Uscirà a Marzo "Fanzine Culture", il libro di Francesco Ciaponi che esplora il mondo delle fanzine e come queste hanno portato una rivoluzione nella comunicazione anche nel mondo digitale di oggi. Ecco la nostra intervista all'autore a cura di Maurizio Castagna.
Ciao Francesco, parliamo di "Fanzine Culture", il libro che uscirà a Marzo per edizioni Flackowski. Come hai strutturato il libro?
Il libro è strutturato pensando sia a chi conosce già l’oggetto fanzine, sia a chi invece ne è completamente digiuno quindi con una prima parte che intende delineare la lunga storia del fenomeno editoriale fanzinaro ed una seconda, più corposa e sperimentale, in cui si tenta di analizzare il tema a partire dal concetto di fanzine come mass media e di conseguenza come strumento che sviluppa specifiche dinamiche comunicative ed espressive. Partendo da questo assunto, il libro intende dunque porre in evidenza quelle che sono le linee di continuità e le differenze principali fra il mass media fanzine e gli attuali mass media digitali con particolare riferimento alle piattaforme quali i social network ma non solo…
Al termine del libro si prova a stilare un primo bilancio di questo rapporto.
Dove nascono le fanzine e soprattutto, sono un fenomeno, almeno nella sua fase iniziale legato solo alla musica?
La storia delle fanzine viene solitamente fatta iniziare a cavallo fra l’Otto e il Novecento negli Stati Uniti con le prime organizzazioni di stampatori amatoriali denominate APA, Amateur Press Association, piccoli gruppi di appassionati alla stampa che intendevano condividere con altri colleghi esperimenti tecnici e contenuti personali in forme più organizzate. Successivamente, la vera svolta avviene all’interno di quel brodo primordiale che fu l’esplosione della letteratura di fantascienza – o science fiction – termine quest’ultimo proposto per la prima volta da Hugo Gernsbach, figura di editore assai importante nell’evoluzione da APA a fanzine attraverso soprattutto la pubblicazione della rivista Amazing Stories in cui, per la prima volta, lascia i recapiti postali di chi inviava le lettere alla redazione. Quello che a prima vista può sembrare un aspetto banale e insignificante, favorì lo scambio diretto fra appassionati di contenuti bypassando la rivista stessa. Il resto possiamo dire che è storia visto che, da quegli anni Trenta dove sostanzialmente, attraverso le mailing list si spedivano quelle che oggi chiamiamo newsletter, ad oggi, la diffusione delle autoproduzioni fanzinare non ha più cessato di diffondersi ed espandersi in tutto il pianeta.
Come ti sei avvicinato a quel mondo e ricordi la prima fanzine tra le tue mani?
Il mio rapporto con le fanzine è cominciato prima dei vent’anni frequentando quel ricchissimo mondo delle autoproduzioni in cui ti imbattevi andando soprattutto per concerti, centri sociali e primi festival di settore, se così possiamo dire. Al tempo questi punti di incontro erano molti più di quanto non se ne vedano oggi. I ragazzi e le ragazze stavano molto più insieme e questo comportava la nascita di idee e progetti a cui le fanzine sapevano fornire il perfetto spazio di azione e la naturale valvola di sfogo a tutte le idee più originali e soprattutto ti inserivano in una controcultura assai dinamica e piena di relazioni, contatti e ulteriori momenti di incontro.
Con le fanzine è stato un amore nato direi naturalmente, come se fosse già tutto scritto, diciamo che io non aspettavo altro che trovare un linguaggio e uno strumento per esprimere e condividere con amici e non i miei interessi che al tempo riguardavano soprattutto la controcultura degli anni Sessanta su cui infatti incentrai la mia prima fanzine dal titolo Friscospeaks, era il 2001.
La prima fanzine che ho sfogliato me la passò un amico – Edoardo “Bombman” Susini – che non ringrazierò mai abbastanza, a sua volta già ben inserito in quel contesto. Si chiamava Motorino, un mix delirante di fumetti, recensioni, articoli e altre fantastiche invenzioni editoriali da cui sarebbero poi usciti alcuni nomi oggi assai conosciuti come Maicol e Mirko e molti altri...
Il fenomeno fanzine come si sviluppo' in Italia? C'erano delle differenze rispetto, ad esempio, all'Inghilterra o all’America?
