WEIRD BLACK
Parliamo di qualcosa che finalmente va fuori dagli schemi italiani, non solo per come si sta sviluppando la produzione del loro secondo album ma anche per l'impronta “easy/west coast" che si percepisce dalla loro "attitude" anche senza strumenti alla mano. I ragazzi, nonostante possano sembrare un po' all'“acqua di rose” a un primo ascolto di orecchie inesperte, si presentano molto sofisticati e pieni di intelletto: il loro primo progetto è stato infatti scandito minuziosamente ed esprime a fondo l'humus generale della band.
Lo-Fi quindi sta per “bassa qualità”, o per meglio intenderci “basso profilo”, e nel caso dei Weird Black non è contornata da una serie di presenze psichedeliche impertinenti, piuttosto troviamo questo ascolto molto minimal-pop (passatemi il termine), senza però mai cadere nel banale. Ed è qui che secondo me incontriamo il punto focale di “Hy Brazil”, il loro primo album uscito nel Gennaio 2016: less is more.
Troviamo un personalissimo punto di vista nei confronti dell'isola leggendaria al largo dell'Atlantico, appunto "Hy Brazil", che i ragazzi interpretano in una chiave oniricamente soft: una specie di concept.
Per saperne di più sono stata invitata nel loro studio a Roma (POM POM), dove tra due chiacchiere, un ascolto e l'altro di musica veramente aliena (questi tizi sanno il fatto loro), guarda caso ci trovo dentro Don Bolles, con cuffie in testa a smanettare e controllare ogni “Fuckin sound” che esce da quel mixer. Che poi, per quanto ho sentito dire in giro, sembra piuttosto bravo, e pare sia tipo il batterista di un certo Ariel Pink che, mannaggia a te le coincidenze, è uscito giusto giusto un anno fa con un album con lo stesso nome dello studio dei nostri simpatici amici (coincidenze? Non credo). Insomma, che dire? Escono con un disco e appena viene pubblicato sulle piattaforme digitali e non, questi pensano già al secondo con tanto di collaborazione extraterrestre. Detto ciò, io vi consiglio di tenerli d'occhio perché potrei averci visto lungo.
Testo di Carlotta Corsi
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