pioggia, parla da sé, vorrei fosse qui per sempre - La canzone dell’oblio), ad un’esortazione a collezionare piccoli desideri per ritornare a sentirsi vivi e completi (ti porterà un desiderio nuovo, un idolo lo troverai sulla montagna sotto alla polvere – Un desiderio nuovo).
Utilizzando immagini, luoghi, miti e vocaboli inusuali, la songwriter ci racconta una sua personale visione della realtà attraverso quanto la circonda: una concezione suscitata da momenti realmente vissuti o anche semplicemente astratti.  
Numerosi i riferimenti al genere pittorico settecentesco Vanitas che, per mezzo dell’utilizzo di una serie di simboli, rappresentava la precarietà dell’esistenza e la natura effimera delle cose. Questi concetti, vengono approfonditi ed elaborati: lo stato emotivo caratterizzato inizialmente da uno sguardo nichilista (la falce incandescente di estate periferica, nel frutto del peccato raccolto decadente la fine delle cose morendo, al niente) viene trasformato in energia vitale e speranza (la pioggia che disseta, la bocca del pluviale, il fiume che discende e poi risale). Giunta al quarto album, Carlotta Sillano può essere considerata un’outsider che propone brani, tematiche e sonorità sicuramente fuori dagli schemi. Con i suoi forti rimandi intellettuali e letterari, la sua proposta musicale non risente delle attrazioni dettate dal mero gioco dello showbiz e risulta del tutto originale. Non possiamo che consigliare l’ascolto.




 

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