In Italia il fenomeno fanzinaro giunse con qualche decennio di ritardo, più o meno alla fine degli anni Cinquanta, quando la fantascienza e tutto il fandom che vi stava alla base, attraversò l’oceano per affacciarsi anche in Europa. Le prime fanzine nostrane non mostravano grandi differenze rispetto a quelle statunitensi, mi riferisco a Baldo Digest di Sandro Sandrelli, fascicolo di cui uscirono otto numeri a partire dal 1949, a Nuove Dimensioni di Carlo Pagetti oppure a Futuria Fantasia, fondata nel 1957 dal regista Luigi Cozzi il cui titolo era un omaggio alla fanzine americana realizzata dallo scrittore Ray Bradbury. Si trattava di prodotti graficamente assai poco ricercati in cui la parte predominante era composta da testi e racconti, scambi di opinioni e da recensioni dei fan sui vari temi della fantascienza. Solamente con l’arrivo del punk nei tardi anni Settanta, anche in Italia iniziò a dilagare il fenomeno con fanzine prodotte più o meno su tutto il territorio nazionale e la nascita di generi e sottogeneri sempre più specifici e incontrollabili, una rete di scambi e appuntamenti in cui poter finalmente condividere i propri interessi e le proprie autoproduzioni senza nessuna apparente regola o limite.
Nei miei ricordi di fanzine ricordo molta musica, soprattutto punk, ma anche moltissima politica. L'aver legato l'impegno ai dischi e ai concerti è stato più un limite o una opportunità per le fanzine in Italia?
Bella domanda! Come detto, possiamo affermare che dopo la fantascienza, quello musicale sia un altro dei filoni storicamente presenti e numerosi anche nel panorama italiano. Il primo prototipo italiano di fanzine punk nasce a Milano nel settembre 1977 con la rivista Punkadelic a cura di Marzio Bianchi mentre, nell’ottobre dello stesso anno, nasce a Milano Dudu, la prima punkzine lombarda che nel gennaio del 1979 cambierà nome in Pogo. Di li a poco uscì, nel marzo 1979, anche la fanzine Xerox stampata su fotocopie da Rosso Veleno. Per quanto mi riguarda ritengo che utilizzare le fanzine come cassa di risonanza o, in alcuni casi come T.V.O.R. (Teste Vuote Ossa Rotte), come vere e proprie piattaforme organizzative a disposizione del movimento punk italiano, sia stata un’idea tanto funzionale quanto naturale. I ragazzi non avevano molte altre alternative se non produrre pagine aperte e libere, graficamente dirette e scarne come il punk ha saputo essere. Uno degli aspetti che più mi colpisce di oggi è proprio la salute dell’editoria musicale, un settore che, rispetto a molti altri, non ha saputo rielaborare il proprio ruolo nel nuovo contesto digitale. Oggi esistono molte meno fanzine musicali che in passato, e lo stesso discorso vale per il mondo dei cosiddetti indie mags, una deriva che possiamo estendere anche dal livello nazionale a quello internazionale. Credo sarebbe interessante discuterne...
Internet è stata una rivoluzione ed è arrivata la webzine che poteva tranquillamente essere confezionata dal divano di casa. Questo ha sicuramente fatto inizialmente esplodere ancora di più il fenomeno, ma nel lungo periodo il bilancio è positivo o negativo?
Credo che Internet sia stata una scossa tellurica di cui oggi iniziamo a vedere gli effetti con più chiarezza. Altro discorso è cosa e come intervenire in certi squilibri che esistono proprio all’interno delle dinamiche del web. Per quanto riguarda nello specifico le fanzine, credo che si stia sondando anche quel media, sfruttandone le potenzialità in forme e modi differenti, penso alla storia di Indymedia per esempio, ma oramai da anni si assiste ad un generale ritorno al piacere fisico del tattile. Siamo circondati di oggetti mediali che non esistono, lavoriamo con elementi che non tocchiamo mai e quindi, per tutto ciò che davvero ci interessa e ci appartiene, scegliamo di riprenderci la facoltà del tatto. È un processo ben più ampio quello del ritorno al piacere fisico, che investe le tecniche di stampa con la riscoperta della tipografia, del ciclostile, della stampa risograph e della serigrafia, tanto per citarne alcune. Stesso discorso vale per l’interesse sempre più diffuso verso la fabbricazione della carta e la riscoperta delle rilegature. Diciamo che oggi come oggi l’oggetto fisico porta con sé un piacere tutto particolare che lo rende sofisticato e insieme popolare, un mix perfetto. Per citare Adorno: “Non un'opera d’arte, non un pensiero, ha la possibilità di sopravvivere, in cui non sia implicito il rifiuto della falsa ricchezza della produzione di prima classe, del technicolor e della televisione, delle riviste in carta patinata e di Toscanini. I mezzi più antichi, non rivolti alla produzione di massa, acquistano nuova attualità”.
