Ecco l'intervista che Giovanni Truppi ha concesso a Riserva Indie in occasione del suo live al Theremin di Massa lo scorso 04 Dicembre.
Una cosa che
mi aveva colpito, soprattutto nel tuo disco “Il mondo è come te lo metti in
testa”, era che, secondo me, avevi un’attitudine molto punk alla musica, facevi
un cantautorato piuttosto punk che è una realtà particolare specialmente in
Italia. La domanda quindi è: sei un punk?
In realtà
sicuramente quel disco aveva esattamente quell’attitudine punk, non tanto come
collocazione musicale, a parte che non ho mai ascoltato troppo punk, ma poi
credo che quel disco si collochi proprio dentro il cantautorato, seppur con
delle differenze.
Punk è stato il modo in cui è stato confezionato il disco, il
modo in cui è stato prodotto, il che non vuol dire che è stato prodotto in una
maniera punk, ma che si voleva che venisse fuori una certa crudezza.
In molti
dicono di te che sei il nuovo cantautorato, senti un peso di questo essere per
forza categorizzato come il nuovo che avanza?
Mi si
conosceva molto di meno di quanto mi si conosca adesso, il fatto di essere
nuovo lo considero semplicemente questo.
Visto
che ti si conosce di più, suoni di più, da qualche anno ormai, com’è il tuo
rapporto con il pubblico? Vivi un rapporto con il pubblico in maniera
particolare?
Non so se è
particolare, è difficile, è una componente talmente fondamentale di quello che
uno fa ed è talmente variegata come componente, perché si tratta di persone che
cambiano ogni volta, cambiano le persone, cambiano i luoghi, cambia quello che
si crea in una serata, quindi il rapporto con un altro essere umano, sia intimo
che non, può avere dei momenti diversi. In generale comunque mi piace molto
avere un pubblico di fronte e cantargli delle cose.
Per la tua
“Lettera a Papa Francesco I”, lo spunto letterario è “Lettere a nessuno” di
Moresco, in quel caso la lettera era indirizzata a Ratzinger che era il papa
vigente in quel momento. Ti volevo chiedere se la tua lettera fosse indirizzata
a papa Francesco perché hai sentito la necessità di trasportare in musica
quella che era la lettera a Ratzinger e quindi papa Francesco è stato
conseguente, oppure c’è qualche altro
motivo?
La prima che
hai detto. La scrittura della canzone risale a molto tempo fa, non so quando è
salito papa Francesco però era passato non troppo tempo quando ho iniziato a
scrivere la canzone.
Un’altra
cosa che volevo chiederti è sulla tua generazione, quella dei nati negli anni
’80, ultimamente si legge un po’ ovunque che tutto quello che fanno i
trentenni, e parlo anche in altri ambiti artistici, lo facciano per una
“questione generazionale” volevo sapere se ti senti addosso un certo “peso generazionale”
o quando scrivi, scrivi semplicemente ciò che ti senti di dire?
No, non
sento il fattore generazionale, tra l’altro la cosa generazionale mi interessa
molto relativamente, credo che le cose che mi piacciono di più sono quelle che
in realtà possono entrare in sintonia con persone di generazioni di persone diverse,
se no tu parli e diventa anche un po’ meno interessante quello che scrivi.
Nella tua
canzone “19 Gennaio” dici “che banalità tutte queste cose che pensavamo fossero
solo nostre alla fine le vivono, le piangono sentendosi tra l’altro unici
diecimila altre coppie di cazzoni” quando una persona scrive una canzone e il pubblico
risponde molto positivamente, che la sente molto sua, ma che è una canzone d’amore scritta per una determinata persona o per una
determinata situazione, che effetto fa vedere che anche tante altre persone che
probabilmente non hanno niente in comune a te, provano le stesse cose che hai
provato tu?
Mi fa
piacere. Mi fa piacere essere riuscito a entrare in sintonia con persone
diverse da me e a volte, quando magari capita che parlo di cose che per me sono
molto intime, è una sensazione molto strana. A volte è anche buffo il fatto che
per delle altre persone le cose mie, intime, possano essere interessanti o ci
si possano riconoscere, ma è sempre piacevole comunque in realtà.
Se tu
potessi rinascere, vorresti rinascere donna?
Non lo so,
cioè sicuramente mi interesserebbe, però mi interesserebbe rinascere anche
altre cose, è una delle cose.
L’ultima
domanda che ti volevo fare è su Napoli, ci sono canzoni come “Conversazione
con Marco sui destini dell’umanità” in cui si sente molto che sei napoletano, anche
solo per il modo stesso di parlare. Napoli, essere napoletano, quanto entra
nella canzone che scrivi?
Per me
molto, anche se in realtà credo che si senta che sono napoletano, ma che sia
una parte relativa del pacchetto Giovanni Truppi. Per me è molto importante, ma
ogni volta che ci penso mi riconfermo sempre il fatto che sono contento di
essermi formato a Napoli perché sono contento di avere lo sguardo sul mondo che
Napoli mi ha insegnato ad avere, per quanto sono riuscito ad acchiappare.
Intervista di Flavia
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