Ricordati di me di Venditti fa da
apripista al concerto dei Thegiornalisti e mi fa ricordare gli ultimi anni del
liceo, quando mi bombavo di Venditti (e Finardi, e altra gente così). Mentre mi abbandono a
queste inutili considerazioni, l’atmosfera si fa intima e calda.
Parte la
base di Per lei e, ad uno ad uno,
entrano sul palco i quattro Thegiornalisti.
Il concerto
parte un po’ a rilento, con diversi problemi all'impianto che salta al secondo ballaballaballaballaballa.
Dall'inconveniente ne deriva una versione chitarra e voce di un paio di lune - delle sette - di Lucio
Dalla. Quindi non è che ci si possa lamentare.
Una volta
sistemati i problemi tecnici il concerto procede fluido, senza più intoppi.
Si
riparte da Balla e si continua in
quel viaggio di immagini e richiami pop anni ’80 che si sono dimostrati il
terreno più fertile per la band romana.
Io non esisto viene dedicata a tutti
quelli che sono, erano e saranno innamorati. E non saranno mai cagati. È un
inno alla necessità di solitudine mentale di chi è pungolato dal pensiero, che
sia mera immaginazione o puro ricordo, di una persona che riesce a sminuire
tutto dell’altro, perfino l’esistenza. Segue Autostrade umane ché “siamo uomini non tanto per il fatto che si
muore / Ma perché usiamo le parole / Per comunicare”. Proteggi questo tuo ragazzo è cantata (verrebbe da dire recitata)
come una vera supplica, in ginocchio, nel momento più struggente dell’intero
concerto. Poi Aspetto che, poi Mare Balotelli, poi L’importanza del cielo e poi c'è anche lo spazio per la cover di Corso Trieste de I Cani, poi la canzone
che davvero aspettavo: La fine
dell’estate. Aspettavo di poter dire che “la mia malinconia è tutta colpa
tua” prima in maniera distaccata, e immediatamente dopo poterlo ridire con
tutta la rabbia che, invece, si porta dentro questa frase. Perché è inutile
fare gli adulti, i disillusi, i duri, quando una persona riesce a renderti
malinconico l’unica cosa che puoi fare è essere arrabbiato.
Il concerto
si chiude con Promiscuità, Tommaso
scende tra il pubblico e nonostante i tentativi di richiamare a sé almeno una
rappresentanza del genere femminile (che pure si accalcava sotto il palco) si
trova a cantare di un’orgia in mezzo a quattro uomini.
È stato tutto molto bello.
Testo di Flavia
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