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sabato 6 giugno 2020

LA GAIA MUSICA - ARTE, INCONTRI, CONTAMINAZIONE E SPERIMENTAZIONE - TESTO DI JORDAN GIORGIERI


Se è vero che la musica colta (i conservatori) snobba quella leggera, è altrettanto vero che a essere snobbate sono pure le avanguardie sperimentali (elettronica, concreta e minimale). Solo il jazz non è più snobbato, ma solo quello classico o al massimo certo free jazz tipo Ornette Coleman e John Coltrane, ma non oltre. Tutto a posto purché rimanga jazz a tutti gli effetti, acustico, puro, incontaminato, non sia mai di inserirci altro. Eppure la svolta elettrica (Dylan cotidie docet) c'è stata con tanto di isola di Wight al seguito: Miles Davis sfonda una porta aperta prima da B.D. ("giuda" per l'occasione) e poi da A.W. passando per diamanti pazzi e Fab Four: New York e Londra. Andy Warhol incontra John Cale e Lou Reed, Yoko Ono incontra John Lennon, Syd Barrett incontra Lucy (with Diamonds). L'arte visiva (concettuale e Pop) straborda in musica in un delirio prima psichedelico (Velvet Uderground, The Piper, Sgt. Pepper), poi glam (Roxy Music, Ziggy Sturdust, Sticky Fingers), infine sperimentale (Sacerful of Secrets, Number 9, Ummagumma). 


Con John Cage gran maestro anche a Milano, tra moog (Fetus-Pollution-Aries) e limiti della voce umana (Cantare la Voce), tra il minimalismo di deserti e aeroporti prima delle sabbie, quando Glass, Riley e La Monte Young sembrano incontrare Stockhausen in un "Clic". Una porta aperta dall'incontro tra oriente e occidente ben più fondamentale dell'I Ching nella musica aleatoria per pianoforti preparati, dei Beatles in India, del sitar di Ravi Shankar, delle filosofie zen di Radio Gnome, dei mantra pacifisti, del nirvana lisergico per odissee nello spazio della mente. L'influsso si sente nella musica e non mi riferisco a un George Harrison-Brian Jones, ma piuttosto a Coltrane o appunto Miles Davis con il free jazz più contaminato, dalle atmosfere psichedeliche (Canterbury Scene), poi fusion (Mahavishnu Orchestra, Sun Ra Arkestra, Weather Report) e infine ambient (Brian Eno e Robert Fripp, complici in "Heroes"). Già, la trilogia berlinese, questa sì ultima porta spalancata sul postmodernismo del trash-kitsch morganiano, come "E ti vengo a cercare" in "Palombella Rossa", autenticato da Zappa in tempi non sospetti (genio), sviluppato poi dai postmoderni Byrne, Sylvian e Gabriel. Ecco questo miscuglio di free jazz (Soft Machine), space rock (Gong e Hawkwind), minimalismo (Caravan, Robert Wyatt e Mike Oldfield) fondersi ulteriormente con l'avanguardia elettronica di Kraftwerk, Can e Tangerine Dream, proprio come i migliori Floyd lasciavano intendere cinque anni prima a Pompei. Il resto l'ha fatto la New Age e la World Music.

 Testo di Jordan Giorgieri dei Doppiofondo per Riserva Indie

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