"La fanzine fa parte della creatività del dilettante". E' ancora valida questa affermazione?
La creatività del dilettanti a cui fai cenno nella domanda, mi riporta alla mente la cultura grassroots di Henry Jenkins e, allo stesso tempo a ciò che scriveva Gianni Sassi nel suo Elogio del dilettante già nel 1985 e cioè che: "La grafica ha grandi carte da giocare in questa partita, se comprenderà di averle e se non rinuncerà all'unica cosa che non può scambiare: la propria indipendenza, non solo rispetto al potere politico, ma anche rispetto ai centri di gestione dell'informazione. Il dilettante è chi pratica un’attività o coltiva un interesse per puro piacere personale. Il fatto che costui svolga queste attività per divertimento e non per professione è spesso valutato come un dato che sminuisce il valore di ciò che fa, ma ciò che si fa come dilettanti è sempre bene sottolineare che si tratta di una scelta autentica dove al primo posto troviamo sempre il desiderio di libertà. Dato questo punto di partenza, l’affermazione secondo la quale "La fanzine fa parte della creatività del dilettante” sarà sempre valida.
Esiste una piattaforma, in Italia o altrove, in grado di orientare un appassionato nel mondo delle fanzine oggi a seconda dei propri gusti e delle proprie passioni?
Sia pure con enorme ritardo e con poca attenzione da parte delle istituzioni, anche in Italia negli ultimi anni si sono viste esperienze che hanno a che fare con le fanzine, ognuna con delle caratteristiche specifiche. La realtà più longeva è senz’altro quella di Fanzine Italiane di Gianluca Umiliacchi a Forlì, che da anni oramai si pone come riferimento per chi intende studiare in maniera approfondita il fenomeno. Utilissimo è anche il lavoro di ricerca, archiviazione e divulgazione che compie ogni anno la Fanzinoteca La Pipette Noir di Valeria Foschetti a Milano, uno spazio di studio, dibattito e ricerca. Altre realtà da citare sono Compulsive Archive di Giulia Vallicelli, un archivio personale che raccoglie fanzine da più di vent’anni sui temi dei femminismi e del movimento queer oppure Fantasma Distro, piccola realtà a cura di Laura Galassi che si propone di diffondere la fanzine culture attraverso recensioni, corsi e presenza agli eventi di settore.
Insomma la realtà italiana è in movimento e quindi da un certo punto di vista bene così, dall’altro siamo ancora in attesa che le istituzioni pubbliche e private si accorgano di questo mondo che merita ben altra attenzione.
C'è qualcosa che più ti manca del primo periodo delle fanzine?
Senz’altro ciò di cui oggi avverto la mancanza, fatti salvi i pochi eventi in programma, è la centralità che aveva solo pochi anni fa il contatto fisico dello stare insieme, dello scambio e delle lunghe chiacchierate. Dopo tutto molti progetti nascevano proprio in quel modo, semplicemente passando del tempo vicini. Sottolineo l’aspetto corporeo dello stare vicini altrimenti il mio discorso non avrebbe senso. I concerti, i banchetti, le fiere, erano tutte scuse per il classico scambio di fanzine, aggiornamenti e sviluppi; in generale tanto di quel dinamismo tipico del mondo delle fanzine credo proprio nascesse molto in quei brainstorming veraci e appassionati. Oggi c’è varietà, ricchezza e infiniti ulteriori sviluppi per sperimentazioni e ricerche ma, proprio come se le fanzine fossero lo specchio della realtà, anche chi realizza autoproduzioni editoriali si trova spesso isolato, con legami sociali estremamente deboli e questo si riflette su quella potremmo definire una scena sempre più divisa e frastagliata.
Grazie Francesco e vi ricordo che per prenotare/ acquistare "Fanzine Culture" eleggerne un estratto potete cliccare su https://www.flacoedizioni.com/135-libro-fanzine.html
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