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domenica 15 maggio 2022

"TOMMASO FU L'INCONTRO CENTRALE DELLA MIA ADOLESCENZA, COME BRIAN ENO PER GLI U2" // LIVORNO FESTEGGIA 20 ANNI DI "OVOSODO" - TESTO DI MAURIZIO



Non so quante volte ho visto "Ovosodo" in questi vent'anni. Credo che dopo "Il sorpasso" del maestro Dino Risi, sia la pellicola che più ho amato e riguardato. Se la coppia Gassman - Trintignant racconta quell'Italia dal sorriso malinconico che finalmente si riprende dalla guerra, il film di Paolo Virzì è un acquerello di neorelismo fine anni 90 in una società ancora fortemente ancorata ai rapporti umani e non ancora contaminata dal delirio di internet. La vita e i sogni di Piero, splendidamente interpretato da Edoardo Gabbriellini, non sono molto distanti da quelli di tanti giovani dell'epoca. "Sogni grandiosi" che finiscono per scontrarsi con una realtà che per qualcuno più fortunato può voler dire America, ma per la grande massa l'ambizione di un posto "sicuro" in fabbrica. Una società, quella di "Ovosodo", dove ancora era possibile mescolare persone di estrazione diversa, e dove le distanze tra operaio e padrone erano più nella forma che nella sostanza. Una società in cui il figlio del padrone e il figlio dell'operaio leggevano gli stessi libri e non, come oggi, le stesse bacheche. Virzì mi ha insegnato quanta poesia e quanto orgoglio possano esserci in una vita "normale" tra famiglia, colleghi di lavoro e amici. Forse regalare otto ore a una fabbrica per "comprarsi" la possibilità di vivere era infinitamente meglio che restare connessi tutto il giorno cercando, pateticamente, di commentare "le vite degli altri".

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