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martedì 26 novembre 2013

La Gaia Musica// Cantautori e (o) Letterati - Testo di Jordan Giorgieri

Come preannunciato altrove, occorre certamente discutere della valenza poetico-letteraria o addirittura del ruolo che i cantautori (quali?) possano ricoprire nella storia della letteratura italiana, sempre ammesso che ci sia spazio o che si sia una storia. E' noto per esempio che qualche antologia per scuole medie e superiori contiene, seppure in forma sommaria, alcune tra le più note canzoni di De André, Guccini e Dylan. Ovviamente non sono qui per discutere i metodi della (d)istruzione pubblica, ma piuttosto capire se i suddetti autori siano in qualche modo paragonabili ai vari Pasolini, Bene, Montale, in quanto poeti. Innanzitutto per Bob Dylan la questione è sicuramente più semplice poiché come poetica non si discosta molto dalla di poco antecedente beat generation, in particolare quel Ginsberg, che il ventenne Dylan ebbe modo di incontrare e frequentare nel fiorente underground newyorkese del Greenwich Village dei primi anni 60. Questione più complessa è quella del panorama italiano poiché, rispetto a quello americano, comprende molteplici linee letterarie, influenzate da più correnti, dal neorealismo di stampo marxista all'esistenzialismo più individualista, passando per la neo-avanguardia del gruppo 63 e lo strutturalismo semiologico di Calvino. Quale cantautore inserire? E dove? E soprattutto: il testo di una canzone può essere scisso dalla musica per essere analizzato come opera letteraria autonoma? Per rispondere alla prime due domande occorre a mio avviso rispondere alla terza. Sarò breve: musica e testo sono inscindibili: l'uno non può prescindere dall'altro e viceversa. Per questo i cantautori non sono collocabili in letteratura. E Dylan mi direte? Lo stesso. E' un musicista con influenze poetiche importanti. Vogliamo parlare piuttosto del valore letterario delle poesie di Morrison? Non scherziamo, piuttosto quelle di Morgan.

Tuttavia, posto questo, è altrettanto vero che, eccetto appunto opere letterarie vere e proprie come romanzi o racconti (Guccini), autobiografie (Dylan), raccolte di poesie (Morrison), certi cantautori (in particolare Guccini e Dylan) hanno un modo di scrivere che sembra a tratti uscire dalla forma canzone. E' difficile coniugare melodia e racconto, o peggio ancora melodia e poesia, senza che inevitabilmente almeno uno dei due elementi preso singolarmente ne risenta, in quanto non fruibili al di fuori di quel procedimento alchemico, che da parole e note fa nascere quel qualcos'altro che chiamiamo canzone. Proprio come il cinema sta al teatro come una registrazione in studio sta a un live, così si può dire che la canzone come il cinema e il teatro è un sincretismo tra arti diverse fuse in un'altra. Certo, l'opera lirica come poi il musical compie una fusione ulteriore, unendo la messa in scena attoriale con un sinolo di musica e testo. Si potrebbe anche dire che la canzone sta alla poesia come il film sta al romanzo, ovvero non "sta". Provate a leggere i testi di De André come fosse poesia...follia. De Gregori poeta ermetico? Rino Gaetano dadaista? Battiato postmodernista? Vasco Rossi minimalista? Guccini poeta del quotidiano? De André neorealista pasoliniano? Lolli esistenzialista? Le influenze poetiche si sentono, ma, come detto, è una storia a parte. 
 Testo di Jordan dei Doppiofondo per Riserva Indie

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